Legge regionale 9 dicembre 2020, n. 11 – Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d'Aosta in relazione allo stato di emergenza.
Il 9 dicembre 2020, in un contesto nazionale alle prese con la cosiddetta “seconda ondata” della pandemia, la Regione Valle d’Aosta approva la legge regionale n. 11, volta a introdurre una disciplina regionale in materia di gestione dell’emergenza sanitaria.
Fin dalla sua elaborazione, il testo legislativo regionale è oggetto di aspro dibattito, se non proprio di uno scontro politico, sia a livello regionale sia nei rapporti tra Stato e Regione. Per quanto riguarda il contesto regionale, la presentazione del disegno di legge da parte della Lega – principale partito di opposizione, composto da 11 consiglieri sui 35 totali dell’assemblea valdostana – e il suo endorsement da parte dell’Union Valdôtaine (UV) – una delle dei principali anime della nuova Giunta valdostana, insieme alla formazione di centro-sinistra Progetto Civico Progressista – crea una prima e quanto mai precoce spaccatura nella neonata maggioranza. Ciò è dovuto alla netta presa di posizione da parte del PCP in senso contrario al disegno di legge e alla conseguente approvazione dello stesso con voto favorevole, tra gli altri, dell’UV e della Lega. Il deposito del disegno di legge in materia di gestione dell’epidemia, senza una consultazione della controparte centrale (peraltro non dovuta in ambito di procedimento legislativo), esprime inoltre in modo un momento di alta tensione nei rapporti tra Stato e Regione (quantomeno a livello mediatico): la Regione, classificata in zona arancione (da rossa) in data 5 dicembre, lamenta gravi difetti di comunicazione e il disinteresse per le specifiche caratteristiche (soprattutto in relazione alla utilizzazione dei criteri per la classificazione territoriale) e le necessità del contesto valdostano da parte dello Stato.
Il testo di legge, oggi in buona parte annullato, era sostanzialmente redatto sul modello della legge provinciale n. 4 del 2020, approvata dalla Provincia di Bolzano in data 8 maggio 2020. Tale legge – in un quadro epidemiologico e politico (la c.d. “fase 2”) oggettivamente diverso da quello del dicembre 2020 e caratterizzato da un generale forte abbassamento della curva dei contagi – ha incardinato la gestione della crisi sanitaria nell’ambito delle competenze provinciali e permesso alla Provincia di governare autonomamente le misure di contrasto all’epidemia in svariati settori, tra cui quello commerciale e della ristorazione, oltre ad aver stabilito le modalità di recepimento delle misure nazionali nel contesto altoatesino-sudtirolese. Come risaputo, la legge non è stata oggetto di impugnazione da parte del Consiglio dei Ministri, sebbene questa fosse stata minacciata; essa, inoltre, ha costituito un fattore rilevante per la successiva regolamentazione a partire dalla c.d. “fase 2”, basata anche sulla differenziazione territoriale della risposta alla crisi sanitaria (decisa prevalentemente dal centro dopo una prima apertura alla competenza regionale nel periodo estivo, poi ridimensionata con successivi dd.ll.).
In modo del tutto simile a quello della gemella bolzanina, ma in un contesto epidemiologico diverso, la legge valdostana si proponeva di disciplinare «la gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 sul territorio regionale» e di introdurre «misure per la pianificazione della fase di ripresa e di rilancio dei settori maggiormente colpiti dall'epidemia» (art. 1, comma 1).
L’art. 2 recava, in primo luogo (commi 1-5), una serie di disposizioni di natura generale, che riproducevano le principali norme di comportamento adottate fin dallo scoppio della pandemia a livello nazionale e che confermavano la competenza statale in materia di «misure di informazione e prevenzione sull'intero territorio nazionale, per le disposizioni in materia di ingresso in Italia e per i transiti e i soggiorni di breve durata in Italia e per le ulteriori disposizioni specifiche per la disabilità».
