1. La legge regionale n. 12 del 19 luglio 2023 «Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale» rappresenta il primo intervento sostanziale di Regione Piemonte in materia elettorale. Si tratta di una riforma organica di 35 articoli che soppianta il frammentato quadro normativo previgente; quest’ultimo – applicato in forza del regime transitorio di cui all’art. 5 della legge cost. n. 1/1999 – si componeva delle leggi statali n. 43/1995 e n. 108/1968 e, solo in minima parte[1], della legge regionale n. 21/2009. Benché sin dalla relazione preparatoria che accompagna la proposta di legge traspaia la volontà della maggioranza proponente di non stravolgere il sistema previsto dalle leggi statali sopra richiamate, non mancano modifiche ed integrazioni di carattere innovativo, alcune delle quali spingono nella direzione di una uniformazione della legge elettorale piemontese con quelle delle altre Regioni ordinarie. Ma quali sono le principali novità che la legge n. 12 porta con sé?
2. Nel rispondere a tale interrogativo non si può che cominciare dall’articolo 8, denominato “Supplenza e surrogazione dei consiglieri assessori”, il quale introduce la figura del consigliere regionale supplente, muovendo dal presupposto dell’incompatibilità tra le cariche di consigliere regionale e di assessore. La disposizione prevede quindi il subentro, nella veste di consigliere supplente, del primo candidato non eletto della stessa lista e circoscrizione del consigliere nominato assessore da parte del Presidente della Giunta (co. 2-3), con contestuale sospensione per quest’ultimo delle funzioni di consigliere per la durata dell’incarico. La supplenza termina con la cessazione della sospensione del consigliere-assessore, che può avvenire con decreto di revoca o presentazione delle dimissioni; qualora invece il consigliere supplente sia proclamato definitivamente eletto per surrogazione oppure sia cessato dal mandato per qualsiasi altra causa, si procede all’individuazione di un nuovo “supplente”. Tale previsione incide altresì sulla composizione della lista regionale di cui all’art. 18, che prescrive infatti di allegare a quest’ultima un elenco di candidati supplenti (da due a quattro), di entrambi i sessi, contrassegnati da numeri progressivi.
Già nel 2000 si era cercato di introdurre il meccanismo della supplenza in Regione Piemonte, tant’è che esso era stato oggetto di una Proposta di legge (Proposta n. 26 presentata il 31 maggio 2000), poi naufragata per decadenza il 16 febbraio 2005. Tale proposta[2] suscitò numerose critiche in dottrina, che possono essere sinteticamente riassunte in uno «sviamento dell’istituto dell’incompatibilità e di distorsione della sua ratio»[3] e in una lesione del principio di immediatezza del voto e «della piena effettività del divieto di mandato imperativo in relazione ai consiglieri supplenti [...] principio che viene sostanzialmente depauperato a causa del difetto di autonomia [...] del consigliere nominato assessore e del Presidente della Giunta»[4]. Dovendo tuttavia rinviare ad altra sede per ragioni di spazio le riflessioni sull’opportunità dell’istituzione del consigliere-supplente, ma ancor più sulla sua compatibilità con alcuni principi fondanti della nostra Costituzione, basti qui ricordare che sebbene tale figura rappresenti una novità per la Regione Piemonte, essa non è certo un “unicum piemontese”, trovando spazio nelle legislazioni elettorali delle regioni Veneto, Abruzzo e Lombardia[5] ed essendo la sua introduzione attualmente in fase di discussione in aula per la Regione Calabria (Proposta di legge n. 124 del 4 novembre 2022)[6].
3. Per quel che concerne più specificamente il sistema elettorale, la legge n. 12, mantenendo il previgente metodo di attribuzione dei seggi, conferma all’articolo 10 l’elezione con il sistema proporzionale di almeno 40 consiglieri e con il maggioritario di un numero di consiglieri non superiore a 10, rispetto ad un totale di 50 seggi di cui si compone il Consiglio regionale. Nonostante poi l’originaria proposta di legge prevedesse un innalzamento delle soglie di sbarramento rispetto al previgente quadro normativo[7], il testo definitivo approvato conferma la soglia prevista dall’art. 7 della l. 43/1995, che è del 5% per i gruppi di liste uniti in coalizione e del 3% per i gruppi di liste uniti in una coalizione che non ha superato la soglia del 5% o che si sono presentati singolarmente. È invero rispetto ai c.d. correttivi della formula elettorale che si riscontrano maggiori elementi di novità e, nello specifico, nel premio di maggioranza e nella garanzia di rappresentatività della minoranza.
Ai sensi dell’articolo 11 co. 1, il premio di maggioranza viene assegnato – alla coalizione o al gruppo di liste collegate al candidato eletto Presidente della Giunta regionale – in misura diversificata a seconda del raggiungimento di tre predeterminate soglie; vengono attribuiti almeno il 55% dei seggi, con arrotondamento all’unità superiore, se si ottengono meno del 45% del totale dei voti validi; il 60% dei seggi in caso di una percentuale pari o superiore al 40% del totale dei voti validi; e, infine, almeno il 64% dei seggi se si raggiunge la soglia di più del 60% del totale dei voti validi.
