Cessazione dell'emergenza e successione nei rapporti giuridici
Sentenza n. 8/2016 - giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 21/01/2016; Pubblicazione in G. U. 27/01/2016 n. 4
Motivo della segnalazione
La Regione Lazio – con riferimento agli «artt. 3, 24, 101, 102, 111, 113, 117, 118, 119 Cost., anche in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché dei principi di ragionevolezza, di leale collaborazione, di irretroattività della legge, di certezza del diritto, di legittimo affidamento e di “parità delle armi” nelle controversie giurisdizionali» – e la Regione Campania, «per violazione degli articoli 119, 117, comma 3, 118, 81, 3 e 97 della Costituzione, nonché del principio di ragionevolezza», impugnano entrambe l’art. 1, comma 422, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − Legge di stabilità 2014).
La norma, che viene così sottoposta a scrutinio di costituzionalità, testualmente dispone che «Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell’articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 [Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile], subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell’articolo 110 del codice di procedura civile, nonché in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all’articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell’articolo 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati».
La disposizione in esame, in primo luogo, non incorre nella violazione dei numerosi parametri costituzionali e convenzionali evocati.
Trattasi, infatti, per questo aspetto, di censure sorrette, come detto, dalla comune argomentazione di fondo per la quale illegittimamente e irragionevolmente gli enti ricorrenti sarebbero chiamati a succedere a titolo universale in rapporti giuridici, anche contenziosi, risalenti ad attività poste in essere da un soggetto (lo Stato) che non «viene meno» con la cessazione dell’emergenza e che dovrebbe pertanto restarne titolare, e correlativamente responsabile, in via definitiva.
Argomentazione, questa, che è però duplicemente errata in quanto, nella specie, con la dichiarata cessazione della emergenza, per un verso, viene effettivamente meno la struttura commissariale che l’ha gestita e, per altro verso, nei rapporti da questa posti in essere, ragionevolmente è chiamato a subentrare l’ente territoriale ordinariamente competente, in virtù di un radicamento sia spaziale che funzionale (alle esigenze dell’ente stesso) dei rapporti in questione.
Quanto al primo profilo, va rilevato che è pur vero (come deducono le ricorrenti) che gli atti dei commissari delegati a fronteggiare emergenze di protezione civile «possono qualificarsi come “atti dell’amministrazione centrale dello Stato […] finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali”» (così da ultimo, sentenza n. 159 del 2014). Vero è anche, però, che la funzione statale, che qui viene in rilievo, è una funzione temporanea, che si origina e si elide (nasce e muore) in ragione, rispettivamente, dell’insorgere e del cessare della situazione di emergenza.
Essa è cioè solo e soltanto correlata allo stato di emergenza, rispetto al quale la Regione ordinariamente competente non è comunque estranea, giacché, nell’ambito dell’organizzazione policentrica della protezione civile, occorre che essa stessa fornisca l’intesa per la deliberazione del Governo e, dunque, cooperi in collaborazione leale e solidaristica.
Il “venir meno” della struttura commissariale, per il cui tramite lo Stato ha in concreto esercitato la funzione emergenziale, integra dunque il presupposto di una necessitata successione nei rapporti da questa posti in essere, che risultino ancora in atto, la cui riconduzione al fenomeno della successione universale è scelta legislativa non incongrua rispetto alle premesse che la sorreggono. I rapporti implicati da tale successione, infatti, sono correlati all’esercizio di una competenza che si è dispiegata su un tessuto fattuale (sociale ed economico) e giuridico, quello afferente al territorio inciso dalla situazione emergenziale, sul quale − in assenza di detta situazione (e, dunque, non solo in via ordinaria, ma anche a fronte di eventi calamitosi di minor rilevanza: lettere a e b del comma 1 dell’art. 2 della legge n. 225 del 1992) – opera l’ente territorialmente competente secondo il normale assetto delle attribuzioni costituzionali (legislative, regolamentari e amministrative). Ed è perciò ragionevole che le conseguenze (sia fattuali che) giuridiche, che residuano alla cessazione dello stato di emergenza e insistono ancora sull’anzidetto assetto territoriale, siano governate nuovamente in base all’ordinario sistema di competenze.
Tanto comporta che il subentro dell’ente ordinariamente competente (ex art. 5, comma 4-ter, della legge n. 225 del 1992) investa appunto in toto la situazione in essere su cui lo Stato non può più esercitare alcuna competenza giuridica.
Da qui, la coerenza della disposizione denunciata con il complessivo sistema di organizzazione della protezione civile e la sua adeguatezza – e non già il contrasto, come a torto denunciato – con i parametri evocati dalle ricorrenti.
Il subentro dell’ente territorialmente competente nei rapporti (anche ex iudicato) e nei giudizi pendenti risalenti alla gestione commissariale non ha, infatti, l’asserito carattere retroattivo, ma regola il fenomeno successorio in consonanza con i principi sostanziali e processuali di riferimento, non potendosi sostenere che il successore a titolo universale, in quanto tale (e, dunque, titolare dello stesso rapporto sostanziale oggetto di giudicato), sia vulnerato nelle sue garanzie difensive dalla norma dell’art. 110 cod. proc. civ., la quale, in ogni caso, si appalesa pertinente a regolare il fenomeno in luogo dell’art. 111 cod. proc. civ., che attiene alla successione a titolo particolare.
Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo ai cosiddetti «grandi eventi», rispetto ai quali − ove non già inclusi tra gli eventi «per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza» − trovano applicazione in toto le disposizioni di cui all’art. 5 della legge n. 225 del 1992, come previsto dal comma 5 dell’art. 5-bis del d.l. n. 343 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001.
Vi è, dunque, una piena sovrapposizione di disciplina (e, quindi, di competenze) che induce, appunto, ad una coincidenza di soluzioni.
La circostanza, poi, che la citata norma del comma 5 dell’art. 5-bis del d.l. n. 343 del 2001 sia stata abrogata dall’art. 40-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività) convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 non conforta le doglianze della Regione Lazio.
Non sussiste, infatti, il vulnus alle competenze regionali costituzionalmente garantite, denunciato in ragione dell’asserita lesione, dei principi di irretroattività della legge, della certezza del diritto e delle garanzie della difesa e del giusto processo, giacché il censurato comma 422 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 non opera − come detto − in via retroattiva, ma regola, dalla sua entrata in vigore, un fenomeno successorio di rapporti sostanziali e processuali in coerenza con i presupposti che lo giustificano.