In secondo luogo, erano presenti alcune norme volte a dettare la disciplina di specifiche attività: le attività sportive, di coltivazione, caccia, pesca e allevamento erano disciplinate direttamente e genericamente dalla legge (art. 2, commi 6-7). Lo stesso valeva per gli esami di idoneità per l’ottenimento della patente di guida (art. 2, comma 19), e, seppure in modo molto stringato, per le procedure concorsuali pubbliche e private (art. 2, comma 25: «Le procedure concorsuali pubbliche e private si svolgono qualora sia possibile garantire la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e con obbligo di coprirsi naso e bocca»). Per quanto riguarda gli eventi e le competizioni sportive, nonché le manifestazioni pubbliche, il testo (art. 2, commi 8-9), faceva rinvio, in modo non del tutto chiaro, alle «disposizioni emergenziali vigenti» (con tutta probabilità facendo riferimento a quelle statali, come il confronto con la legge di Bolzano pare fare emergere), ferma restando la possibilità di autorizzare eventi con ordinanza del Presidente della Giunta regionale e fatta eccezione per gli eventi ecclesiastici o religiosi. Anche in ambito scolastico – e, in modo simile, per il servizio di trasporto pubblico di linea (art. 2, comma 20) – la legge prevedeva l’applicazione della «normativa statale emergenziale in vigore», sebbene siano «fatti salvi ulteriori interventi normativi regionali» (art. 2, comma 18).
Il cuore della legge era, però, costituito dalle disposizioni di cui all’art. 2, commi 10-17 e 24. Riprendendo pedissequamente il testo della l.p. n. 4 del 2020, i commi 11-17 consentivano la ripresa di tutte le attività economiche, artistiche, culturali e turistiche nel territorio valdostano, a condizione che venisse garantito «un adeguato rapporto tra superficie e persone, al fine di garantire il rispetto delle distanze interpersonali di sicurezza e deve essere altresì assicurato che gli ingressi avvengano in modo dilazionato» (art. 2, comma 10); ciò doveva essere assicurato dai «protocolli di sicurezza vigenti, sino alla cessazione dello stato di emergenza dichiarato a livello statale». In relazione ai protocolli, l’art. 4, comma 2, prevede inoltre che: «La Giunta regionale, d'intesa con le parti sociali, adotta idonei protocolli di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 in relazione allo svolgimento in sicurezza delle attività di cui all'articolo 2». Questa disposizione introduceva un elemento di confusione: la previsione di altri specifici protocolli regionali oltre ai «protocolli vigenti» (modellati a livello nazionale e regionale in modo coordinato da parte di Stato e Regioni) pareva implicare che quelli esistenti non fossero ritenuti idonei; tuttavia, questi ultimi sarebbero stati comunque applicati nel tempo necessario per approvare i nuovi protocolli, non deliberati dalla Giunta in concomitanza con l’entrata in vigore della legge.
Le disposizioni contenute nei commi 10-17 vanno lette in combinato disposto con il comma 24, che sancisce che «L'eventuale sospensione delle attività di cui ai commi da 11 a 19 [comprese dunque anche le attività scolastiche] è disposta, in caso di necessità inerenti all'andamento dell'emergenza sanitaria, dal Presidente della Regione […]». Pertanto, con riferimento a queste misure, non è corretto affermare che la legge abbia previsto la ripresa indiscriminata delle descritte attività nel territorio valdostano – circostanza che, del resto, non si è mai verificata, tenendo conto che l’ordinanza n. 552 del 11 dicembre 2020 ha sostanzialmente rimodulato le misure legislative regionali e le ha riavvicinate a quelle nazionali (sebbene, si noti, “anticipando” di qualche giorno le misure valide per la “zona gialla”). È invece tecnicamente condivisibile ritenere che, come successivamente riconosciuto (e condannato) dalla Corte costituzionale, la legge avesse introdotto una sequenza decisionale regionale alternativa – ma non per questo geneticamente contrapposta, diversamente da quanto politicamente e mediaticamente emerso – a quella statale. Il modello descritto è confermato anche dalla previsione di cui all’art. 2, comma 22 (ancora basato sull’esempio bolzanino), ove sancisce che: «Qualora a livello nazionale siano previste mitigazioni delle misure di contrasto alla diffusione del virus, queste possono essere recepite con ordinanza del Presidente della Regione».
Va, da ultimo, segnalato l’art. 3, non annullato, che prevede la costituzione di una «Unità di supporto e coordinamento per l'emergenza COVID-19», la cui composizione è molto diversa da quella della corrispondente commissione di esperti prevista dalla l.p. n. 4 del 2020. Se la legge provinciale di Bolzano istituisce un gruppo di esperti altamente tecnico con competenze specifiche in materia di epidemiologia, virologia, statistica, igiene e sanità pubblica, quella valdostana, diversamente, crea un gruppo di supporto politico-amministrativo che vede tra i suoi membri un solo medico «con esperienza nelle maxi emergenze», salva la presenza di eventuali altri soggetti, su invito del Presidente della Regione.
