ordinanza n. 208/2022 – Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
Deposito del 6 ottobre 2022
La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 208 del 2022, si è pronunciata in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi prescritti dall’art. 37, comma 1 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale) ai fini dell’ammissibilità del ricorso relativo al conflitto tra poteri dello Stato promosso dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti della Camera dei Deputati. Tale ordinanza si mostra, dunque, prima facie interessante sotto un duplice profilo, nonostante che il merito della questione sarà oggetto della successiva fase decisionale affidata alla Corte. Preliminarmente, dunque, è da evidenziare come la legittimazione a proporre il ricorso, e ad esserne destinatario, come si vedrà, discende dalla posizione costituzionale delle parti coinvolte, da una parte la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, dall’altra -correttamente- la Camera di appartenenza dell’onorevole e non la Giunta per le autorizzazioni, incaricata dell’istruttoria, ma non deputata a decidere in via definitiva sull’autorizzazione. In secondo luogo, emerge nell’ordinanza un ulteriore elemento, che si collega direttamente al precedente, ossia un primo esame del petitum, o meglio della lesione lamentata. Difatti, la fonte attributiva del potere di entrambe le parti del conflitto ha, ovviamente natura costituzionale, e tuttavia il potere attribuito deve essere esercitato nel rispetto delle attribuzioni degli altri organi costituzionali. Di talché quanto lamentato dalla ricorrente merita di essere preso in considerazione, a giudizio della Corte, in quanto la decisione della Camera viene indicata come lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. In astratto, dunque, ricorrono tutte le condizioni affinché il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato possa essere considerato ammissibile.
Nello specifico, tale conflitto promosso dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, origina dalla deliberazione della Camera dei Deputati del 12 gennaio 2022, che ha negato l’autorizzazione all’utilizzo di captazioni informatiche riguardanti un membro della stessa, nell’ambito di un giudizio disciplinare riguardante il medesimo deputato nella sua qualità di “magistrato collocato fuori ruolo organico della magistratura, in aspettativa in quanto deputato della Repubblica”.
In tale procedimento disciplinare è stata presentata richiesta per l’utilizzo di intercettazioni acquisite nell’ambito delle indagini penali a carico di un soggetto diverso dal magistrato ora sottoposto a giudizio dalla sezione disciplinare. Quest’ultima ha richiesto l’autorizzazione ai sensi dell’art. 6, comma 2 della legge 20 giugno 2003, n. 140 recante Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato.
La sezione disciplinare ha fondato la propria richiesta di l’utilizzo del mezzo di prova nel giudizio disciplinare sul “carattere casuale e fortuito delle captazioni stesse”.
La Camera dei Deputati, per parte propria, sposando le indicazioni della Giunta per le autorizzazioni, ha eccepito che l’autorizzazione all’utilizzo di tale materiale doveva essere negata in quanto con le intercettazioni in parola si era conseguito l’effetto di aver sottoposto (indirettamente) un proprio deputato ad intercettazione non avendo preventivamente richiesto l’autorizzazione della Camera di appartenenza in violazione dell’art.68, terzo comma, Cost.
Non condividendo tale ricostruzione, anche in considerazione del fatto che il suddetto deputato non era mai entrato nel perimetro delle indagini penali, sollevando conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale, la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha contestato quest’ultima deliberazione e l’assunto ivi contenuto secondo tali intercettazioni risulterebbero illegittime per violazione dell’art. 68, comma 3 della Costituzione per carenza dell’autorizzazione della Camera di appartenenza di colui che è sottoposto a giudizio; autorizzazione che, nel caso specifico, non è stata né richiesta né ottenuta, proprio perché le captazioni informatiche erano state acquisite in maniera del tutto casuale e fortuita.
A giudizio del ricorrente, infatti, la Camera dei deputati avrebbe erroneamente qualificato le intercettazioni come aventi natura indiretta. La Camera dei deputati, viceversa, ha ritenuto che disponendo l’intercettazione “principale” si sia inteso sottoporre ad intercettazione (indiretta) un membro della Camera in carenza della necessaria e preventiva autorizzazione.
Inquadrata la questione entro questi termini, la decisione della Camera dei deputati -a giudizio della ricorrente- sarebbe illegittima poiché, dovendosi recisamente negare proprio la volontà anzidetta e derivando la captazione da un mero caso fortuito, la mancata concessione dell’autorizzazione di detto materiale ha finito per interferire con l’esercizio del potere costituzionale relativo all’adozione dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati (art.105 Cost.).
Alla luce di tutto ciò la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in quanto ha considerato sussistenti sia i profili soggettivi, ossia la legittimazione attiva e passiva delle parti del conflitto, sia i profili oggettivi, ossia la materia del conflitto, in quanto la ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita.
In attesa del proseguo della vicenda pare, dunque, potersi concludere come le due posizioni che si fronteggiano attengono al modo in cui le captazioni informatiche sono venute ad esistenza perché ciò incide sulla loro potenziale utilizzazione. Il perimetro delle attribuzioni costituzionali dei poteri coinvolti deve, allora essere individuato nella prevalenza del potere della Camera a rifiutare l’autorizzazione in ordine ad ogni captazione informatica, diretta o indiretta, acquisita senza la propria preventiva autorizzazione. In questa ipotesi dovrebbero, peraltro, rientrare tutti quei casi in cui sia fortemente prevedibile ab origine che la sottoposizione ad intercettazione di un soggetto coinvolga quasi sicuramente altro soggetto, membro della Camera, al primo collegato. Nel caso in cui, al contrario, la captazione informatica derivi, in effetti, da un caso del tutto fortuito sembrerebbe invece prevalere l’interesse (costituzionale) della sezione disciplinare ad utilizzarla, in quanto non sarebbe stato possibile provvedere alla preventiva richiesta di autorizzazione.