CASS. CIV., sez. III, 21.11.2017, n. 27548
La ricorrente faceva dipendere la titolarità del potere del Sindaco di instaurare un giudizio da parte del Comune, o di resistere in giudizio, dall'entrata in vigore della L. n. 131 del 2003. La legge, recante "Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", non prevede però una disciplina del potere in discorso (l'unico riferimento alla figura del Sindaco concerne la delega al Governo al fine di "mantenere ferme le disposizioni in vigore relative al controllo sugli organi degli enti locali, alla vigilanza sui servizi di competenza statale attribuiti al sindaco quale ufficiale del Governo, nonché, fatta salva la polizia amministrativa locale, ai procedimenti preordinati alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica nonché le disposizioni volte ad assicurare la conformità dell'attività amministrativa alla legge, allo statuto e ai regolamenti"). In realtà, nel mutamento di giurisprudenza richiamato dalla ricorrente, che è pervenuto a riconoscere la titolarità in capo al Sindaco del potere di instaurare un giudizio da parte del Comune o di resistere in giudizio, la L. n. 131 del 2003 assolve solo il ruolo di supporto ermeneutico nel quadro di una più complessiva evoluzione dell'ordinamento giuridico. Sul punto viene richiamato quanto affermato da Cass. 8 giugno 2006, n. 13412, proprio con riferimento alla Regione Sicilia, a proposito del potere sindacale in discorso.
"Il nuovo quadro delle competenze degli organi del comune, già delineato dalla menzionata L. n. 142 del 1990 e completato dalle disposizioni successive fino al T.U. appr. con D.P.R. n. 267 del 2000, ha indotto le Sezioni Unite della Corte (Cass. 17550/2002;12868/2005) a rivedere l'orientamento tradizionale, anche perché nel frattempo la modifica del titolo V Cost., nonché la successiva L. n. 131 del 2003 di adeguamento dell'ordinamento della Repubblica al nuovo assetto costituzionale, hanno accentuato l'autonomia degli enti locali e nell'ambito di essa le potestà degli statuti nella gerarchia delle fonti: ormai da considerarsi quali atti normativi atipici con caratteristiche di rango paraprimario o subprimario. Questo Supremo Collegio è perciò pervenuto al risultato che ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione (o all'impugnazione): anzitutto perché alla Giunta sono state conferite le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo, che non siano riservate dalla legge al consiglio; mentre spettano ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, nonché tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le menzionate funzioni di indirizzo (D.P.R. n. 267 del 2000, artt. 48, 50 e 107). E quindi perché, per converso, nel nuovo ordinamento delle autonomie locali il sindaco ha assunto, ancor più con la L. 25 marzo 1993, n. 81 che ne ha previsto l'elezione diretta, un ruolo politico ed amministrativo centrale, in quanto titolare di funzioni di direzione e di coordinamento dell'esecutivo comunale l'autorizzazione del consiglio prima e della giunta poi, se trovava ragione in un assetto in cui il sindaco era eletto dal consiglio e la giunta costituiva espressione del consiglio stesso, non ha più ragione di esistere in un sistema nel quale il medesimo trae direttamente la propria investitura dal corpo elettorale e costituisce egli stesso la fonte di legittimazione degli assessori che compongono la giunta, cui l'art. 48 del testo unico cit. affida il compito di collaborare con il sindaco: salva restando la possibilità per lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio (T.U. leggi sull'ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, "ex" art. 6, comma 2) - di prevedere l'autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l'uno o l'altro intervento in relazione alla natura o all'oggetto della controversia)".