Il Piano nazionale italiano di adattamento ai cambiamenti climatici (1/2024)

Lo scorso 21 dicembre 2023, con decreto n. 434/2023, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (d’ora in avanti, “PNACC” o, in alternativa, “il Piano”)[1]. Sulla scorta di quanto già avvenuto in altri Stati membri dell’UE[2], anche l’Italia ha così provveduto a dotarsi di un programma di politiche di adattamento alla crisi climatica, destinate ad applicarsi sia nel lungo che nel breve periodo. L’adozione di tale provvedimento, a lungo caldeggiata[3], non poteva in effetti attendere oltre, sia alla luce del preoccupante innalzamento delle temperature raggiunto in Italia nel 2023[4], sia a fronte degli obblighi assunti a livello sovranazionale. L’Italia ha infatti da tempo aderito all’impegno di ridurre le emissioni inquinanti, nei termini delineati sia dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (anche nota con l’acronimo “UNFCCC”) del 1992[5] che dal Protocollo di Kyoto[6].

Da ultimo, con legge n. 204 dell’11 novembre 2016[7], l’Italia ha inoltre ratificato l’Accordo di Parigi[8], che impone agli Stati membri di impegnarsi nell’adozione di misure di pianificazione dell’adattamento al cambiamento climatico a livello nazionale[9]. Tali misure sono infatti necessarie per conseguire gli obiettivi fissati dall’accordo, che consistono, segnatamente, nel mantenimento dell’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, e, al contempo, nel proseguire l’azione volta a limitarne l’aumento di 1,5° C[10]. Stando al Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, il superamento della soglia di 1,5°C produrrebbe infatti conseguenze drammatiche sul pianeta, visto che incrementerebbe la frequenza di periodi di siccità, di ondate di calore e di alluvioni[11].

Non è dunque un caso che i medesimi obiettivi siano richiamati anche dalla Strategia dell’UE sull’adattamento ai cambiamenti climatici del 24 febbraio 2021, all’interno della quale la Commissione europea ha sottolineato la necessità di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050[12], secondo quanto già stabilito, nel 2019, dal Parlamento europeo[13]. L’azione dell’UE in materia di resilienza climatica risulta poi ulteriormente rafforzata per effetto dell’adozione del Regolamento n. 2018/1999 sulla governance dell’UE in materia di energia e clima[14] e del Regolamento n. 2021/1119 per il conseguimento della neutralità climatica[15]. In particolare, l’art. 7 di quest’ultimo attribuisce alla Commissione UE la competenza a valutare la coerenza delle misure nazionali adottate ai fini del conseguimento della neutralità climatica ogni cinque anni, sottolineando così l’importanza, in questo contesto, dei piani di adattamento ai cambiamenti climatici di ciascuno Stato membro. Misure mirate e calibrate sul contesto socio-economico nazionale sono infatti indispensabili ai fini del raggiungimento di obiettivi comuni all’Unione Europea nel complesso, e, in una prospettiva globale, alle Parti dell’Accordo di Parigi.

L’adozione del PNACC da parte dell’Italia, pertanto, non può che essere salutata con favore. Quest’ultimo pone infatti le fondamenta per una pianificazione di interventi anche sulla base della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti climatici del 2015[16]. Quest’ultima aveva appunto individuato alcuni piani di potenziamento, quali l’attivazione di infrastrutture per lo scambio di dati e analisi sull’adattamento, la realizzazione di attività volte a promuovere la partecipazione dei portatori di interesse e la necessità di stabilire organismi di governance che potessero monitorare i costi e i benefici delle misure di adattamento.

Nel solco della Strategia, pertanto, il Piano chiarisce espressamente che, alla luce del carattere trasversale del tema dell’emergenza climatica, l’azione in questo campo richiede “una base di conoscenza dei fenomeni che sia messa a sistema; un contesto organizzativo ottimale; una governance multilivello e multi-settoriale”[17]. Dalla struttura del PNACC, che è articolo in sei sezioni, può in effetti cogliersi l’intento di disciplinare, al contempo, sia vere e proprie azioni di adattamento calibrate a seconda del settore, che misure propedeutiche alla loro attuazione.  Le prime tre sezioni sono infatti finalizzate al miglioramento della conoscenza di base della crisi climatica e riguardano, in particolare, il quadro giuridico di riferimento in cui il Piano si inscrive (sezione prima), il quadro climatico nazionale (sezione seconda) e gli impatti dei cambiamenti climatici in Italia (sezione terza). Le sezioni quarta, quinta e sesta stabiliscono rispettivamente, invece, le vere e proprie misure di adattamento, le modalità di finanziamento e le modalità di governance. A tale ultimo riguardo, in particolare, si prevede l’istituzione di un organo di monitoraggio sull’azione di contrasto al cambiamento climatico, l’Osservatorio nazionale, composto dai rappresentanti delle Regioni e delle rappresentanze locali, e di un Forum permanente, che vede la partecipazione dei cittadini e dei portatori di interesse.

