Archivio rubriche 2017

La Corte sulla fissazione di principi fondamentali di legislazione concorrente in materia edilizia mediante determinazioni pattizie nella sede delle Conferenze (2/2017)

Sentenza n. 125/2017 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 26 maggio 2017 – Pubblicazione in G.U. del 31/05/2017

Motivo della segnalazione

La pronuncia è rilevante sul piano del sistema costituzionale delle fonti legislative alla luce delle conferme che contiene in favore di uno schematismo legale, invero non particolarmente diffuso nella prassi legislativa e non così frequentemente attestato in giurisprudenza, secondo il quale è legittimo per la legge statale affidare la determinazione di principi fondamentali di legislazione concorrente (nello specifico, in materia edilizia) ad accordi o intese da assumersi nella sede delle Conferenze, nello specifico destinate a successivi «recepimento regionale» e sviluppo regolamentare comunale.
Due Regioni, di cui una a statuto speciale (che si focalizzava sulla consueta clausola di salvaguardia impostata secondo il criterio della compatibilità, ponendo questioni poi ritenute infondate perché basate su un’interpretazione immotivatamente in malam partem della medesima), impugnano l’art. 17-bis del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), laddove aggiunge il comma 1-sexies all’art. 4 del «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», stabilendo che «[i]l Governo, le regioni e le autonomie locali, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono in sede di Conferenza unificata accordi ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo, al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti. […] Il regolamento edilizio-tipo, che indica i requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, è adottato dai comuni nei termini fissati dai suddetti accordi, comunque entro i termini previsti dall’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».
La Corte premette due conferme, entrambe rilevanti in ratio decidendi, della propria pregressa e consolidata giurisprudenza: da una parte, in ordine alla persistenza, anche dopo l’assunzione di intese in sede di Conferenza (avvenuta lo scorso 20 ottobre 2016), dell’interesse regionale a ricorrere avverso le disposizioni di legge statale che ne sono state poste a fondamento; dall’altra parte, in merito all’irrilevanza delle autodefinizioni legislative (nello specifico, la disposizione impugnata stabilisce che «Ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, tali accordi costituiscono livello essenziale delle prestazioni, concernenti la tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale») ai fini dell’inquadramento del thema decidendum sul piano competenziale.
Quest’ultimo è individuato univocamente non nella determinazione dei cennati livelli essenziali delle prestazioni, ma nel governo del territorio, materia dunque di legislazione concorrente.
Ciò premesso, la Corte riconosce nelle scelte legislative la fissazione di «un criterio procedurale, di natura concertativa, finalizzato a semplificare la struttura dei regolamenti edilizi, anche attraverso la predisposizione di definizioni uniformi sull’intero territorio nazionale», statuendo infine che la «decisione di ricorrere a uno schema “tipo”, riflettendo tale esigenza unitaria e non frazionabile, può essere dunque annoverata a pieno titolo tra i principi fondamentali del governo del territorio».
Ancora una volta, dunque, la giurisprudenza costituzionale vede con favore (o quantomeno non colpisce con lo stigma dell’illiceità costituzionale) l’occasionale abdicazione del legislatore statale dal consueto e costituzionalmente irreprensibile unilateralismo nella determinazione dei principi fondamentali di legislazione concorrente in favore di schematismi giuridici che consentano alle Autonomie regionali di contribuire in sede formalizzata ed istituzionale all’elaborazione dei relativi contenuti. Con la precisazione che, in questo caso, è rispettata l’ulteriore condizione del rispetto del principio di legalità c.d. sostanziale tipico dell’azione amministrativa, qui declinato nel rapporto tra la fonte legislativa statale e quella sorta di atto sub-legislativo costituito dall’assunto atto pattizio (non avente, peraltro, natura regolamentare, come la Corte stessa precisa): «non può imputarsi alla legge statale […] di essersi spogliata della propria competenza, attribuendo ad un atto sub-legislativo il compito di disciplinare una materia che l’art. 117, terzo comma, Cost. affida al legislatore. La disposizione censurata, infatti, non contiene una autorizzazione “in bianco”».
