Fonti delle Regioni ordinarie

Contratti pubblici e tutela del lavoro: la l.r. n. 19/2024 della Regione Puglia (3/2024)

Con l.r. del 30 maggio 2024, n. 19 recante “Disposizioni per la qualità e la sicurezza del lavoro, per il contrasto al dumping contrattuale, nonché per la stabilità occupazionale nei contratti pubblici d’appalto o di concessione eseguiti sul territorio regionale”, la Regione Puglia ha introdotto disposizioni volte a perseguire «la qualità e la sicurezza del lavoro», il «contrasto al dumping contrattuale» e «la stabilità occupazionale» (art. 1) nell’ambito dei contratti pubblici d’appalto o di concessione eseguiti sul territorio regionale il cui affidamento sia di competenza della Regione, degli enti locali presenti sul territorio regionale, nonché dei rispettivi enti e organismi strumentali, ivi incluse le aziende sanitarie locali (art. 2).

La legge è sostanzialmente composta da tre Capi. Mentre il primo Capo definisce oggetto, finalità e ambito di applicazione nei termini sopra chiariti, il Capo II si occupa tanto della procedura di affidamento quanto della fase a questa antecedente. Con riguardo a quest’ultima fase, l’art. 3 per un verso si limita a richiamare l’obbligo di programmazione già previsto dall’art. 37 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36); per l’altro, rende obbligatorio per le p.a. l’esperimento della consultazione preliminare di mercato (che è invece facoltativa ex art. 77 del Codice), ma solo ove ciò non falsi la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza.

 

Con riguardo invece alla fase della fase di affidamento, l’art. 4, co. 1, l.r. n. 19/2024 dispone che le stazioni appaltanti, nella definizione dei criteri di valutazione dell’offerta, «prevedono elementi premiali per la valutazione degli operatori economici volti al miglioramento della qualità e del benessere nei luoghi di lavoro, secondo i criteri di valutazione di cui all’articolo 5». In altri termini, per le procedure basate sul criterio del miglior rapporto qualità-prezzo il legislatore pugliese obbliga le stazioni appaltanti a valorizzare aspetti qualitativi di natura sociale attinenti agli obiettivi di tutela lavoristica sopra richiamati. In tal modo rafforza la funzione sociale o strategica dei contratti pubblici rispetto al quadro regolatorio nazionale: e invero l’art. 108, co. 4 del Codice in tema di criteri di aggiudicazione rimette alla discrezionalità delle stazioni appaltanti l’inserimento negli atti di gara di criteri premiali di natura sociale. Sebbene la diposizione in esame preveda che l’inserimento dei suddetti elementi premiali avvenga «in relazione alle caratteristiche dell’appalto», non è ben chiaro quale margine di valutazione discrezionale sull’an tale precisazione lasci alle stazioni appaltanti (cui certamente spetta scegliere quali profili di tutela lavoristica valorizzare nella singola procedure tra quelli elencati dall’art. 5)[1].

Conclude la legge il Capo III che si occupa di profili organizzativi: l’art. 6 istituisce il “Comitato regionale per il monitoraggio della qualità del lavoro” cui sono attribuite «funzioni di monitoraggio e di promozione dei principi di qualità, tutela e sicurezza del lavoro», declinate – insieme alla sua composizione – dal successivo art. 7.

Va segnalato che la legge in esame in diverse parti riproduce i contenuti della l.r. 17 giugno 2022, n. 9 della Regione Lazio (“Disposizione per la qualità, la tutela e la sicurezza del lavoro nei contratti pubblici”) che persegue obiettivi di tutela lavoristica in termini ancor più stringenti di quella pugliese, nella misura in cui amplia contenuto e portata cogente della clausola sociale di riassorbimento di cui all’art. 57, co. 1 del Codice.

Le più recenti tendenze normative, sovranazionali e nazionali, volte a rafforzare l’uso strategico del contratto pubblico al servizio di obiettivi sociali sono tali da eliminare i dubbi sulla compatibilità della normativa in esame con libertà di circolazione garantite dal TFUE e con le previsioni costituzionali che garantiscono la libertà di impresa e l’autonomia del datore di lavoro (artt. 41 e 39 Cost.). Si consideri, d’altronde, che diverse previsioni del Codice rendono obbligatorio l’inserimento di clausole sociali o ambientali andando oltre quanto previsto dalla normativa Ue e che, nel caso di specie, la Regione Puglia ha utilizzato, quale meccanismo per inserire considerazioni sociali nella procedura di aggiudicazione, i criteri premiali, cioè quello meno impattante sulla concorrenza e sulla libertà di impresa dal momento che opera in modo “graduale”.

Pare invece opportuno soffermarsi sulla competenza legislativa della Regione a intervenire sulla materia, nonostante il Consiglio dei Ministri abbia rinunciato all’impugnazione della legge in esame (come pure di quella della Regione Lazio).

Com’è noto, i contratti pubblici non costituiscono una vera e propria materia, «ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono» (Corte cost. sent. nn. 303/2003 e 401/2007). Ancorché il d.lgs. n. 36/2023, a differenza dei Codici previgenti[2], non contenga più previsioni in tema di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, deve ritenersi confermata la precedente impostazione che, ancor prima che dal dato normativo, era stata delineata dalla giurisprudenza costituzionale che ha tradizionalmente riconosciuto, sul punto, margini di intervento piuttosto circoscritti ai legislatori regionali (cfr. Cons. Stato, pareri 6 febbraio 2006, n. 355 e 1° aprile 2016, n. 855 anche gli opportuni riferimenti); e ciò anche nei casi, quale quello di specie, in cui risulti astrattamente rilevante una materia di competenza concorrente ex art. 117, co. 3 Cost. (tutela e sicurezza del lavoro).