Il Piano è infine accompagnato da quattro allegati. I primi due consistono in documenti di indirizzo per la definizione di strategie regionali e locali per la mitigazione del clima, mentre l’Allegato III concerne l’analisi di specifiche vulnerabilità settoriali, sulla base di uno studio dell’impatto dei cambiamenti climatici in Italia prodotto nell’arco degli anni 2017-2018 in specifici contesti (come, ad esempio, le foreste, gli spazi marini, l’agricoltura, e così via). Infine, l’Allegato IV fornisce un quadro di modelli di riferimento per le “possibili opzioni di adattamento” che troveranno applicazione nei diversi strumenti di pianificazione, anche sulla base dell’esito dei processi di governance.

Affinché i provvedimenti ivi individuati possano concretizzarsi, è tuttavia necessario non solo che la struttura di governance venga rapidamente istituita, per favorire il confronto e la partecipazione di tutte le parti interessate, ma anche che si predispongano le necessarie risorse finanziarie per l’implementazione delle prime azioni di adattamento. Come sottolineato dai primi commentatori, infatti, una delle maggiori criticità del PNACC consiste nell’assenza di specifiche risorse finanziarie preposte alla sua attuazione[18]. La possibilità di destinare alla realizzazione del Piano altre risorse, quali, ad esempio i fondi previsti dal PNRR, non potrà che dipendere, pertanto, dalla volontà politica del Governo negli anni a seguire.

 

[1] Si veda il decreto del 21 dicembre 2023, “Approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”, in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n.42 del 20-02-2024 (d’ora in avanti, in nota, “Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”). Il Piano, unitamente agli allegati, è inoltre reperibile sul sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Ambientale: https://www.mase.gov.it/notizie/clima-approvato-il-piano-nazionale-di-adattamento-ai-cambiamenti-climatici.

[2] Si veda, solo per citare un esempio, il Plan Nacional Integrado de Energía y Clima (PNIEC) 2021-2030, adottato dalla Spagna, disponibile al link: https://www.miteco.gob.es/content/dam/miteco/images/es/pnieccompleto_tcm30-508410.pdf; e il Plan national d’adaptation au changement climatique 2018-2022 francese, al link: https://www.ecologie.gouv.fr/sites/default/files/2018.12.20_PNACC2.pdf.

[3] L’iter per l’approvazione del Piano aveva avuto inizio nel 2017, v. Openpolis, La sfida del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, 26 gennaio 2024, al link: https://www.openpolis.it/la-sfida-del-piano-nazionale-di-adattamento-ai-cambiamenti-climatici/.

[4] Si veda, a tal proposito, il comunicato stampa di Legambiente, 2023 anno da bollino rosso per il clima, 28 dicembre 2023, al link:  https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/2023-anno-da-bollino-rosso-per-il-clima/.

[5] Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, aperta alla firma in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, ed entrata in vigore il 21 marzo 1994, ratificata dall’Italia, L. 15 gennaio 1994, n. 65, in G.U. 29 gennaio 1994, n. 23.

[6] Protocollo di Kyoto alla Convenzione-Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici è stato

aperto alla firma l’11 dicembre 1997, è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, ed è stato ratificato da

192 Parti tra cui l’Italia, che vi ha provveduto con l. 1° giugno 2002, n. 120

[7] Legge del 4 novembre 2016 n. 204, Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015, Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2016.

[8] Accordo di Parigi, adottato a Parigi il 12 Dicembre 2015 alla 21esima sessione di lavori della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sul Cambiamento climatico, in United Nations,Treaty Series, vol. 3156, p.79. La lista dei Paesi firmatari dell’accordo, che è entrato in vigore il 4 novembre 2016, è disponibile al link: https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=XXVII-7-d&chapter=27&clang=_en.

[9] Ibidem, art. 7 par. 9.

[10] Ibidem, Art. 2 (a).

[11] https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement.

[12] Commissione europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici – La nuova strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici Bruxelles, 24 febbraio 2021, COM(2021)82 final, par. 1.

[13] Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2019 sul cambiamento climatico: visione strategica europea a lungo termine per un'economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra in conformità dell'accordo di Parigi (2019/2582 (RSP)).

[14] Regolamento UE 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima che modifica le direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, in GU L 328/1.

[15] Regolamento 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021 che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima»), in GU L 243/1.

[16] Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNAC), approvata con decreto direttoriale n. 86 del 16 giugno 2015 dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

[17] Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, cit., p. 4.

[18] A. Turco, Il governo Meloni ha già reso impotente il neonato Piano di adattamento ai cambiamenti climatici,

16 Gennaio 2024, al link: https://www.valigiablu.it/piano-clima-governo-meloni-cosa-non-va-perche/.

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