L’avvento dell’era digitale ha avuto un impatto particolarmente forte sulla vita delle persone, rendendo necessaria una profonda riflessione sul contenuto e sulla portata dei diritti e delle libertà fondamentali. Questa circostanza riguarda in modo significativo i minori, i quali nell’ambiente digitale trovano inedite opportunità di istruzione, svago e socializzazione, ma incorrono anche in gravi rischi per la loro incolumità. Consapevole di ciò, il Comitato ONU sui Diritti del Fanciullo – organo di esperti indipendenti istituito sulla base della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (CRC o Convenzione, in avanti)[1], di cui l’Italia è parte – ha ritenuto opportuna l’adozione di un General Comment volto alla rilettura della Convenzionenell’ambiente digitale[2].
Al Comitato dei diritti del fanciullo (Comitato, in seguito) è affidato il monitoraggio della realizzazione degli obblighi sottoscritti dagli Stati contraenti la Convenzione stessa[3]. Al fine di supportare questi ultimi nell’assicurare l’effettiva applicazione della Convenzione e dei Protocolli opzionali a essa collegati, il Comitato può, tra l’altro, predisporre delle raccomandazioni o dei commenti generali – anch’essi non vincolanti – sulla base delle informazioni pervenute da Stati, Agenzie specializzate dell’ONU e terze parti, quali organizzazioni non governative[4].
L’adozione dei General Comments è una pratica comune tra gli organi delle Nazioni Unite istituiti dai Trattati in materia di diritti umani, tuttavia, quelli del Comitato si distinguono per una struttura coerente, una certa lunghezza e sistematicità. Pur rientrando nella categoria degli atti di soft law del diritto internazionale, è opinione condivisa che i General Comments possiedano un carattere “quasi-legislativo”, fornendo l’interpretazione autorevole della Convenzione a cui si riferiscono e riflettendo gli obiettivi che il Comitato redigente auspica che gli Stati contraenti perseguano nell’applicare la Convenzione stessa[5].
L’intento che il Comitato si prefigge di raggiungere con il General Comment in oggetto è quindi quello di adeguare l’interpretazione della CRC all’era di internet, in modo tale che gli Stati contraenti possano assicurarne un’applicazione adeguata in questo nuovo contesto. Il documento sarà redatto tenendo in doverosa considerazione i principi generali che si evincono dalla CRC stessa, ovvero: i best interests of the child; il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo; il divieto di discriminazione e il diritto a essere ascoltato. Per quanto si apprende dalla documentazione disponibile, detto General Comment dovrebbe essere strutturato attorno a sei gruppi di diritti fondamentali che devono trovare tutela anche nell’ambiente digitale, quali: l’accesso all’informazione e la libertà di espressione e pensiero; il diritto all’educazione e alla “letturatura digitale”; la libertà di riunione; il diritto alla cultura, allo svago e al gioco; la protezione della privacy, dell’identità e dei dati; la protezione dalla violenza, dallo sfruttamento sessuale e da ogni altro pericolo; la tutela dell’ambiente familiare; la protezione della salute e del benessere.
Nel marzo 2019, il Comitato ha così chiesto a tutte le parti interessate di condividere le conoscenze e le esperienze acquisite sul tema, indicando le misure nazionali adottate per assicurare la tutela dei diritti dei minori nell’ambiente digitale e facendo emergere, in particolare, le modalità con cui il minore viene coinvolto nella definizione delle politiche e delle prassi che riguardano l’accesso del minore alle tecnologie digitali e l’uso di queste. Il Comitato ha attratto poi l’attenzione su ulteriori questioni quali, la lotta alla discriminazione dei minori nell’ambiente digitale, al fine di assicurare la piena realizzazione dei loro diritti anche in tale ambito; il ruolo dei genitori, di chi ne fa le veci e delle società che operano nel mondo digitale nel supportare la tutela del minore e, così, agevolando lo Stato nel rispetto degli obblighi internazionali su di esso incombenti. Infine, è stata altresì posta l’attenzione sulla possibile correlazione tra la realizzazione dei diritti del minore nell’ambiente digitale e il godimento dei diritti fondamentali in altri ambiti, invitando le parti interessate stesse a individuare tali collegamenti.
Le risposte alla chiamata del Comitato sono state in totale centotrentacinque, di cui però soltanto ventinove provenienti da Stati contraenti[6]. Il dato è considerevole in quanto, come osservato, il contributo allo sviluppo del diritto internazionale apportato da tali atti di soft law è significativo.
