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Illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 123 cost., di legge regionale approvata in periodo di prorogatio in difetto dei presupposti previsti dallo statuto regionale (3/2015)

Sentenza n. 158/2015 – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 24/06/2015 - Pubblicazione in G.U. 22/07/2015

Motivi della segnalazione

In applicazione di principi affermati da precedenti pronunce – sentenze nn. 81, 64 e 55 del 2015 – la decisione dichiara l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 123 Cost., dell’intero testo della legge della Regione Abruzzo 27 marzo 2014, n. 11, approvata dal Consiglio regionale nel periodo di prorogatio successivo allo scioglimento dell’assemblea regionale per fine legislatura (ed antecedente alla data fissata per lo svolgimento delle nuove elezioni), provvedimento impugnato dal Governo in base all’assunto che esso fosse stato adottato in difetto dei presupposti per l’esercizio del potere legislativo regionale che caratterizzano tale periodo, come indicati dallo statuto regionale. In particolare il Governo aveva denunciato la violazione dell’art. 123 Cost., allegando l’assenza delle condizioni che legittimano il Consiglio regionale a legiferare, contemplate nell’art. 86, comma 3 dello statuto abruzzese, in base al quale «[…] nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura: a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità […]».

Da un lato (cfr. considerato n. 4, punto 3, della decisione in esame) la Corte ribadisce il propio costante orientamento secondo il quale in fase di prorogatio «i Consigli regionali “dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza” (sentenza n. 468 del 1991)» e «pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, devono limitarsi al “solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili”»; ripetendo che essi «devono “comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori” (sentenza n. 68 del 2010)» (i brani citati sono tratti dalla sentenza n. 55 del 2015). Si ribadisce altresì che, in considerazione del «quadro normativo e applicativo [...] notevolmente mutato» a seguito delle leggi costituzionali 22 n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001 « “una interpretazione sistematica delle citate nuove norme costituzionali conduce a ritenere che la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale» (sentenza n. 64 del 2015).

Dall’altro lato la Corte ritiene che nel caso di specie la questione prospettata dal Governo sia fondata, in quanto l’esame dei contenuti della legge regionale impugnata (sanatoria di abusi edilizi; gestione ordinaria del servizio idrico integrato; misure di sostegno finanziario alla ricollocazione del personale delle comunità montane soppresse) la induce ad escludere che il Consiglio regionale sia intervenuto con un atto che costituisce adempimento di impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, da disposizioni costituzionali o legislative statali o che è caratterizzato da urgenza e necessità, come previsto dall’evocata disposizione statutaria. In particolare, sebbene la sussistenza del requisito della necessità e dell’urgenza sia astrattamente ipotizzabile in relazione all’introduzione di una sanatoria urbanistica (istituto «a carattere contingente e del tutto eccezionale»), tuttavia in concreto «il carattere urgente dell’intervento legislativo è escluso per tabulas dalla prevista scadenza al 30 aprile 2015 del termine assegnato per la presentazione della domanda di sanatoria». La Corte osserva inoltre che, in quanto tale istituto «determina la compressione di valori come “quelli del paesaggio, della cultura, della salute, della conformità dell’iniziativa economica privata all’utilità sociale, della funzione sociale della proprietà» (sentenza n. 9 del 2008), la sua disciplina «richiederebbe una delicata ponderazione dei contrapposti interessi che solo l’assemblea legislativa nel pieno della sua investitura politica può compiere». A tali rilievi si aggiunge, concorrendo a determinare la decisione di accoglimento, quello ulteriore per cui «proprio per i suoi contenuti, invece, la legge nel suo complesso – e in modo particolarmente evidente nelle previsioni che riguardano la regolarizzazione degli abusi edilizi e le misure di sostegno alla ricollocazione del personale in esubero – si presta a essere interpretat[a] come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla quale il Consiglio regionale, secondo la ricordata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto comunque astenersi al fine di assicurare una competizione libera e trasparente» (con ripetizione della formula già impiegata nella sentenza n. 81 del 2015; cfr. considerato n. 5 della decisione in esame).

Osservatorio sulle fonti

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