CONS. STATO, sez. VII, 26 giugno 2024, n. 5632
La sentenza respinge l'appello della Wayap S.r.l. contro la legittimità della normativa sul canone unico patrimoniale adottato dal Comune di Brescia.
Il Collegio ritiene che, quand'anche si dovesse propendere per la natura tributaria del ‘canone unico', in linea di continuità con quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale per il CIMP (si veda Corte cost. 2010, n. 18), non emergerebbero comunque, allo stato, elementi per sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 817, 826 e 827, L. n. 160/2019, per contrasto con l'art. 23 della Costituzione.
Infatti, non è violato il vincolo della determinatezza della disposizione tributaria (art. 23 Cost.), anche perché la riserva di legge ex art. 23 Cost. è solo relativa e il legislatore può riservare in modo legittimo ai comuni ambiti di integrazione del precetto tributario.
L'articolo 1 comma 817 della legge n. 160/2019 delinea il principio di tendenziale invarianza del gettito secondo cui il canone unico patrimoniale "è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone ...".
La normativa in esame impone, dunque, ai comuni, alle province e alle città metropolitane di disciplinare il canone in parola in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone stesso, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica del valore della tariffa-base indicata dal Legislatore statale all'interno del comma 826 dell'art. 1 della L. n. 160 del 2019.
Il legislatore ha, quindi, delimitato il potere dei Comuni nel senso di ritenere l'invarianza in aumento del gettito quale limite alle determinazioni comunali, sicché l'ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza, tuttavia, poter superare la soglia predefinita del gettito.
Così interpretata la disciplina sono, quindi, infondati i sospetti di incostituzionalità della norma, per violazione dell'art. 23 Cost., sollevati da parte appellante, avendo il legislatore delimitato il potere di determinazione in aumento del canone da parte dei Comuni: infatti, in forza del criterio dell'invarianza, posto dal comma 817, è fissato dal legislatore nazionale un tetto massimo, che la discrezionalità degli Enti non può superare, escludendosi perciò una violazione dell'art. 23 Cost.
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