È ammissibile il conflitto di attribuzioni tra Poteri dello Stato promosso dalla Camera dei deputati contro le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione con cui sono sottratte alla propria giurisdizione domestica le controversie (3/2023)

Titolo completo "È ammissibile il conflitto di attribuzioni tra Poteri dello Stato promosso dalla Camera dei deputati contro le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione con cui sono sottratte alla propria giurisdizione domestica le controversie inerenti agli affidamenti di appalti banditi dall’Amministrazione interna"

Sent. n. 179/2023 – giudizio sull’ammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzioni tra Poteri dello Stato
Deposito del 28 luglio 2023 – Pubblicazione in G.U. del 02/08/2023, n. 31

Motivo della segnalazione

La Corte costituzionale è investita del giudizio per conflitto di attribuzioni tra Poteri dello Stato promosso dalla Camera dei deputati con ricorso depositato in data 28 febbraio 2023, avverso le sentenze del Consiglio di Stato n. 4150 del 2021 e della Corte di cassazione n. 15236 del 2022, le quali hanno sottratto alla cognizione del giudice domestico le controversie in materia di affidamenti di appalti banditi dalla rispettiva Amministrazione interna.
Chiamata a pronunciarsi, in via liminare, sulla sussistenza dei requisiti oggettivo e soggettivo del conflitto, la Corte rileva, in primo luogo, l’astratta legittimazione della Camera dei deputati a promuovere conflitto, in difesa delle proprie attribuzioni costituzionali, «tra le quali rientra il potere di adottare i regolamenti di cui all’art. 64 Cost. e, più in generale, le funzioni di cui agli art. 55 ss. Cost.». Così come parimenti legittimati a resistere nel conflitto sarebbero il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione, in quanto competenti, in posizione di indipendenza e imparzialità, a dichiarare definitivamente la volontà del potere (giurisdizionale) a cui appartengono.
Seppur in sede di valutazione della mera ammissibilità del conflitto, la Corte ribadisce, in alcuni sintetici passaggi, quanto da essa astrattamente affermato sin dalla sentenza n. 120 del 2014, nell’indicare la via del conflitto, quale strumento deputato a sindacare la legittimità dell’estensione della copertura dell’autonomia parlamentare che si estrinseca per mezzo dell’uso del potere regolamentare e normativo, fondato nell’art. 64 Cost.
La decisione costituisce, dunque, un ulteriore (e non definitivo) tassello nella spinosa vicenda dell’autodichia parlamentare, nella specie di quella relativa ai “soggetti terzi” rispetto al personale dipendente.

Osserva la Corte che, la sussistenza del requisito oggettivo trova conferma nella circostanza che la Camera, per mezzo del ricorso «non lamenta un mero error in iudicando, bensì la lesione della sfera di competenze regolamentari ad essa riconosciuta dall’art. 64, primo comma, nonché, più in generale, dagli artt. 55 e seguenti Cost.». I giudici comuni, attraverso le proprie decisioni, avrebbero superato i limiti che l’autonomia parlamentare opporrebbe al potere giurisdizionale nel sindacato di quelle controversie che sono in grado di riflettersi sui profili della organizzazione interna, anche se destinate a coinvolgere soggetti terzi. A tal riguardo, sempre secondo la ricorrente, a rilevare nella definizione delle proprie attribuzioni sarebbe la disposizione dell’art. 12, comma 3, lettera e, del Regolamento della Camera, «per quanto concerne l’adozione dei regolamenti adottati dall’Ufficio di Presidenza in materia di procedure di affidamento, nonché [la] lettera f del medesimo comma – e [il] Regolamento per la tutela giurisdizionale relativa agli atti di amministrazione della Camera dei deputati non concernenti i dipendenti – per quanto riguarda gli atti di natura amministrativa oggetto della riserva di autodichia».
Dalla soluzione che la Corte adotterà nel decidere il merito del conflitto sull’autodichia relativa ai “terzi” potrebbero discendere importanti implicazioni nella prospettiva della conferma o del ribaltamento (in verità difficile) di quanto già sancito nell’obiter dictum della sentenza n. 262 del 2017.

 

Osservatorio sulle fonti

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