L’Istituzione della Corte penale internazionale ha fatto seguito ai tentativi avvenuti nella Comunità di internazionale di adottare un sistema di giurisdizione penale internazionale per punire gli autori di crimini internazionali. Già nel 1919 con il Trattato di Versailles fu prevista la possibilità di punire gli autori di crimini di guerra, ma i processi non furono poi celebrati. All’esito della seconda guerra mondiale, furono poi istituiti dagli Stati vincitori i Tribunali di Tokyo e di Norimberga per processare gli autori di crimini di guerra degli Stati sconfitti. All’indomani della fine della guerra fredda, sono stati, prima, istituiti dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 1993 e nel 1994 i Tribunali speciali per la ex Jugoslavia e per il Ruanda. Finalmente, nel 1998, è stato firmato a Roma lo Statuto della Corte penale internazionale. La Corte è competente per i crimini di genocidio (art. 6), crimini contro l’umanità (art. 7), crimini di guerra (art. 8) e per il crimine di aggressione (art. 5). Per il crimine di aggressione, però, gli Stati hanno condizionato la competenza della Corte al raggiungimento di un accordo, in seno alla Assemblea degli Stati parte, su una definizione di tale fattispecie criminosa, accordo raggiunto nel 2010 dalla prima Conferenza di revisione dello Statuto. Tale emendamento entrerà in vigore il 17 luglio 2018.
La Corte penale internazionale è, dunque, la prima giurisdizione penale internazionale a carattere generale e permanente. A differenza dei due tribunali ad hoc per la ex Jugoslavia e per il Ruanda la Corte penale internazionale non è un organo sussidiario delle Nazioni Unite, ma un soggetto autonomo. La Corte è composta da 18 giudici, scelti tra persone in possesso dei requisiti di nomina ai più alti uffici giudiziari nei paesi dei quali hanno cittadinanza.
In base alla competenza definita nello Statuto, la Corte può processare persone fisiche sospettate di avere commesso i crimini previsti dallo Statuto, se tali soggetti hanno la nazionalità di uno Stato parte o se hanno commesso tali delitti nel territorio di uno Stato parte (con talune eccezioni che possono dilatare la competenza).
Lo Statuto è entrato in vigore nel 2002. L’Italia lo aveva ha già ratificato con la legge n. 232/1999. Le norme di adeguamento dell'ordinamento interno alle disposizioni dello Statuto, invece, sono state adottate con la legge n. 237/2012.
L'Assemblea degli Stati parti, che è composta da un rappresentante per ciascun Paese membro e, oltre al potere di eleggere giudici e Procuratore e ad importanti compiti nell'amministrazione e nella gestione finanziaria della struttura, ha una importante funzione nel procedimento di revisione dello Statuto, perché può approvare modifiche da sottoporre alla ratifica degli Stati membri, così come previsto dall’articolo 123 dello Statuto che recita:
“1. Sette anni dopo l'entrata in vigore del presente Statuto, il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite convocherà una Conferenza di revisione per esaminare ogni emendamento al presente Statuto. L'esame potrà concernere in modo particolare, senza tuttavia che ciò sia limitativo, la lista dei reati di cui all'articolo 5. La Conferenza sarà aperta a coloro che partecipano all'Assemblea degli Stati parti, alle stesse condizioni. 2. In qualsiasi momento successivo, su richiesta di uno Stato parte ed ai fini enunciati al paragrafo 1, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, con l'approvazione della maggioranza degli Stati parti, convocherà una Conferenza di revisione. 3. L'adozione e l'entrata in vigore di ogni emendamento al presente Statuto, esaminato ad una Conferenza di revisione, sono regolate dalle disposizioni dell'articolo 121, paragrafi 3 a 7.”
La legge n. 200/2017 approvata dal Parlamento italiano reca per l’appunto la ratifica ed esecuzione dell'emendamento soppressivo dell'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, emendamento adottato a L'Aja con Risoluzione n. 2 del 26 novembre 2015 dall’Assemblea degli Stati parte.
L'articolo 124 dello Statuto di Roma contiene una disposizione transitoria che così recita:
"Nonostante le disposizioni dell'articolo 12, paragrafo 1, uno Stato che diviene parte al presente Statuto può, nei sette anni successivi all'entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la competenza della Corte per quanto riguarda la categoria di reati di cui all'articolo 8 quando sia allegato che un reato é stato commesso sul suo territorio o da suoi cittadini. Tale dichiarazione può essere ritirata in qualsiasi momento. Le disposizioni del presente articolo saranno riesaminate nella Conferenza di revisione prevista all'articolo 123, paragrafo 1.”
L’articolo 124 dello Statuto prevede, dunque, la possibilità per gli Stati membri di non accettare la competenza della Corte per un periodo pari a sette anni successivi all’entrata in vigore nei suoi confronti per i crimini di guerra disciplinati dall’articolo 8.
L’ultimo comma dell’articolo 124 richiama la Conferenza di revisione prevista dall’articolo 123, immaginata principalmente per la modifica dell’elenco dei crimini internazionali nella competenza la Corte. In sede di conferenza di revisione, da convocarsi sette anni dopo l’entrata in vigore dello Statuto, sarebbero infatti state adottate le modifiche ritenute opportune.
Con l'entrata in vigore dell'emendamento in esame, pertanto, viene meno la facoltà per gli Stati che accedono alo Statuto di sospendere per sette anni la giurisdizione della Corte per i crimini di guerra. Tale facoltà costituisce l'unica eccezione all'inammissibilità dell'apposizione di riserve allo Statuto sancito dall'articolo 120 dello Statuto.
La clausola contenuta nell'articolo 124, infatti, era stata inserita nel corso dei negoziati precedenti l'adozione dello Statuto di Roma, come disposizione di compromesso, finalizzata a favorire il maggior numero di adesioni possibile allo Statuto.
La clausola era evidentemente espressione delle preoccupazioni manifestate da diversi Stati, e in particolare dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, per l'assenza di previsioni che consentissero agli Stati di limitare la giurisdizione della Corte.
L'emendamento soppressivo entrerà in vigore in conformità con quanto previsto dagli articoli 121 e 122 dello Statuto di Roma, un anno dopo che sette ottavi di tali Stati abbiano depositato i loro strumenti di ratifica o di accettazione presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
L’intervento normativo nazionale si è reso necessario in quanto le modifiche dello Statuto di Roma devono avvenire tramite lo stesso strumento con il quale esso è stato recepito nell'ordinamento interno. Poiché si tratta di un intervento meramente abrogativo, non sono necessari ulteriori atti normativi di adattamento.