In data 21 dicembre 2020, il Governo deposita ricorso contro la l.r. n. 11 del 2020 presso la Corte costituzionale, chiedendone inoltre la sospensione cautelare.
In precedenza, però, lo stesso ha già richiesto la sospensione cautelare e l’annullamento della citata ordinanza n. 552 del 2020 (relativamente alla parte ove prevede la riapertura parziale dei ristoranti in modo corrispondente a quanto previsto per la “zona gialla”) presso il TAR Valle d’Aosta. Il giudice amministrativo, con decreto pubblicato in data 18 dicembre, non concede la sospensione dell’ordinanza, «atteso che l’ordinanza del Presidente della Regione n. 552 dell’11 dicembre 2020 solo oggi [17 dicembre] impugnata è destinata a spiegare effetti solo nelle giornate di domani e dopodomani [18-19 dicembre, dal 20 dicembre la Regione sarebbe stata riqualificata in “zona gialla”] e che il provvedimento è attuativo di una legge regionale, la n. 11 del 2020, in ordine alla quale il Governo non ha ancora deliberato l’impugnativa avanti alla Corte Costituzionale» e soprattutto, tenendo conto che «[…] l’ordinanza impugnata prescrive limitazioni più stringenti della normativa” e che vi è “il rischio che la sospensione dell’ordinanza gravata ripristini la più ampia e liberale disciplina dettata dalla menzionata legge». La vicenda processuale in sede amministrativa successivamente si risolve con la rinuncia al ricorso da parte del Consiglio dei Ministri, a seguito della riclassificazione della Regione in “zona gialla”.
Come anticipato, mediante ricorso depositato in data 21 dicembre il Governo impugna la l.r. n. 11 del 2020, sostenendo l’incostituzionalità sia di diverse disposizioni della legge sia della legge nel suo complesso. Il ricorrente ritiene infatti che la Regione, attraverso il provvedimento legislativo impugnato, abbia ecceduto le proprie competenze e violato la competenza esclusiva statale in materia di profilassi internazionale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. q, Cost.
La vicenda costituzionale è di significativo rilievo per diversi motivi. In primo luogo, essa rappresenta la prima controversia attinente ai rapporti tra Stato e Regioni nella gestione della crisi sanitaria che giunge in questa sede, rivestendo pertanto una particolare importanza anche in relazione a tutte le eventuali questioni future in materia.
Un secondo aspetto di interesse è la pronuncia in merito all’istanza di sospensione della legge regionale, che costituisce ad oggi l’unico caso in assoluto di accoglimento a partire dall’introduzione dello strumento con legge 5 giugno 2003, n. 131. L’ordinanza n. 14 gennaio 2021, n. 4 è dunque un unicum che suscita interesse (e riflessioni critiche) in relazione al percorso argomentativo condotto, sia dal punto di vista dell’impostazione delle motivazioni sia da quello del loro contenuto. Per quanto riguarda il percorso argomentativo, tale ordinanza conferma quanto la stessa Corte aveva già esplicitato in passato nell’ord. 18 marzo 2010, n. 107: l’accoglimento di una istanza di sospensione deriva dalla sussistenza del requisito del periculum in mora – consistente nel «rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini» (art. 35, l. 11 marzo 1953, n. 87) – e del fumus boni iuris – non esplicitato dalla l. n. 87 del 1953 ma connaturato al giudizio cautelare – che implica una valutazione preliminare dell’apparente fondatezza del ricorso.