In tale contesto, la partecipazione dell’Italia al processo di formazione del General Comment in oggetto è dunque certamente degna di nota positiva e meritevole di attenzione. Il documento inviato contiene un’esaustiva disanima delle iniziative a carattere legislativo e non attuate anche per affrontare le nuove problematiche sorte con la diffusione dell’uso di internet e delle tecnologie informatiche da parte dei minori. Non tutte le informazioni riportate nel documento risultano pienamente pertinenti con quanto richiesto dal Comitato ai fini della redazione del General Comment di cui in oggetto. Di seguito, si da conto degli elementi riportati nel documento che più valorizzano l’impegno dell’Italia nella tutela del minore nella rete.
Con riferimento all’accesso all’informazione e alla libertà di espressione, l’Italia ha rimarcato l’importanza del Codice di autoregolamentazione “Tv e Minori”, siglato del 2002 e confluito nel Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, adottato con il decreto legislativo n. 177 del 31 luglio 2005. Con detto codice le imprese televisive si sono impegnate al rispetto della normativa vigente a tutela dei minori attraverso l’adozione di un codice di autoregolamentazione che possa assicurare contributi positivi allo sviluppo della loro personalità ed eviti messaggi che possano danneggiarla, nel rispetto della CRC.
Il documento qui commentato riporta poi diverse iniziative poste in essere dall’Italia al fine di analizzare il rapporto tra media e giovani generazioni, incoraggiando l’adozione di appropriati comportamenti online, per la salvaguardia dei minori dal pericolo di incorrere in rischi quali: gioco d’azzardo, pornografia, furto di identità e violazione dei propri dati personali, partecipazione a condotte discriminatorie e di incitamento all’odio, violenza e cyberbullismo. I riferimenti riguardano il Libro bianco “Media e minori”, il progetto “Generazioni connesse”, l’istituzione del “Safe Internet Day”, alla campagna di comunicazione “Stop al Cyberbullismo” e, ancora, le Linee guida e il Piano nazionale per prevenire il bullismo e il cyberbullismo a scuola, entrambi varati nel 2015.
Con riguardo a quest’ultimo fenomeno va sottolineata l’adozione della legge n. 17 “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, del 29 maggio 2017, che rappresenta un risultato ragguardevole nel panorama europeo, salutato con favore anche dal Comitato stesso nelle ultime Osservazioni conclusive inviate all’Italia[7], nel quadro del processo di revisione periodica a cui si sottopongono gli Stati contraenti la CRC.
Il documento riporta un’analisi piuttosto dettagliata dei provvedimenti che la legge 71/2017 ha introdotto per reagire a casi di cyberbullismo, quali la richiesta di cancellazione o oscuramento dei contenuti impropri pubblicati on line da presentare all’Internet Service Provider e l’ammonimento del Questore al minore che ha commesso atti di bullismo e cyberbullismo.
La scelta di collocare la legge 71/2017 esclusivamente nella parte del documento dedicata alla tutela della privacy e dell’identità appare però non pienamente condivisibile. Data l’impostazione della Convenzione ONU sui diritti del minore, gli strumenti per la lotta al cyberbullismo avrebbero infatti trovato una più adeguata collocazione nel quadro delle attività volte a proteggere il minore da forme di violenza e sfruttamento sessuale. Il General Comment n. 13, adottato dal Comitato nel 2011[8], ha accolto infatti una nozione particolarmente ampia del concetto di violenza, includendo in questo anche condotte commesse da minori contro altri minori attraverso l’uso di tecnologie informatiche. In linea con questa lettura, nelle Osservazioni suddette, lo Stato italiano è stato invitato ad adottare a livello legislativo una definizione omnicomprensiva di violenza a danni del minore.
Ciò posto, sono diverse le iniziative italiane sul tema della tutela del minore da ogni forma di violenza degne di considerazione per la stesura del General Comment in oggetto. Tra esse, il documento presentato dall’Italia menziona soltanto la legge n. 38 del 6 febbraio 2006, “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo internet”.
Oltre a questa, si ritiene che sarebbe stato opportuno includere nel documento presentato dall’Italia la legge n. 172 del 1 ottobre 2012, che dà esecuzione alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale stipulata a Lanzarote il 25 ottobre 2007; il decreto legislativo n. 39 del 4 marzo 2014 "Attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile” e il decreto legislativo n. 212 del 15 dicembre 2015 “Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato”.
Dette fonti nazionali hanno introdotto nell’ordinamento interno standards di tutela dei diritti fondamentali del minore molto elevati. L’inclusione di questi atti nel documento italiano avrebbe così potuto offrire un piccolo ma comunque importante contribuito alla creazione di un consenso internazionale attorno alla necessità di assicurare una protezione particolarmente intensa al minore dalle forme di violenza più devastanti che questo può incontrare nel mondo digitale.
