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Quando il legislatore è ‘fuori tempo’: la Corte costituzionale e la retroattività della disciplina del ricongiungimento previdenziale (3/2017)

Sentenza n. 147/2017– giudizio di costituzionalità in via incidentale

Deposito del 23/06/2017; Pubblicazione in G.U.28/06/2017 n. 26

Motivo della segnalazione

La decisione in questione trae origine dai dubbi sollevati dal Tribunale ordinario di Monza, in funzione di giudice del lavoro, circa la legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 12-septies, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La disposizione de qua, approvata in occasione della conversione del d.l. 78 del 2010, riguarda, con efficacia retroattiva a partire dal 1º luglio 2010, la ricongiunzione onerosa dei contributi già versati in regimi di gestione separata al regime di assicurazione generale obbligatoria.

Secondo la ricostruzione prospettata dal giudice brianzolo la normativa in questione violerebbe l’art. 3 della Costituzione, giacché essa, dotata di efficacia retroattiva, sarebbe in contrasto con il canone di ragionevolezza e con il principio del legittimo affidamento, non andando peraltro a tutelare alcun principio, diritto e bene di rilievo costituzionale. Secondo quanto rilevato dal giudice rimettente, l’aver retrodatato il termine per la ricongiunzione gratuita è una scelta irrazionale e immotivata. L’approvazione della misura in questione crea una disparità di trattamento fra coloro che abbiano presentato la domanda prima del primo giorno del mese di luglio 2010 e coloro che – vigente la medesima disciplina -l’abbiano presentata dopo; e a far risaltare ancora di più l’irragionevolezza della disciplina legislativa contribuisce – secondo l’ordinanza di rimessione –anche la particolare onerosità della ricongiunzione. A ciò, sempre secondo il giudice lombardo, quale ulteriore possibile profilo di illegittimità costituzionale, è da aggiungersi il fatto che l’art. 38 della Costituzione prevede che il trattamento pensionistico sia commisurato all’attività lavorativa svolta: il sacrificio del diritto alla pensione a causa dell’imposizione di un onere come quello del quale è latrice la disposizione de qua sarebbe illegittimo in quanto essa non si presenta come un provvedimento che vada a tutela un diritto pari o superiore a quello alla pensione e non pare inoltre dotato dei caratteri della proporzionalità, della necessità e dell’adeguatezza. Il giudice delle leggi, superate le eccezioni di inammissibilità presentate dall’INPS e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha valutato la questione come fondata e ha dichiarato la normativa de qua incostituzionale. Con quali argomenti? Innanzitutto, come già evidenziato dal giudice a quo, non è in discussione la possibilità, per il legislatore, di regolare a sua discrezione gli aspetti relativi alla ricongiunzione dei contributi versati presso gestioni diverse, andando in questo modo a contemperare due differenti esigenze, individuabili nell’equilibrio generale del sistema previdenziale da un lato e nell’esigenza di evitare che il pluralismo delle gestioni previdenziali e la frammentarietà della carriera lavorativa vadano a pregiudicare il trattamento pensionistico dei lavoratori. Quindi, il profilo contestato non è attinente all’assetto delineato dal legislatore in sé, ma al profilo diacronico della disciplina relativa alla ricongiunzione fra le varie gestioni previdenziali: e il legislatore, nel regolare questo particolare aspetto, è vincolato a delineare i tratti “nel rispetto del principio generale di ragionevolezza e della tutela del legittimo affidamento.” (punto 3.3 del considerato in diritto). Di seguito, la Corte rileva immediatamente la disarmonia fra la normativa de qua e i princìpi appena sopra richiamati, sottolineando come essa come vada a ledere il legittimo affidamento, presidiato dall’art. 3 della Costituzione e riposto dai lavoratori nell’applicazione del regime vigente al tempo della presentazione della domanda.La tutela del legittimo affidamento – come esposto al punto 3.5 del considerato in diritto –trova quindi un limite temporale nel momento in cui entri in vigore la l. 30 luglio 2010, n. 122. A partire da tale data, che l’art. 1, comma 3, della legge n. 122 del 2010 individua nel 31 luglio 2010, “il legislatore è abilitato a dettare disposizioni atte a modificare sfavorevolmente la disciplina in vigore. Entro tale termine va limitata la dichiarazione di incostituzionalità della norma censurata” (ibidem). Pertanto, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della norma, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del principio di ragionevolezza e della tutela del legittimo affidamento. Gli altri profili di censura – individuati nella violazione dell’art. 3, con riguardo alla disparità di trattamento fra domande di ricongiunzione identiche ma presentate in momenti differenti, e nella violazione dell’art. 38, con riguardo al principio di adeguatezza della prestazione previdenziale restano quindi assorbiti (cfr. i punti 4 e 4.1 del considerato in diritto).

Osservatorio sulle fonti

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