In relazione al contenuto delle motivazioni, diversi commentatori hanno sollevato alcune questioni critiche. Viene invero osservata una certa laconicità della motivazione, soprattutto in punto di sussistenza del fumus boni iuris, risolto con la semplice affermazione della competenza statale in materia di profilassi internazionale. Inoltre, è stato rilevato come, in riferimento al periculum in mora, non sia stata condotta una valutazione comparativa delle conseguenze della sospensione e della mancata sospensione sul modello del c.d. Abwägungsmodell del Bundesverfassungsgericht, fatto proprio dall’ord. n. 107 del 2010. Tale svolgimento sarebbe stato di particolare interesse, posta anche l’esistenza concreta di una situazione equivalente in atto nella Provincia di Bolzano. La scelta della Corte pare essere diretta conseguenza della precisa e perentoria impostazione adottata dalla Corte in merito a questa vicenda, confermata dalla successiva sentenza. Invero la Corte afferma che «la legge regionale impugnata, sovrapponendosi alla normativa statale, dettata nell’esercizio della predetta competenza esclusiva, espone di per sé stessa al concreto e attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità, per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore; il che prescinde dal contenuto delle ordinanze in concreto adottate». Pertanto, è l’instaurazione di una sequenza decisionale alternativa a quella che fa capo allo Stato (titolare di una competenza esclusiva in materia), a prescindere dalla concreta disciplina adottata, a costituire la principale causa di illegittimità costituzionale della legge.
Date le premesse dell’ordinanza di sospensione, la sentenza giunge come una fine annunciata e prevedibile della controversia costituzionale. I principali passaggi argomentativi della sentenza, che “salva” alcune disposizioni di limitata rilevanza, ruotano attorno all’affermazione di una competenza esclusiva dello Stato nella predisposizione di una disciplina atta a «contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla», in quanto ricadente nella materia di cui all’art. 117, secondo comma, lett. q, Cost, alla luce della (innovativa) interpretazione datane dalla Consulta.
Il ragionamento della Corte si muove in due precise direzioni: da una parte, essa estende la materia «profilassi internazionale» oltre i confini nei quali era stata interpretata fino a quel momento, includendo in essa la predisposizione delle misure volte a contrastare malattie altamente contagiose; dall’altra, definisce alcune caratteristiche di questo titolo di competenza esclusiva (specialmente quando esercitato per rispondere a un’emergenza pandemica) e, in definitiva, lo “impermeabilizza” rispetto a eventuali interventi regionali. A partire da queste premesse, l’illegittimità della disciplina regionale risulta come una logica conseguenza, per il semplice fatto di aver introdotto una disciplina alternativa a quella prevista dall’unico soggetto competente.
Nello specifico, una prima parte delle motivazioni riconduce la gestione di emergenze sanitarie di portata nazionale e internazionale alla competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lett. q. Ciò avviene mediante un limitato richiamo alla propria pregressa giurisprudenza (Cons. dir. n. 7) e un ampio ventaglio di argomentazioni che sostengono la necessità «logica prima che giuridica» (Cons. dir. n. 7.1) di una gestione unitaria della pandemia, cercando una conferma di questa impostazione nei principi che stanno alla base del «disegno costituzionale» del «governo delle emergenze» in Italia (Cons. nn. 7.1-8.1).
In seguito, la Corte esprime una sostanziale approvazione del sistema delle fonti per la gestione della crisi sanitaria così come predisposto a livello centrale, legittimando e accogliendo l’architettura definita dal legislatore statale che, «posto a confronto con un’emergenza sanitaria dai tratti del tutto peculiari», ha scelto «di introdurre nuove risposte normative e provvedimentali tarate su quest’ultima» (Cons. n. 9).
Da ultimo, nell’accogliere quasi tutte le censure di incostituzionalità – poiché le disposizioni della legge valdostana «surrogano la sequenza di regolazione disegnata dal legislatore statale appositamente per la lotta contro la malattia generata dal nuovo COVID-19, imponendone una autonoma e alternativa» (Cons. dir. n. 10) – essa conferma e rafforza le considerazioni relative alla competenza dello Stato. Invero, quest’ultima pare assumere le sembianze di un titolo competenziale «esclusivamente esclusivo», come già riscontrabile nella prima parte, ove la Corte aveva definito la materia «profilassi internazionale» come non avente «tratti di trasversalità» avendo essa «un oggetto ben distinto, che include la prevenzione o il contrasto delle malattie pandemiche, tale da assorbire ogni profilo della disciplina» (Cons. dir. n. 7). Tale impostazione viene ribadita sostenendo che: le competenze regionali sono da ritenersi «recessive rispetto all’interesse prevalente di profilassi internazionale» (Cons. dir. n. 11); «non vi può essere in definitiva alcuno spazio di adattamento della normativa statale alla realtà regionale, che non sia stato preventivamente stabilito dalla legislazione statale; unica competente sia a normare, la materia in via legislativa e regolamentare, sia ad allocare la relativa funzione ammnistrativa, anche in forza, quanto alle autonomie speciali, del perdurante principio del parallelismo» (Cons. dir. n. 12); un’eventuale disciplina regionale può essere messa in atto solamente «per mezzo di atti amministrativi, in ragione della loro flessibilità, e non grazie all’attività legislativa regionale».
