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Moduli unilaterali e moduli pattizi nella definizione del regime finanziario delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome (2/2015)

Sentenza n. 46/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 25/03/2015 – Pubblicazione in G. U. 01/04/2015 n. 13

Motivo della segnalazione

Nella sentenza n. 46/2015 la Corte ha esaminato, respingendole, le censure proposte da alcune Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano nei confronti dell'art. 1, commi 461, 462, 463, 464 e 465, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013). I ricorsi regionali miravano a ottenere una declaratoria d'illegittimità costituzionale di tali disposizioni nella parte in cui si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome.

Le disposizioni impugnate disciplinano le sanzioni connesse all'inosservanza del patto di stabilità interno e l'obbligo d'inviare una certificazione in merito all'applicazione del patto. Le ricorrenti, in buona sostanza, lamentano che tali previsioni siano state adottate con legge dello Stato, e perciò in via unilaterale, senza addivenire preventivamente a un accordo con le Regioni a statuto speciale e con le Province autonome.

Rilevata l'inammissibilità del ricorso valdostano e la cessazione della materia del contendere in ordine ai ricorsi del Trentino-Alto Adige e delle due Province autonome, la Corte ha esaminato nel merito il ricorso proposto dalla Regione siciliana. Questo, in sostanza, muove dall'assunto che dal r.d.l. n. 455/1946 e dalle relative norme di attuazione discenda un imperativo costituzionale, in virtù del quale interventi normativi in materia di finanza pubblica regionale devono essere concordati con la Regione. Tale pretesa, d'altra parte, sarebbe confortata da alcune recenti sentenze del giudice delle leggi, come la n. 219/2013 e la n. 178/2012 (su cui si fa rinvio).

A questo proposito la Corte si sofferma sulle differenze fra i ricorsi regionali contro l'art. 1, commi 461 ss., della legge di stabilità per il 2013, da un lato, e le questioni risolte con la sentenza n. 219/2013, dall'altro: in quest'ultima, infatti, l'art. 76 Cost. era stato il parametro decisivo.

Per risolvere la questione postale, la Corte comincia col constatare che le disposizioni impugnate costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica: secondo una giurisprudenza costante, essi sono perciò idonei ad applicarsi anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome.

Vero è che nei confronti di queste ultime dovrebbe essere preferita la via dell'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta, secondo le procedure previste negli statuti e nelle relative norme di attuazione, come stabilito fin dalla legge n. 449/1997. Il legislatore, pur con qualche oscillazione, si è a lungo serbato fedele a questo indirizzo. La Corte, dal canto suo, aveva rilevato l'opportunità – pur soggetta a qualche temperamento – di "privilegiare il metodo dell'accordo" nelle relazioni finanziarie fra Stato e Regioni a statuto speciale. Questa scelta procedurale darebbe luogo a un principio generale, desumibile altresì dalla legge n. 42/2009 e dall'interpretazione che di questa è stata data dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (oltre alle pronunce citate, v. anche le sentenze nn. 201/2010 e 64/2012).

A tale principio, però, si può derogare "in casi particolari", come quello cui dà luogo la violazione degli obblighi imposti dalla legislazione statale per garantire la tenuta della finanza pubblica allargata. Un'altra situazione che può giustificare una deroga di questo tipo è data da "un contesto di grave crisi economica" (sentenza n. 23/2014).

In ogni caso, il potere statale di determinare le sanzioni connesse all'inosservanza del patto di stabilità interno trova il suo limite nel rispetto dei canoni di non manifesta irragionevolezza e di proporzionalità.

Ne consegue, perciò, il rigetto del ricorso proposto dalla Regione siciliana.

Osservatorio sulle fonti

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