Sentenza n. 170/2017– giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 12/07/2017; Pubblicazione in G. U. 19/07/2017 n. 29
Motivo della segnalazione
La decisione origina da ricorsi regionali aventi ad oggetto il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) – convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Accanto a numerose questioni, sollevate in riferimento agli artt. 3, 5, 9, 11, 32, 97, 114, 117, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 118, 119 e 120 Cost. ed ai principi di ragionevolezza, leale collaborazione e sussidiarietà, tutti rigettati, quando non dichiarati inammissibili, la Corte, per quel che qui interessa, prende in considerazione anche una questione relativa all’intero art. 38 del d.l. n. 133 del 2014 in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., anch’essa rigettata.
Si tratta di una censura, avanzata sul presupposto della sua ridondanza nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della Regione nella materia «governo del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. ed in un vulnus alla sua autonomia finanziaria, garantita dall’art. 119 Cost., proposta sotto tre distinti profili, che investono, a tutto tondo, l’istituto della decretazione d’urgenza. Si lamentavano infatti: a) la mancanza dei presupposti della necessità ed urgenza; b) la non immediata applicabilità della disciplina recata dall’impugnato art. 38, in contrasto con quanto richiesto dall’art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri); c) il difetto di omogeneità e coerenza delle misure introdotte. Quanto al primo profilo, vale a dire l’asserita mancanza dei presupposti della straordinaria necessità ed urgenza, la Corte richiama preliminarmente il suo consolidato orientamento, ai sensi del quale il sindacato di costituzionalità è circoscritto ai casi di “evidente mancanza” dei succitati presupposti. Con riferimento al caso specifico, la censura avanzata risulta infondata, non riscontrandosi «né la mancanza dei presupposti della straordinaria necessità ed urgenza né l’irragionevolezza o l’arbitrarietà della loro valutazione», in ragione della «notoria situazione di crisi economica sistemica», del «tenore delle disposizioni censurate» e della «ratio che le ispira», che consiste «nella finalità di valorizzare le risorse energetiche nazionali, consentire il raggiungimento degli obiettivi della strategia energetica, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese e sbloccare gli investimenti privati nel settore». Per quanto riguarda invece la questione relativa alla mancanza del requisito di immediata applicabilità delle disposizioni censurate, la Corte richiama l’art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, nella parte in cui prescrive che «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» e aggiunge che, pur non avendo rango costituzionale e non potendo quindi fungere da parametro di legittimità, tale disposizione «costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell’art. 77 Cost.» (sentenze n. 220 del 2013 e n. 22 del 2012)». Ciò premesso, il giudice delle leggi rileva che «dalla mera lettura delle disposizioni impugnate emergono la loro portata precettiva e la immediata e diretta applicabilità», dato che esse, «nell’assoluta maggioranza dei casi, non richiedono l’adozione di ulteriore normativa, considerato, peraltro, che “la straordinaria necessità ed urgenza non postula inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge, ma ben può fondarsi sulla necessità di provvedere con urgenza, anche laddove il risultato sia per qualche aspetto necessariamente differito” (sentenza n. 16 del 2017)». Ne consegue che la censura proposta dalla Regione Lombardia non è fondata neanche sotto questo profilo. Quanto al dedotto difetto di omogeneità e coerenza della normativa impugnata, la Corte richiama la precedenza sentenza n. 22/2012, laddove essa aveva affermato che «il riconoscimento dell’esistenza dei presupposti fattuali, di cui all’art. 77, secondo comma, Cost., [si ricollega] ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico» e che «la urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate, ovvero anche dall’intento di fronteggiare situazioni straordinarie complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all’unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare». Alla luce di ciò la Corte afferma, nel rigettare la specifica censura sollevata, che le disposizioni impugnate «risultano omogenee per ratio al contenuto dell’intero decreto-legge n. 133 del 2014», analogamente a quanto rilevato, nella sentenza n. 244/2016, a proposito di un decreto-legge per il quale era stato affermato che «le molteplici disposizioni che lo compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo, essendo tutte preordinate all’unitario obiettivo di accelerare e semplificare la realizzazione e la conclusione di opere infrastrutturali strategiche, nel più ampio quadro della promozione dello sviluppo economico e del rilancio delle attività produttive. Il decreto-legge in esame, dunque, ancorché articolato e differenziato al proprio interno, appare fornito di una sua intrinseca coerenza».