Senza volersi inoltrare in una valutazione critica del complesso della sentenza descritta, nella quale già diversi studiosi si stanno proficuamente cimentando, si vuole in questa sede dare conto di un solo profilo meritevole di attenzione: pare invero trasparire dal testo della sentenza una certa, netta e perentoria impostazione, sintetizzabile nell’idea dell’esistenza di un nesso tra la razionalità e l’unità del governo dell’emergenza, espresso al Cons. dir. 7.1. Un assioma che l’esperienza comparata pare mettere quantomeno in discussione.
Legge regionale 3 dicembre 2020, n. 10 – Riconoscimento dei debiti fuori bilancio della Regione, ratifica di variazioni di bilancio e altri interventi urgenti
Con la l.r. n. 10 del 2020 sono approvati i debiti fuori bilancio della Regione, secondo quanto disposto dall’art. 73, comma 1, lett. a), del d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
Legge regionale 9 dicembre 2020, n. 11 – Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d'Aosta in relazione allo stato di emergenza.
La legge – sospesa in via d’urgenza in data 14 gennaio 2021 – è oggetto di specifica analisi in una scheda ad hoc della presente rubrica.
Legge regionale 21 dicembre 2020, n. 12 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2021/2023). Modificazioni di leggi regionali; Legge regionale 21 dicembre 2020, n. 13 – Bilancio di previsione finanziario della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste per il triennio 2021/2023; Legge regionale 21 dicembre 2020, n. 14 – Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale per il triennio 2021/2023. Modificazioni di leggi regionali e altre disposizioni.
Si segnala l’approvazione della manovra finanziaria regionale. Il bilancio regionale per il 2021 pareggia sulla cifra di circa due miliardi, nettamente più alta rispetto alle cifre riferite alle annualità 2022 e 2023 (rispettivamente 1,21 e 1,22 miliardi di euro). Ciò è dato dall’estinzione del prestito obbligazionario emesso dalla Regione per l’acquisto delle centrali idroelettriche dell’ENEL presenti sul territorio regionale (che ha permesso alla Regione di diventare autonoma nella gestione delle acque e delle risorse che ne derivano).
In generale, la manovra finanziaria non reca contenuti particolarmente innovativi e si pone in continuità con le previsioni di bilancio della scorsa legislatura (approvate dopo due mesi di esercizio provvisorio). Ciò è, in primo luogo, dato dal fatto che essa è stata approvata in un periodo molto critico da un punto di vista politico. Invero, a seguito delle elezioni regionali tenutesi tra il 20 e il 21 settembre 2020, le trattative per la costituzione di una giunta sono durate quasi un mese. L’insediamento del governo regionale è avvenuto il 21 ottobre, ad appena dieci giorni dal termine indicato dal d.lgs. n. 118 del 2011 per la presentazione dei disegni di legge di bilancio, di legge finanziaria (o di stabilità) e degli eventuali collegati. Una seconda ragione che soggiace all’approvazione di una manovra definita “tecnica” dagli stessi relatori è data dalla volontà di garantire la continuità della macchina regionale nel periodo emergenziale che anche la Valle d’Aosta sta vivendo. Invero lo spettro dell’esercizio provvisorio di bilancio, concretizzatosi nella scorsa legislatura, avrebbe potuto avere conseguenze molto gravi.
Per quanto riguarda i contenuti della legge finanziaria (o legge di stabilità), va notato che essa incide in materia di: rinvio della maggiorazione regionale IRAP (misura dettata da ragioni di contrasto delle conseguenze economiche della crisi sanitaria); rientro di fondi dalla società finanziaria regionale al fine di ottenere risorse per la gestione dell’emergenza epidemiologica; dotazioni organiche regionali, procedure selettive, accesso alla qualifica dirigenziale; finanza locale; spesa sanitaria; interventi in materia di sviluppo economico.
