La legge regionale in esame si segnala per la presenza di due specifici articoli, in argomento.
Con l’art. 1, il legislatore interviene ad integrare la legge regionale 18 luglio 2008, n. 24 “Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private”, inserendo la norma transitoria di cui all’art. 14-bis.
Al comma 1 dell’articolo in esame, «in considerazione della condizione emergenziale in cui versa la sanità in Calabria, derivante anche dalla diffusione del virus SARS-CoV-2 e al fine di garantire le indifferibili attività rese dal servizio sanitario regionale», la norma dispone la proroga dell’accreditamento, con modalità ivi indicate, per le strutture sanitarie pubbliche e private che abbiano già presentato istanza di rinnovo dell’accreditamento.
Al comma 2 del medesimo articolo, si specifica, tuttavia, che anche i soggetti pubblici e privati che non abbiano presentato istanza di rinnovo dell’accreditamento possono regolarizzare la loro posizione, presentando un’istanza corredata da autocertificazione, attestante la presenza dei requisiti a tal fine previsti.
Il legislatore regionale interviene più incisivamente a porre “Misure temporanee per fronteggiare la situazione emergenziale sanitaria”, con l’art. 2 della legge in argomento.
Difatti, al fine di fronteggiare «specifiche esigenze di carattere temporaneo ed eccezionale», si dispone che le Aziende del servizio sanitario regionale «possono conferire ai medici incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, anche per lo svolgimento di funzioni ordinarie».
Ad avviso del Governo, proprio tale disposizione presenterebbe molteplici «profili di criticità», tali da indurre a sollevare questione di legittimità costituzionale, così come deliberato in Consiglio dei ministri il 4 agosto 2022.
Il Governo ritiene che l’art. 2 della legge regionale in esame, nella parte che prevede che, laddove risulti oggettivamente impossibile reperire medici in possesso della specializzazione richiesta, si possa procedere alla selezione di medici con diploma di specializzazione «in disciplina equipollente o affine» (comma 3) e che, se il reperimento risulti ancora infruttuoso, potranno reclutarsi medici privi del suddetto diploma, «sulla base di linee di indirizzo regionali […] e di individuazione degli ambiti di autonomia esercitabili con il tutoraggio del personale strutturato» (comma 4), prevedendo la necessità del diploma di specializzazione soltanto per taluni ambiti (comma 6), si porrebbe in aperto contrasto con la norma statale sul punto.
Ad avviso del Governo, difatti, l’art. 2-bis del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modif., dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, prevederebbe già la possibilità per le aziende e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, «fino al 31 dicembre 2022» (così, da ultimo, art. 10, comma 1, del d.l. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modif., dalla legge 19 maggio 2022, n. 52) di reclutare «i medici specializzandi iscritti all’ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi».
L’art. 2, commi 3, 4 e 6, della legge regionale, pertanto, contrasterebbe con le disposizioni statali richiamate, ponendosi perciò «in aperta violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione» e definendo un’irragionevole disparità di disciplina nell’ambito regionale di riferimento, rispetto a quanto previsto in tutto il territorio nazionale.
L’art. 2 della legge regionale in esame, è oggetto di ulteriori rilievi governativi, nella parte in cui dispone che «la Regione organizza e riconosce percorsi formativi dedicati all'acquisizione di competenze teorico-pratiche negli ambiti di potenziale impiego di medici privi del diploma di specializzazione» (comma 5).
Sul punto, i rilievi poggiano sulla circostanza che la disposizione in esame violerebbe le competenze statali costituzionalmente previste, laddove sovrapporrebbe «agli ordinari meccanismi di valutazione dell’esperienza formativa – come tali rimessi alle scuole di specializzazione nell’ambito del sistema universitario – un’attività di formazione dei medici da parte della Regione con potere di “riconoscimento” dei relativi risultati». In aggiunta a ciò, i motivi alla base dell’impugnativa inquadrano anche un «argomento formale», legato al presupposto che la disposizione regionale regolerebbe «una materia di diretta derivazione europea e, quindi, inevitabilmente rientrante nella competenza esclusiva dello Stato».
Per tutti i rilievi indicati, pertanto, l’art. 2, commi 3, 4, 5 e 6 della legge 7 luglio 2022, n. 22, della Regione Calabria, ad avviso del Governo, oltre a porsi in contrasto con talune disposizioni statali, supra richiamate, violerebbe le disposizioni costituzionali di cui all’art. 117, comma 2, lett. l), in materia di ordinamento civile, e di cui all’art. 117, comma 3, in materia di “professioni”.
La Giunta regionale della Regione Calabria, infine, ritenuto che «le disposizioni di cui sopra non presentano i profili di illegittimità costituzionale rilevati» dal Governo e al fine di tutelare le «prerogative regionali costituzionali garantite», con delibera n. 450, del 30 settembre 2022, ha autorizzato la costituzione della Regione nel giudizio proposto dinanzi la Corte costituzionale.