Con riguardo invece alla garanzia delle minoranze, il co. 2 del medesimo articolo 11 riproduce quanto previsto al comma precedente in relazione al premio di maggioranza, tanto da essere stato definito come «una sorta di premio di minoranza»[8]. Si identificano dunque due diverse percentuali di seggi da garantire all’insieme dei gruppi di liste non collegate al candidato proclamato eletto Presidente della Giunta regionale, differenziate sulla base dei voti ottenuti dalla coalizione vincente. La ratio della norma può essere riassunta nella volontà di individuare un meccanismo in grado di impedire alla coalizione vincente di avere un numero troppo elevato di seggi e ciò si traduce, in concreto, nell’attribuzione alle liste di minoranza di almeno il 40% dei seggi, se la coalizione vincente ha ottenuto una percentuale pari o inferiore al 60% dei voti e di almeno il 36% dei seggi, se la coalizione vincente ha ottenuto più del 60% dei voti.
4. Da ultimo, merita di essere segnalato l’ingresso formale nella legislazione elettorale piemontese del principio della parità di genere (articolo 14), in attuazione dell’art. 51 co. 1 e dell’art. 117 co. 7 Cost. In particolare, la norma in questione agisce su due fronti: quello della composizione delle liste (circoscrizionali e regionali) e quello dell’espressione del voto. Rispetto al primo, si prevede, pena l’inammissibilità, che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in ciascuna lista in misura superiore al 60% dei candidati e, per le sole liste regionali, che i candidati debbano essere alternati per sesso, a partire dall’inizio della lista e fin dove possibile. Mentre con riferimento all’espressione del voto, la norma prevede al comma 4 che l’elettore possa esprimere al massimo due preferenze tra candidati compresi nella stessa lista e, qualora vengano indicati due candidati, questi devono essere di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza. Anche in questo caso, Regione Piemonte – pur discostandosi dalla normativa previgente – si uniforma agli altri ordinamenti regionali (si pensi, a titolo esemplificativo, alle Regioni Basilicata, Abruzzo, Liguria, Lombardia, Molise, Umbria), adeguandosi alla l. 15 febbraio 2016, n. 20, recante disposizioni volte a garantire l’equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei Consigli regionali. Sul punto, la scelta del legislatore piemontese può dirsi pressoché obbligata in vista delle prossime elezioni regionali previste per il 2024, anche considerata la nota vicenda che ha coinvolto la Regione Puglia e il Governo sulla medesima materia[9].
[1] La l. r. 21/2009 si limitava alla regolamentazione delle modalità di presentazione delle liste provinciali e delle liste regionali.
[2] Insieme alla disciplina analoga, seppur successiva, di Regione Molise, poi abrogata (L. Regione Molise 5 dicembre 2017, n. 20).
[3] In relazione alla Proposta di legge piemontese, poi naufragata, vedasi N. Zanon, Su un’ipotesi di temporanea “sospensione” del Consigliere regionale nominato assessore regionale, in Le Regioni, 5, 2000, 904.
[4] Il riferimento è in questo caso alla normativa di Regione Molise e si ritrova in M. Barone, Incompatibilità tra consigliere e assessore regionale: il meccanismo della sospensione e il caso molisano, in Le Regioni, 5, 2020, 1251.
[5] Le leggi regionali a cui si fa riferimento nel testo sono: L. Regione Veneto 25 maggio 2018, n. 19, L. Regione Lombardia 19 gennaio 2018, n. 3 e, infine, L. Regione Abruzzo 8 agosto 2018, n. 25.
[6] Anche in questo caso non sono mancate le critiche sulla costituzionalità della figura, dello stesso tenore di quelle riservate alla proposta di legge piemontese del 2000 e della legge molisana del 2017, vedasi il commento di G. D’Ignazio in https://www.quotidianodelsud.it/calabria/politica/regionale/2022/11/19/consigliere-supplente-dignazio-e-incostituzionale.
[7] L’art. 13 originariamente proposto dalla maggioranza prevedeva che: «accedono al riparto dei seggi: a) i gruppi di liste uniti in una coalizione che ha ottenuto, ai sensi dell’articolo 17, comma 5, una cifra elettorale regionale superiore al 10 per cento del totale dei voti validi e che hanno singolarmente conseguito una cifra elettosrale regionale superiore al 4 per cento del totale dei voti validamente espressi a favore delle liste; b) i gruppi di liste uniti in una coalizione che non ha superato la soglia di cui alla lettera a), ma che hanno conseguito individualmente una cifra elettorale regionale superiore al 5 per cento del totale dei voti validamente espressi a favore delle liste; c) i gruppi di liste non uniti in coalizione che hanno ottenuto una cifra elettorale regionale superiore al 5 per cento del totale dei voti validi». La proposta di legge integrale è disponibile al seguente link: http://serviziweb.csi.it/solverweb/IndexDocumentServlet?id=87909.
[8] G. Boggero, Habemus Piemontellum, in Il Piemonte delle Autonomie, 2023.
[9] Si è infatti assistito, proprio in prossimità delle elezioni pugliesi, all’attivazione dei poteri sostitutivi ex art. 120 co. 2 Cost. da parte del Governo (con l’emanazione del d.l. 86/2020) al fine di adeguare la normativa della Regione a quella nazionale sul principio di parità di genere nel sistema elettorale. Per approfondire la vicenda, vedasi T. Groppi, “La Costituzione si è mossa”: la precettività dei principi costituzionali sulla parità di genere e l’utilizzo del potere sostitutivo del governo nei confronti della Regione Puglia, in Federalismi.it, 9 settembre 2020.