Legge regionale 21 dicembre 2020, n. 15 – Disposizioni urgenti per permettere la revisione degli ambiti territoriali sovracomunali di cui all'articolo 19 della legge regionale 5 agosto 2014, n. 6, nonché il correlato conferimento dei nuovi incarichi ai segretari degli enti locali. Modificazioni alla legge regionale 24 settembre 2019, n. 14.
La l.r. n. 15 del 2020 costituisce un intervento normativo “ponte”, nelle more di una revisione complessiva della disciplina dell’esercizio associato delle funzioni comunali e della normativa in materia di segretari di enti locali, che dovrebbe avere luogo, come previsto dalla stessa legge, entro la fine dell’anno 2021. L’approvazione della legge risponde a istanze di rimodulazione provenienti dagli enti locali valdostani e accoglie inoltre le conclusioni di una recente pronuncia della Corte costituzionale in materia (sent. n. 33 del 2019), la quale afferma, tra le altre cose, la necessità di un certo grado di flessibilità nella disciplina delle funzioni associate obbligatorie dei Comuni. Nel dichiarare illegittimo l’art. 14, comma 28, del d.lgs. n. 78 del 2010, la Corte ha invero affermato che eccessivi vincoli e rigidità in materia di obblighi associativi siano in contrasto con gli artt. 5 e 114 Cost.
Per quando riguarda l’esercizio associato delle funzioni comunali, la legge interviene modificando la l.r. n. 6 del 2014, la quale prevede (art. 2) diversi livelli di esercizio associato obbligatorio di funzioni e servizi comunali: a. l’ambito territoriale regionale; b. l’ambito territoriale sovracomunale per il tramite delle Unités de Communes valdôtaines; c. l’ambito territoriale sovracomunale, mediante convenzioni tra enti locali. All’ambito territoriale comunale erano dunque riservate funzioni residuali.
La l.r. n. 15 del 2020 incide sulla categoria di cui al punto c., che riguarda le seguenti funzioni comunali: organizzazione generale dell'amministrazione comunale, ivi compreso il servizio di segreteria comunale; gestione finanziaria e contabile, ad eccezione dell'accertamento e della riscossione volontaria e coattiva delle entrate tributarie e dell'accertamento e della riscossione coattiva delle entrate patrimoniali; edilizia pubblica e privata, pianificazione urbanistica, manutenzione dei beni immobili comunali; polizia locale; biblioteche. Essa prevede, all’art. 2, delle deroghe all’obbligo di esercizio associato in favore dei Comuni valdostani che hanno una popolazione superiore ai 2000 abitanti (comma 1) e di quelli che, pur avendo una popolazione inferiore ai 2000 abitanti, sono considerati turistici (secondo una stima del loro tasso di ricettività, comma 2). Inoltre, il comma 3 del medesimo articolo abroga ulteriori rigidità presenti nella l.r. n. 6 del 2014; invero, vengono meno due condizioni precedentemente previste per stipulare una convenzione, ossia la contiguità dei Comuni e l’appartenenza alla stessa Unité de Communes valdôtaines.
La seconda parte della legge disciplina – nuovamente, in attesa di una riforma complessiva della materia – il conferimento degli incarichi di segretario di ente locale.
Legge regionale 3 febbraio 2021, n. 1 – Disciplina in materia di Avvocatura regionale. Modificazioni alla legge regionale 15 marzo 2011, n. 6 (Istituzione dell'Avvocatura regionale).
L’approvazione della l.r. n. 1 del 2021 permette all’ordinamento regionale di adeguarsi alla disciplina nazionale in materia di ordinamento della professione forense (l. 247 del 2012, in part. art. 23). La legge pertanto traspone in ambito regionale le norme nazionali, le quali, tra le altre cose, prevedono che gli avvocati dipendenti di enti pubblici siano iscritti in un elenco speciale e che ad essi siano garantiti piena autonomia e un trattamento economico adeguato.
Legge regionale 3 marzo 2021, n. 2 – Ulteriore finanziamento delle agevolazioni tariffarie straordinarie per il trasporto pubblico locale correlate all'emergenza COVID-19.
Con la l.r. n. 2 del 2021 viene prorogata (e finanziata) sino al 30 aprile 2021 la gratuità del trasporto pubblico su gomma e su ferro nel territorio regionale, originariamente prevista per il periodo primo giugno 2020 - 28 febbraio 2021 dall’art. 69, comma 1, della l.r. n. 8 del 2020.