Il posto a disposizione delle Regioni nel diritto del Terzo Settore
Il Codice del Terzo Settore (d.lgs. 3 luglio 2017 n.117) ha realizzato una riforma complessiva della materia, che ha prodotto, quale principale effetto (di sistema) la conformazione della stessa secondo la fisionomia di un vero e proprio settore dell’ordinamento, recidendo i lacci che storicamente l’avevano legata ad una posizione ancillare (nel senso di sostanziale dipendenza) rispetto, soprattutto, al diritto civile e a quello tributario. Quest’operazione è avvenuta soprattutto attraverso la perimetrazione legislativa del settore, realizzata per mezzo della definizione soggettiva degli enti (del Terzo Settore) che lo compongono e degli elementi oggettivi da cui questa dipende (su tutti l’attività di interesse generale, art. 5 CTS).
L’esito della riforma (che non si esaurisce nel decreto legislativo n. 117, ma a cui contribuiscono anche altri atti primari – tra cui il decreto “impresa sociale” n. 112 del 2017 – e secondari – tra cui, ad esempio, il decreto “RUNTS” del Ministero del Lavoro n. 106 del 2016) è dunque, in termini essenziali ed estremamente generici, la creazione di uno spazio giuridico nel quale l’autonomia privata, in adempimento del principio di solidarietà e senza scopo di lucro, svolge attività di interesse generale, venendo al contempo, supportata da un intervento promozionale da parte dei pubblici poteri, e sottoposto ad obblighi di trasparenza e a forme di controlli ulteriori.