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La Corte (ri)bacchetta il legislatore che tenta l’aggiramento dell’art. 136 Cost. e dell’art. 1 della l. cost. 1/1948 (1/2017)

Sentenza n. 224/2016 – giudizio di legittimità in via incidentale

Deposito del 20/10/2016;Pubblicazione in G. U. 26/10/2016 n. 43

Motivo della segnalazione

La decisione qui segnalata riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della L. R. Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia nel procedimento vertente tra C. R. e il Comune di Paderno Dugnano.

La normativa de qua disponeva che in relazione agli «interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza n. 309 del 2011», «al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati» i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 (data di pubblicazione della sentenza citata), nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data, fossero considerati titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risultasse protocollata entro il 30 aprile 2012. Secondo il giudice rimettente la normativa in questione violava l’art. 136 della Costituzione e l’art. 1 della l. cost. 1/1948, aggirando gli effetti della sent. 309/2011, citata appena sopra. Inoltre, il giudice meneghino dubitava della legittimità costituzionale della disciplina lombarda in quanto contrastante con l’art. 117, comma terzo, Cost.: ciò perché la sent. 309/2011 desumeva dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2011, nel testo allora vigente (secondo il quale rientravano nella definizione di ristrutturazione edilizia solo gli interventi di demolizione e ricostruzione con identit à di volumetria e di sagoma rispetto all’edificio preesistente) un principio fondamentale della legislazione statale. In subordine, “qualora il censurato art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012 fosse [stato] interpretato nel senso (non di affermare la validit à e l’efficacia dei titoli edilizi ivi considerati, bensì più limitatamente) di paralizzare in via generale e astratta il potere di autotutela dell’amministrazione in relazione ad atti basati sulle disposizioni legislative dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza n. 309/2011” sarebbe risultato violato – sempre a detta del giudice rimettente – l’art. 97 Cost. La Corte ha quindi valutato l’ammissibilità della questione: in particolare, il giudice delle leggi ha rilevato come “il giudice [avesse] esaminato l’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla legge n. 98 del 2013, ne [avesse] argomentato il carattere innovativo ed [avesse] escluso la sua applicabilità ai fatti di causa, in particolare perché i provvedimenti impugnati sono anteriori alla nuova normativa”; così facendo, il giudice rimettente ha plausibilmente applicato il principio “secondo cui «lo ius superveniens non può venire in evidenza nel giudizio di costituzionalità sollevato dai giudici amministrativi poiché, secondo il principio tempus regit actum, la valutazione della legittimità del provvedimento impugnato va condotta “con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione”», richiamando le sentt. 30 e 49 del 2016 (punto 2.1 del considerato in diritto). Sempre con riguardo all’ammissibilità della questione, la Corte ha sottolineato che non ostava all’ammissibilità il fatto che il giudice lombardo avesse fatto ampio riferimento alla sua propria precedente ordinanza di rimessione, accompagnata da sintetici rilievi sull’innovatività e irretroattività dello ius superveniens. A tal riguardo, la Consulta – riprendendo le sentt. 10, 22 e 51 del 2015 – ha ribadito che il giudice rimettente, nel promuovere la questione, devono fornire “un’esauriente ed autonoma motivazione” e che è ammesso il riferimento a pronunce precedenti della Corte stessa o ad altri atti di promovimento, purché accompagnate da “proprie considerazioni” con cui – in riferimento al giudizio principale – si chiariscano le ragioni che lo induce a sottoporre la questione all’attenzione della Corte (punto 2.2 del considerato in diritto).
Nel merito, la questione è stata giudicata fondata per contrasto con l’art. 136 e con l’art. 1, comma 1, della l. cost. 1/1948, restando assorbito ogni altro motivo di censura: come già nella sent. 169/2015, il giudice delle leggi stigmatizza i casi in cui il legislatore intervenga “per mitigare gli effetti di una pronuncia di illegittimità costituzionale, per conservare o ripristinare, in tutto o in parte, gli effetti della norma dichiarata illegittima” (punto 2.3 del considerato in diritto).

Osservatorio sulle fonti

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