CONS. STATO, sez. V, 17 giugno 2019, n. 4047
Le fonti primarie (in particolare l’art. 43, comma 4, del D.lgs. n. 267 del 2000: "Lo statuto stabilisce i casi di decadenza e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative") rimettono allo statuto di stabilire i casi di decadenza dei consiglieri per assenza ingiustificata: l'art. 13, comma 3, dello Statuto prevede, infatti, che "I consiglieri comunali che non intervengono alle sessioni per tre volte consecutive senza giustificato motivo sono dichiarati decaduti con deliberazione del consiglio comunale", senza operare distinzioni tra sessioni ordinarie e sessioni straordinarie.
Dette previsioni statutarie prevalgono sulle difformi e più restrittive previsioni regolamentari che attribuiscono rilievo al solo mancato intervento dei consiglieri alle sedute ordinarie: ciò non solo perché, in generale, i regolamenti comunali disciplinano i settori dell'attività amministrativa sulla base delle linee essenziali indicate dallo Statuto (le cui previsioni devono prevalere in caso di contrasto), ma, soprattutto, per ragioni sostanziali.
Le circostanze che possono dar luogo alla decadenza dal ruolo elettivo devono, infatti, essere lette con rigore in ragione del carattere restrittivo della funzione rappresentativa che è proprio della severa misura: a tal fine va dato rilievo alle assenze solo quando mostrano con ragionevole deduzione un atteggiamento insistito di disinteresse per motivi futili o inadeguati rispetto agli impegni assunti con l'incarico pubblico elettivo (vale rammentare che l'art. 51, terzo comma, Cost. afferma: "chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro").