Sentenza n. 169/2017– giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 12/07/2017; Pubblicazione in G. U. 19/07/2017 n. 29
Motivo della segnalazione
La decisione concerne una serie di censure sollevate dalle Regioni in ordine ad un rilevante e noto intervento normativo in materia di enti territoriali (si tratta del decreto-legge n. 78 del 2015). Vengono sottoposte all’attenzione della Corte costituzionale questioni, aventi ad oggetto norme statuenti tagli di spesa in materia sanitaria, che assumono come parametri gli artt. 3, 32, 97, 117, secondo e terzo comma, Cost., nonché il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost. Il giudice delle leggi dichiara inammissibili o infondate tutte le questioni sollevate.
Nel quadro di una sentenza rilevante in termini generali, risulta interessante, dal punto di vista di precipuo interesse degli studiosi delle fonti del diritto, la questione, esaminata in via preliminare dalla Corte, sollevata in riferimento al parametro di cui all’art. 77, comma 2, Cost. La Regione ricorrente lamenta l’asserita eterogeneità delle disposizioni introdotte in sede di conversione rispetto al contenuto originario del decreto-legge n. 78 del 2015. Sarebbe evidente, secondo la ricorrente, il «difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni del decreto-legge e quelle impugnate, introdotte dalla legge di conversione». Secondo la ricorrente la ridondanza della violazione dell’art. 77 Cost. sulla propria sfera di attribuzioni, la cui sussistenza è, come è noto, presupposto giustificativo di censure vertenti su norme diverse da quelle attinenti al riparto di competenze, sarebbe patente, trattandosi di un “maxiemendamento” diretto ad incidere con effetto immediato ed a tempo indeterminato sull’autonomia finanziaria e sulle competenze in materia di tutela della salute e di organizzazione sanitaria della Regione Liguria. La Corte rigetta la questione sollevata, affermando di aver già precedentemente affermato che «la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. si ravvisa “in caso di evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge (sentenze n. 32 del 2014 e n. 22 del 2012)» e che dunque «la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto di omogeneità si manifesta solo quando le disposizioni aggiunte siano totalmente “estranee” o addirittura “intruse”, cioè tali da interrompere, in parte qua, ogni correlazione tra il decreto-legge e la legge di conversione (sentenza n. 251 del 2014; in senso conforme, sentenza n. 145 del 2015)». La lamentata disomogeneità delle norme inserite in sede di conversione non sussisterebbe, nel caso di specie, «vista la comune “natura finanziaria” delle disposizioni contenute nell’originario decreto-legge e nella legge di conversione». Non osterebbe a tale conclusione, secondo la Corte, la modifica del titolo decreto-legge, a seguito del maxi-emendamento, consistente nell’aggiunta, prima mancante, alle spese del Servizio sanitario nazionale. Saremmo infatti di fronte ad «una semplice specificazione dell’oggetto del provvedimento di urgenza», considerato che «nella “materia di enti territoriali” (locuzione contenuta nella prima formulazione) rientrano in astratto anche le questioni afferenti alle spese del servizio sanitario nazionale, che – oltretutto – costituiscono parte maggioritaria del bilancio delle Regioni». Tale conclusione sarebbe avvalorata, secondo il giudice delle leggi, da elementi testuali desumibili: dalla rubrica di uno degli articoli del decreto-legge, che si riferisce, allo stesso tempo, tra l’altro, a regioni e sanità; dalla premessa del decreto-legge in cui «viene esplicitata “la necessità e l’urgenza di specificare ed assicurare il contributo alla finanza pubblica da parte degli enti territoriali, come sancito nell’intesa raggiunta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella riunione del 26 febbraio 2015”»; dal fatto che «la situazione di indefettibile urgenza risulta obiettivamente dal quadro finanziario dell’originario intervento relativo al concorso della sanità alle misure di contenimento della finanza pubblica, incidenti sull’esercizio finanziario allora in corso».