Al di là di quest’ultimo caveat, non mancano precedenti in materia, sebbene non sia agevole individuarne di perfettamente calzanti.
Infatti, già nel recente passato era stato dato avviso favorevole alla previsione di atti pattizi destinati a stabilire principi fondamentali di legislazione concorrente, ma con differenze almeno formali rispetto al caso in esame. In taluni frangenti, infatti, era prevista una successiva trasfusione in atti sub-legislativi statali di recepimento, quali decreto ministeriale et similia (v. soprattutto le sentt. n. 390 del 2004, in materia di disciplina delle deroghe al c.d. blocco del turn-over nelle Pubbliche Amministrazioni, e n. 384 del 2005, in materia di banca dati informativa per aggiornamento e formazione del personale impiegato nell’ispettorato del lavoro); in altri l’atto adottato in Conferenza, sostanzialmente occupando anche una parte degli spazi di competenza legislativa regionale (c.d. legislazione regionale di dettaglio), era dotato di diretta rilevanza esterna (v. soprattutto le sentt. nn. 270 del 2005, in materia di disciplina degli I.R.C.C.S. non trasformati in fondazione, n. 63 del 2006, in materia di procedure per l’applicazione delle sanzioni amministrative in caso di violazione del divieto di fumo negli spazi pubblici, e n. 139 del 2009, in materia di riordino dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario).
Per altro verso, non sono mancate configurazioni di atti pattizi destinati a “recepimento” e comunque a successivo sviluppo da parte delle Autonomie territoriali, ma in alcuni casi le materie di riferimento erano annoverabili esclusivamente tra quelle di competenza residuale regionale (v. ad esempio la sent. n. 197 del 2003, in materia di turismo); in altri casi gli atti di sviluppo erano esclusivamente individuabili in regolamenti regionali; in altri casi ancora l’attivazione dello strumentario pattizio non era inserito in un ben preciso iter dettato da specifiche previsioni legislative statali (v. ad esempio l’intesa in Conferenza Stato-regioni del 20 aprile 2011 in materia di ammortizzatori in deroga e politiche attive del lavoro, o l’art. 19 della legge 11 novembre 2011, n. 180, che, nel prevedere la promozione regionale di atti pattizi per il coordinamento normativo a fini di semplificazione degli oneri burocratici alle imprese, che ottiene un plauso in incidenter tantum dalla sent. n. 179 del 2012).
In ogni caso, la scarna giurisprudenza costituzionale tende, come la sentenza in esame, ad accogliere certi schematismi concertativi come opportune possibilità a disposizione della volontà legislativa statale; essa risulta pressoché limitata a quella pocanzi richiamata. Priva di sviluppi pretori è anche una delle vicende di fissazione pattizia di indirizzi alle leggi regionali in termini generali più significative, rinvenibile nell’assai complessa vicenda del c.d. Piano casa della primavera 2009, nella quale, inoltre, per altro verso, l’intesa finiva per vertere su profili completamente rientranti in ambiti di c.d. legislazione regionale di dettaglio in materia edilizia.
In definitiva, la casistica più vicina a quella in esame sembra potersi individuare in una parte dei numerosi atti pattizi per il coordinamento della finanza pubblica in ambito sanitario: la peculiarità delle esigenze ad esso sottese, del resto, rende anche in questo caso assai parziale ogni analogia.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

L’Osservatorio sulle fonti è stato riconosciuto dall’ANVUR come rivista scientifica e collocato in Classe A.

Contatti

Per qualunque domanda o informazione, puoi utilizzare il nostro form di contatto, oppure scrivici a uno di questi indirizzi email:

Direzione scientifica: direzione@osservatoriosullefonti.it
Redazione: redazione@osservatoriosullefonti.it

Il nostro staff ti risponderà quanto prima.

© 2017 Osservatoriosullefonti.it. Registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5626 del 24 dicembre 2007 - ISSN 2038-5633