Nel documento viene poi data particolare rilevanza alle iniziative di supporto ai minori vittime di violenza, così come di studio e formazione dei genitori, degli insegnanti e del personale scolastico e di sensibilizzazione della società tutta, realizzate attraverso la collaborazione dei Ministeri competenti, dell’Autorità garante dell’infanzia, delle forze di Polizia e di diversi stakeholders nazionali (tra essi si menzionano, il progetto “CREATIVE”, la campagna “Progetto Blue Box”, l’iniziativa YOUPOLL APP).
Con riguardo alla protezione e alla gestione dei dati, l’Italia è soggetta al rispetto del diritto dell’Unione europea rilevante per detta materia. Segnatamente, si fa riferimento al Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE. Il documento presentato dall’Italia insiste nel rimarcare la rilevanza del ruolo del Garante nazionale per la protezione dei dati, istituito nel quadro del regolamento, e delle iniziative da questo promosse per la tutela della privacy e dei dati del minore.
Per quanto attiene al diritto all’istruzione nell’era digitale, il documento italiano richiama il “Piano nazionale scuola digitale”. Detto piano pluriennale, lanciato dal Ministro dell’Istruzione, è volto ad attuare una strategia omnicomprensiva per integrare la tecnologia nel sistema scolastico nazionale, sia in relazione alle infrastrutture, sia – e soprattutto – rispetto alla diffusione di una cultura digitale e di una preparazione ad hoc per gli insegnanti e il personale scolastico. Rispetto all’obiettivo di assicurare il godimento del diritto all’istruzione “digitale”, è doveroso osservare che le ambizioni e le pregevoli iniziative promosse dall’Italia in tale ambito, si scontrano con gravi difficoltà e carenze di tipo strutturale e sostanziale del sistema scolastico nazionale, a cui l’Italia è stata chiamata a porre fine nelle Osservazioni del Comitato suddette.
La garanzia della libertà di riunione è stata interpretata dall’Italia nel documento presentato come una manifestazione della partecipazione del minore ai processi decisionali a livello locale e centrale. In proposito, l’Italia ha dato conto, tra l’altro, del CoNNGI, un’associazione che racchiude in sé trentadue associazioni impegnate nella creazione di relazioni effettive tra i giovani e le istituzioni, al fine di comprendere meglio i reali bisogni dei minori.
Infine, per quanto attiene all’ambiente familiare, il riferimento contenuto nel documento è alla legge n. 147/2017, che ha provveduto alla creazione di una rete per la protezione e l’inclusione sociale; mentre, in relazione alla salute e al benessere si legge della redazione di reports da parte dell’Autorità nazionale per la protezione dei dati inerenti alla raccolta di informazioni sulla salute di bambini e adolescenti volte ad assicurare la protezione della salute pubblica.
Complessivamente, dalla lettura del documento emerge la propensione dell’Italia a mantenere un approccio omnicomprensivo alla tutela del minore online, privilegiando la collaborazione tra i diversi attori coinvolti – minori, genitori, insegnanti, autorità e industria – e promuovendo come strumenti privilegiati di intervento quelli della conoscenza, della formazione e della sensibilizzazione. Ciò posto, l’aspetto su cui l’Italia sembra poter offrire un maggior apporto nella redazione del General Comment on children’s rights in relation to the digital environment sembra essere quello del cyberbullismo rispetto al quale, oltre all’intervento del legislatore nazionale, si registra una diffusa attenzione e numerosi interventi multilaterali per la gestione del fenomeno, nelle diverse fasi in cui questo si manifesta.
Sarà quindi interessante seguire il processo di redazione del General Comment e apprezzare le opportune novità che esso apporterà nella lettura della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.
[1] Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, adottata e aperta alla firma dall’Assemblea generale delle Nazioni unite con risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989. La Convenzione è entrata in vigore il 2 settembre 1990.
[2] Si osservi che l’attenzione del Comitato al tema della tutela dei minori nell’ambiente digitale non è recente. Già nel Generale Comment n° 13 sulla tutela del minore da ogni forma di violenza, sono diversi i riferimenti ai rischi a cui il minore può incorrere nella rete.
[3] Art. 43, par. 1 della CRC.
[4] Art. 45, lett. D) CRC.
[5] N. Ando, General Comments/Recommendations, in The Max Planck Encyclopedia of Public International Law, OUP, 2011, p. 334.
[6] I documenti inviati in risposta alla concept note lanciata dal Comitato sono reperibili al sito: https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/CRC/Pages/GCChildrensRightsRelationDigitalEnvironment.aspx
[7] UN CRC, Concluding observations on the combined fifth and sixth periodic reports of Italy, CRC/CITA/CO/5-6, 28 febbraio 2019.
[8] UN CRC, General comment No. 13 (2011) The right of the child to freedom from all forms of violence, CRC/C/GC/13, 18 aprile 2011.