Dei presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco (1/2022)

CONS. STATO, sez. II, 20 dicembre 2021, n. 8438

Il potere di ordinanza del Sindaco, che ha il suo più remoto antecedente nell'art. 153 del r.d. n. 148 del 1915, è legato ai caratteri dell'eccezionalità e dell'urgenza, per come delineati dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale. Il suo esercizio presuppone cioè il dover fronteggiare situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da una istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, perché solo tale contesto consente di giustificare la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, fermo restando il rispetto della Costituzione e dei principi generali dell'ordinamento giuridico.

L'art. 50 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, T.u.e.l., disciplina dunque i poteri di ordinanza del Sindaco quale organo di vertice dell'amministrazione locale, ancorandoli ad emergenze sanitarie o di igiene pubblica ovvero "all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche". L'art. 54 del medesimo Testo unico, a sua volta, declina i medesimi poteri, ma in qualità di ufficiale di governo, dettati dall'esigenza di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana (comma 4); ovvero, ma con contenuto limitato agli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, da quella di far fronte ad esigenze, comunque emergenziali, connesse con il traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico (comma 6).
La necessità di un sempre più intenso coinvolgimento degli Enti territoriali nelle scelte di governo della sicurezza del territorio in applicazione di basilari principi di sussidiarietà, ha portato ad una continua incisione dello strumento, valorizzandone ora un aspetto, ora l'altro, nell'intento comune di enfatizzare il ruolo centrale dei Sindaci, primi destinatari delle istanze di tutela dei cittadini del proprio territorio. È da dire tuttavia che a tali novelle legislative ha spesso corrisposto un'abnorme proliferazione del ricorso al relativo strumento, con conseguente incremento anche del contenzioso, il che ha consentito di fissare taluni punti fermi in ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto e di quelli di legittimità, ovvero i requisiti di contingibilità e urgenza, cui si assomma comunque il doveroso rispetto dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza dell'intervento.
Di ciò è recente prova nell'utilizzo che se ne è fatto in occasione della crisi sanitaria in corso, con fughe in avanti rispetto alle scelte nazionali, che il giudice amministrativo ha dovuto riportare ad omogeneità attraverso un'operazione ermeneutica di bilanciamento degli interessi coinvolti, comunque da ricondurre sotto l'egida della tutela della profilassi internazionale, di esclusiva competenza statale ex art. 117, comma 2, lettera q) della Costituzione (v. Corte cost., 24 febbraio 2021, n. 37. Da ultimo, si è perfino "riesumato" l'assai poco praticato potere di controllo sugli atti degli Enti locali di cui all'art. 138 del T.u.e.l., esercitato dal Ministero dell'Interno nei confronti del Sindaco di Messina, che con ordinanza contingibile e urgente ha inteso sottoporre a registrazione ogni accesso in Sicilia per il tramite del proprio porto, avallato dal Consiglio di Stato con il "previo parere" della Sez. I n. 735 del 7 aprile 2020).
I confini tra l'una e l'altra tipologia di ordinanza non sempre si palesano di immediata percepibilità, stante che un contesto di pericolo può attingere a vari fattori causali e minacciare plurimi interessi pubblici. Si pensi a tutte le situazioni di degrado ascrivibili all'attuale nozione di "sicurezza urbana", che seppure ormai univocamente ricondotta al più ampio genus della sicurezza pubblica, di appannaggio dello Stato, in un'accezione più ampia e non tecnica, abbraccia anche fenomeniche di disturbo della "vivibilità" cittadina, la cui tutela compete invece in esclusiva ai Comuni. Senza approfondire oltre una tematica che ha attraversato trasversalmente i dibattiti dottrinari sin dalla sua originaria consacrazione a livello normativo nel d.l. 23 maggio 2008, n. 92, cui ha dato attuazione il decreto ministeriale del 5 agosto 2008, dopo plurimi interventi del giudice delle leggi (a partire dalla sentenza n. 196 del 24 giugno 2009), è infatti ormai chiaro che essa in senso proprio non rappresenta altro, appunto, che la declinazione a livello locale della sicurezza pubblica; nel contempo però al relativo termine si può accedere per riassumere ogni iniziativa di ricerca della migliore vivibilità dei centri urbani e di una ordinata e civile convivenza negli stessi, per il raggiungimento delle quali sono coinvolti diversi livelli territoriali e governativi che attuano politiche integrate (in ambito sociale, sanitario, edilizio, ecc.), tradizionalmente e di regola di competenza legislativa residuale regionale.
Il legislatore dunque, nel trattare i poteri di ordinanza del Sindaco quale ufficiale di governo, contrappone, nella nota endiadi definitoria, la tutela della incolumità pubblica (già "dei cittadini") a quella della sicurezza urbana (non più della sicurezza pubblica), per l'evidente ragione che nella declinazione dei poteri del vertice dell'amministrazione locale, la sicurezza pubblica è ontologicamente sicurezza urbana, siccome circoscritta ad un territorio limitato. E tuttavia richiama ancora quella della "vivibilità cittadina" nella formulazione dell'art. 50, con ciò immaginando fenomeni di degrado diversi da quelli tipizzati ora nel comma 4 bis dell'art. 54, che attengono per lo più a fattispecie di rilevanza penale, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, l'illecita occupazione di spazi pubblici, o la violenza, anche legata all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti.
Eguale sovrapposizione si ha se si confronta il riferimento alle esigenze di tutela del riposo e della tranquillità dei residenti, di cui all'art. 50, comma 5, con le esigenze di tutela dall'inquinamento acustico, previste all'art. 54, comma 6, in entrambi i casi per lo più orientate su interventi limitativi dell'orario di determinate attività produttive.
La descritta esistenza di zone chiaroscurali, all'interno delle quali le esigenze di tutela possono anche sovrapporsi, giustifica ed esplicita la necessità di dare rilievo comunque alla riferibilità formale dell'atto al Sindaco che lo adotta, a prescindere dalla veste utilizzata, non venendo mai meno la sua posizione di soggetto incardinato nel complesso organizzativo dell'ente locale, dei cui uffici si avvale per l'istruttoria, finalizzata finanche al preventivo inquadramento dell'atto. Da qui la ritenuta individuazione solo nello stesso o comunque anche nello stesso del contraddittore necessario nel giudizio impugnatorio delle relative ordinanze (cfr. e plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2221).

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