Sentenza n. 70/2023 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 14/04/2023 – Pubblicazione in G.U. 19/04/2023 n. 16
Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 70/2023 la Corte costituzionale ha parzialmente accolto il ricorso con cui la Regione Veneto ha impugnato l’art. 1, commi 269, 534, 535, 536, 537 e 721, lettera a), della legge n. 234/2021 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024).
In questa sede ci si limiterà a prendere in considerazione le questioni – accolte – aventi ad oggetto il comma 537 dell’art. 1 della legge n. 234/2021, con cui a un decreto del Ministero dell’interno – adottato di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, senza alcun coinvolgimento delle regioni – è stato affidato il compito di determinare l’ammontare del contributo per la rigenerazione urbana spettante a ciascun comune. La regione ricorrente ha lamentato l’invasione della competenza legislativa concorrente in materia di governo del territorio (art. 117, terzo comma, Cost.), la lesione delle proprie competenze amministrative (art. 118, primo comma, Cost.), la violazione del principio di leale collaborazione (art. 120 Cost.) e l’improprio utilizzo di risorse aggiuntive stanziate dallo Stato per garantire ordinarie competenze comunali (art. 119, quinto comma, Cost.).
La Corte ha preso le mosse dall’identificazione dell’ambito materiale a cui ricondurre la disposizione impugnata. Gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana sono riconducibili alla materia di legislazione concorrente “governo del territorio”. Quanto alle competenze amministrative, la funzione di pianificazione comunale rientra tra le funzioni amministrative intimamente connesse al riconoscimento del principio dell’autonomia comunale (sentenza n. 179/2019); non si tratta però di una riserva intangibile di funzioni, tanto che il legislatore competente ben può modulare gli spazi di autonomia comunale a fronte di esigenze generali. In questo ambito, d’altra parte, il legislatore regionale non può mai spingersi fino a vanificare l’autonomia dei comuni (sentenze nn. 202/2021 e 179/2019). Se si versa nella materia “governo del territorio”, l’intervento del legislatore statale può essere rivolto a stabilire principi fondamentali oppure scaturire dalla chiamata in sussidiarietà; in quest’ultimo caso, è necessario che vengano garantite idonee procedure collaborative.
La disposizione impugnata non ha carattere di principio fondamentale e, diversamente da quanto affermato dalla difesa erariale, non configura una tipologia di finanziamento riconducibile al quinto comma dell’art. 119 Cost.: si tratta “piuttosto [di] un tipico caso di chiamata in sussidiarietà” (Cons. in dir., par. 4.3). Con le risorse assegnate si dà attuazione al programma di rigenerazione urbane avviato dal legislatore statale con l’art. 1, commi 42 e 43, della legge n. 160/2019 e successivamente recepito tra le linee di investimento finanziate col Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Gli interventi di rigenerazione urbana mirano a ridurre i divari di cittadinanza e i divari generazionali, con la conseguente necessità di una gestione unitaria. In seguito, un d.P.C.m., adottato previa intesa in Conferenza Stato-città e autonomie locali, ha individuato i criteri e le modalità di ammissibilità delle istanze e di assegnazione dei contributi, incluse le modalità di monitoraggio.
Tenuto conto di queste coordinate di riferimento, la Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale del comma 537. Gli interventi statali di attrazione in sussidiarietà devono avere luogo nel rispetto della leale collaborazione, con la previsione di momenti partecipativi per gli enti territoriali. In questo caso lo Stato ha attratto le competenze amministrative di dettaglio, unitamente alle corrispondenti competenze legislative regionali in materia di governo del territorio; così facendo, ha recepito i contenuti di un d.P.C.m. precedente, adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, senza alcun coinvolgimento delle regioni. Queste ultime, perciò, non sono state coinvolte a monte dell’adozione del d.P.C.m., né a valle della sua attuazione. Ne consegue l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata “nella parte in cui non prevede che il decreto interministeriale di riparto delle risorse sia adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata” (Cons. in dir., par. 4.4).