T.A.R. CALABRIA, Reggio Calabria, sez. I, 2 luglio 2019, n. 437
Ai sensi dell'art. 191 d.lg. n. 152/2006, “qualora si verifichino situazioni di eccezionale e urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente e non si possa altrimenti provvedere”, il sindaco ha il potere di “emettere ... ordinanze contingibili e urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente”.
Per effetto di tale previsione normativa, il Comune è quindi autorizzato a ricorrere a forme di gestione dei rifiuti anche derogatorie rispetto a quelle ordinarie, purché idonee a garantire criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, come stabilito dall’art. 178 del D.lgs. n. 152/2006.
In forza dello strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente, invero, l'ente può solo imporre al privato l'erogazione delle prestazioni nonostante la scadenza del contratto stipulato tra le parti, anche in assenza del consenso da parte dell'impresa a prorogarne spontaneamente gli effetti, ma non può certo imporre alla società un corrispettivo per l'espletamento di quel servizio e tantomeno può farlo rinviando ad accordi contrattuali sulla cui vigenza ed efficacia vi è contesa tra le parti.
Invero, diversamente opinandosi, si consentirebbe all'amministrazione di sacrificare la libera iniziativa economica privata a beneficio del proprio esclusivo interesse di risparmio di spesa, con violazione dei principi desumibili dall'art. 41 Cost..
In altri termini, nella materia in esame, occorre trovare un bilanciamento tra le esigenze pubblicistiche connesse alla necessità di prosecuzione del servizio e quelle private all'ottenimento del giusto prezzo, obiettivo necessario per garantire il rispetto del principio di proporzionalità tra le prestazioni, di matrice comunitaria, operante anche nell'ordinamento interno in forza del richiamo ai principi di diritto europeo sancito dall'art. 1 l. n. 241/90 e del più generale principio di ragionevolezza stabilito nell'art. 97 della Costituzione, quale corollario dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
Accertata l'illegittimità dell'imposizione coatta del canone, ogni questione sulla sua corretta determinazione appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia concernente “indennità, canoni e altri corrispettivi” in materia di pubblici servizi (art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm.