I. L'adozione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (nel prosieguo anche PNRR) e la recente revisione degli articoli 9 e 41 Cost. rappresentano l’occasione per riproporre all’attenzione del dibattito giuspubblicistico il fenomeno della rigenerazione urbana, nelle sue finalità e negli strumenti a questo riconducibili. Una importante prospettiva d’indagine, attraverso cui è possibile tracciare le linee di tendenza dell’anzidetto fenomeno, è rappresentata dalla produzione normativa primaria delle Regioni.
In generale, si definiscono processi di rigenerazione urbana quegli interventi ovvero quelle azioni riconducibili massimamente all’urbanistica (M. Pacelli, La pianificazione urbanistica nella Costituzione, Milano, 1966, 10) che, andando a incidere sul disegno della città, sono volti primariamente al recupero e al riuso dell’esistente, con l’obiettivo dichiarato di preservare le risorse naturali e promuovere, altresì, l’inclusione e la coesione sociale (cfr. G.F. Cartei, Rigenerazione urbana e governo del territorio, in Istituzioni del federalismo, 3/2017, p. 6093 ss.).
Tali processi, la cui centralità caratterizza anche gli impegni assunti a livello internazionale (v. Agenda ONU 2030, in particolare l’obiettivo 11 “Make cities and human settlements inclusive, safe, resilient and sustainable”), sono ritornati all’attenzione della dottrina.
Tuttavia, la disciplina della rigenerazione urbana non è nuova. I legislatori regionali, infatti, – nel contesto della competenza concorrente del governo del territorio, e alla luce delle frammentarie indicazioni del legislatore nazionale (v. d.P.R. n. 380/2001) – hanno da tempo incorporato, soprattutto nelle diverse leggi urbanistiche, disposizioni volte alla promozione dei processi di rigenerazione urbana, spesso con l’espressa volontà di perseguire finalità variamente sociali.
Non va dimenticato, poi, che è in corso di discussione alla IIIª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) in sede referente del Senato della Repubblica un disegno di legge sulla rigenerazione urbana, in merito al quale le Regioni, con nota n. 21/40/CR06bis/C4 adottata dalla Conferenza delle Regioni l’8 aprile 2021, hanno espresso una posizione critica, specie con riguardo alla questione della necessaria salvaguardia di quella corposa normativa regionale che nel tempo è andata a disciplinare il fenomeno della rigenerazione urbana.
II. Da una ricerca effettuata sul motore Normattiva al 9 luglio 2022, impiegando il sintagma “rigenerazione urbana”, si rinvengono numerose leggi, che di seguito si elencheranno seguendo l’ordine cronologico (tale criterio è seguito anche in Y. Guerra, La rigenerazione urbana integrata come strumento di inclusione e promozione sociale, in T.F. Giupponi, A. Arcuri (a cura di), Sicurezza integrata e welfare di comunità, Bologna, 2022, pp. 115-134).
Nella disamina, sono esclusi i riferimenti saltuari all’anzidetto fenomeno qualora contenuti in leggi afferenti a tematiche non omogenee rispetto al tema della rigenerazione, sebbene non possa revocarsi in dubbio – come precisato nell’incipit di tale nota – che la rigenerazione urbana sia veicolo di ulteriori politiche distinte dal mero ordinamento urbanistico del territorio. In tal senso, è utile il riferimento alla l. r. Friuli-Venezia-Giulia, n. 5/2021 recante “Disciplina in materia di politiche integrate di sicurezza e ordinamento della polizia locale” all’interno della quale il fenomeno della rigenerazione urbana è inteso come strumento volto a favorire condizioni di maggiore sicurezza e fruibilità degli spazi pubblici (art. 6, comma 2 lett. j). O, ancora, la l. r. Lazio, n. 9/2020 che “allo scopo di favorire lo sviluppo economico e il ripopolamento dei piccoli comuni e agevolare la loro rigenerazione urbana, [istituisce] il reddito di residenza attiva […] per coloro che intendono trasferire la propria residenza e domicilio in uno dei comuni della Regione con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e che, nel medesimo comune, intendono avviare un’attività imprenditoriale o recuperare, anche a fini abitativi, beni immobili appartenenti al patrimonio storico e culturale” (art. 7, comma 1).
Sono invece provvedimenti organici sulla rigenerazione urbana i seguenti.
1) L’ultima legge regionale che, in ordine di tempo, è entrata in vigore è e la l. r. Calabria, n. 24/2022 del 7 luglio 2022, in cui si definisce la rigenerazione urbana e territoriale come “lo strumento finalizzato a promuovere il governo sostenibile del territorio, a contenere il consumo del suolo, al recupero del patrimonio costruito per migliorarne la qualità non solo urbana, edilizia-architettonica ma anche territoriale, paesaggistica e ambientale, l’efficienza energetica e idrica, la sicurezza sismica e la dotazione tecnologica, per favorire la promozione di politiche urbane integrate e sostenibili, per il perseguimento della coesione sociale, della tutela dell’ambiente e del paesaggio e della salvaguardia delle funzioni ecosistemiche del suolo”. Tra i vari profili di novità che emergono dalla lettura dell’anzidetto atto, merita particolare attenzione il riferimento alle nuove tecnologie. Si rinvengono, infatti, richiami espressi alla promozione delle smart cities (art. 1, comma 2, lett. m) e della smart grid (art. 4, comma 4 , lett. a), ciò, tuttavia, senza chiarire i necessari profili applicativi con precipuo riguardo al primo fenomeno.
2) La Regione Veneto ha adottato la propria legge sulla rigenerazione urbana nel 2021 (l. r. Veneto, n. 19/2021 recante “Semplificazioni in materia urbanistica ed edilizia per il rilancio del settore delle costruzioni e la promozione della rigenerazione urbana e del contenimento del consumo di suolo – ‘Veneto cantiere veloce’”). Tale legge, che va a incidere, con misure puntuali riferite a svariati settori, su altre leggi regionali, non ha carattere organico e sembra rivolta, già dalla lettura delle sue finalità, alla promozione del settore delle costruzioni. Lo stesso può dirsi per la l. r. Veneto, n. 17/2021. Non va dimenticato poi che la Regione Veneto accompagna al sintagma rigenerazione urbana il lemma sostenibile (l. r. n. 14/2017 che modifica l. r. n. 11/2004 sul consumo di suolo) che, allo sguardo dello studioso può apparire come una (inutile) ripetizione giacché le pratiche di rigenerazione urbana, per come definite a livello globale e statale, rappresentano una esemplificazione delle procedure che in concreto si possono mettere in campo per promuovere la sostenibilità.
3) La l. r. Marche, n. 14/2021 recante “Disposizioni in materia di rigenerazione urbana e attività edilizia. Modifiche alla legge regionale 23 novembre 2011, n. 22 e alla legge regionale 8 ottobre 2009, n. 22”.
4) La l. r. Lombardia, n. 18/2019 recante “Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonché per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali” (v., anche Corte cost., sent. n. 202/2021). Per la Regione, con rigenerazione urbana s’intende quell’insieme di interventi “[…] urbanistico-edilizi e di iniziative sociali che possono includere la sostituzione, il riuso, la riqualificazione dell’ambiente costruito e la riorganizzazione dell’assetto urbano attraverso il recupero delle aree degradate, sottoutilizzate o anche dismesse, nonché attraverso la realizzazione e gestione di attrezzature, infrastrutture, spazi verdi e servizi e il recupero o il potenziamento di quelli esistenti, in un’ottica di sostenibilità e di resilienza ambientale e sociale, di innovazione tecnologica e di incremento della biodiversità dell’ambiente urbano” (art. 2, comma 1, lett. a). Tale nozione sembra confermare – o meglio anticipare – una lettura integrata e sistematica della rigenerazione, la cui concreta applicazione, in termini di attività e processi, involve ricadute non soltanto sull’ambiente ma anche riguardanti il tessuto sociale urbano.
5) La l. r. Liguria, n. 23/2018 recante “Disposizioni per la rigenerazione urbana e il recupero del territorio agricolo” (v. anche le Linee di indirizzo elaborate dalla Giunta di cui all’art. 14 della l. r. 23/2018).
6) La l. r. Piemonte, n. 16/2018 recante “Misure per il riuso, la riqualificazione dell'edificato e la rigenerazione urbana”.
7) La l. r. Emilia-Romagna, n. 24/2017 recante “Disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio”, in particolare si v. il Capo II “Promozione del riuso e della rigenerazione urbana”. Detto capo, che individua quelle misure volte alla promozione delle iniziative di rigenerazione urbana, contempla, altresì, la disciplina dei cd. usi temporanei (art. 16) e la promozione della progettazione partecipata (art. 17).
8) La Regione Lazio che, con l. r. n. 7/2017 recante “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio”, chiarisce come attraverso gli interventi di rigenerazione urbana si perseguano obiettivi dichiaratamente non limitati al disegno della città, arrivando a indicare pure quello “[…] di migliorare la qualità della vita dei cittadini, […] comprendente, quindi, aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi, anche per promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociali ed economici, favorendo forme di co-housing per la condivisione di spazi ed attività” (art. 1, comma 1, lett. a).
9) La l. r. Toscana, n. 65/2014 recante “Norme per il Governo del territorio”, in particolare il Capo III “Disposizioni volte ad incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e per la rigenerazione delle aree urbane degradate”.
10) La l. r. Puglia, n. 21/2008 recante “Norme per la rigenerazione urbana”. Questa legge, la prima, per lo meno organicamente, che si dedica in maniera univoca al tema della rigenerazione, chiarisce, all’art. 1, le finalità. Colpisce in tal senso, la concentrazione sui cd. ambiti periferici e marginali “interessati da carenza di attrezzature e servizi, degrado degli edifici e degli spazi aperti e processi di esclusione sociale, ivi compresi i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale; i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione; le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate”.
III. Quali prime considerazioni possono trarsi e quali direzioni si possono immaginare alla luce della sintetica elencazione supra richiamata? Le questioni possono essere suddivise in istituzionali-procedurali e sostanziali; tra le prime, per cenni, ricadono tutti quegli interrogativi riferiti al rispetto della competenza concorrente governo del territorio, anche in considerazione della proposta di legge ordinaria incardinata al Senato. Un ulteriore profilo di indagine risiede – sempre sul piano delle competenze e delle funzioni – nel rapporto tra funzioni di pianificazioni degli enti locali e legislazione urbanistica regionale, anche alla luce della richiamata sentenza n. 202/2021 della Corte costituzionale. Se dai profili istituzionali ci si sposta poi sulle ricadute sostanziali delle procedure di rigenerazione urbana, pare evidente constatare come le Regioni da tempo abbiano introiettato una lettura integrata delle anzidette procedure, le cui finalità – anche alla luce delle indicazioni internazionali – non si limitano agli aspetti puramente urbanistici, ma vanno ad abbracciare anche obiettivi di inclusione sociale e promozione sociale, attraverso la lotta al degrado sociale, la promozione di servizi socio-assistenziali in aree non servite, e l’incentivazione dell’edilizia residenziale pubblica.
Ciò, evidentemente, porta seco ricadute in termini di promozione dell’eguaglianza.