Per quanto circoscritti, in tali margini dovrebbe rientrare il Capo III della l.r. n. 19/2024: anche alla luce dei compiti attribuiti al Comitato (non riconducibili nemmeno alla fase di conclusione ed esecuzione del contratto e, quindi, alla competenza esclusiva statale in tema di ordinamento civile)[3], queste previsioni sono ascrivibili alla competenza residuale in materia di «organizzazione amministrativa».

 Non dovrebbe presentare profili di criticità nemmeno l’art. 3 della legge in esame, al di là dalla sua riferibilità a una materia di competenza esclusiva dello Stato (tutela della concorrenza) o concorrente. Ciò è senz’altro vero per la disposizione che si occupa di programmazione, priva di alcuna capacità di innovare l’ordinamento. Qualche dubbio potrebbe permanere su quella in tema di consultazioni preliminari: per un verso, infatti, le si potrebbe attribuire l’effetto di alterare il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e altri interessi, come pure di produrre una novazione della fonte in un ambito materiale di competenza esclusiva statale (sempre che si ritenga la disciplina sulle consultazioni preliminari riconducibile a tale ambito di competenza). Per altro verso, però, si potrebbe sostenere la legittimità di tale previsione seguendo l’impostazione del Consiglio di Stato secondo cui anche le Regioni possono disciplinare le procedure di aggiudicazione purché «gli effetti della regolamentazione siano indiretti e marginali e si tratti di normative pro-concorrenziali» (cfr. parere n. 55/2016 cit. che richiama Corte cost. n. 32/2015 in tea, di servizi pubblici).

La stessa posizione di apertura non pare invece possibile in relazione all’art. 4 che, nel rendere obbligatorio l’inserimento di criteri premiali di natura sociale, interviene su un profilo dell’attività contrattuale della p.a. – i criteri di aggiudicazione – certamente riconducibile alla competenza esclusiva in tema di tutela della concorrenza (cfr. Corte cost. nn. 4/2022; 16/2021, 39/2020, ma v. già art. 4 d.lgs. n. 163/2006). E, dal momento che produce effetti diretti sull'esito delle gare e, indirettamente, sulla scelta degli operatori economici in ordine alla partecipazione alle stesse, incide senz’altro sul «punto di equilibrio» individuato da legislatore statale tra concorrenza e altri interessi pubblici, privilegiando questi ultimi (v. Corte cost. n. 4/2022 con riguardo a una vicenda di fatto non dissimile).

L’invasione dell’art. 4, co. 1 della legge in esame di una sfera di competenza esclusiva del legislatore statale non pare poter essere negata sulla base del fatto che allo stesso risultato (rendere obbligatorio per le stazioni appaltanti l’inserimento di criteri premiali di natura sociale) la Regione Puglia sarebbe potuta pervenire in via amministrativa. Tralasciando il fatto che legge in esame trova applicazione anche agli enti territoriali presenti sul territorio regionale (con possibile lesione della sfera di autonomia loro garantita), sembra rilevare la giurisprudenza della Corte costituzionale che ha ribadito l’importanza dello strumento utilizzato per raggiungere un determinato risultato in termini di bilanciamento tra interessi; e che, nello specifico, anche sulla base dell’art. 97 Cost., è arrivata a configurare una sorta di “riserva di procedimento amministrativo”, individuando questo il luogo ove realizzare il bilanciamento degli interessi (sent. nn. 66 e 69 del 2018; 121/2022; 77/2022). L’obbligo di inserire criteri di aggiudicazione di natura sociale rischia di sottrarre tale bilanciamento al livello amministrativo, con conseguente depotenziamento del ruolo del procedimento; ciò, ovviamente, a meno di non intrepretare l’inciso «in relazione alle caratteristiche dell’appalto» come tale da rispandere pienamente la discrezionalità della stazione appaltante anche sull’an, in tal modo privando di reale portata innovativa la legge in esame.

Per concludere va segnalato che in data 5 novembre 2024 il Consiglio regionale della Puglia ha approvato la p.d.l. con cui si obbligano alle stazioni appaltanti regionali, nella individuazione del CCNL prevista dall’art. 11 del Codice dei contratti pubblici, a scegliere un contratto che preveda un trattamento economico minimo inderogabile pari a 9 euro l’ora. Tale ultimo intervento normativo, non ancora oggetto di pubblicazioni, si presta a considerazioni simili a quelle svolte in questa sede.

 

[1] Tale profilo potrebbe venir chiarito dalle linee guida e dai capitolati tipo che devono essere approvati dalla Giunta regionale ex art. 5, co. 2 della l.r. Va poi richiamato l’art. 4, co. 2 che riconosce la facoltà delle stazioni appaltanti, comunque non esclusa dalla disciplina statale, di richiedere agli offerenti, negli appalti ad alta intensità di manodopera, la presentazione di una relazione descrittiva della propria struttura di impresa nonché dell’eventuale schema di contratti di subappalto.

[2] Cfr. artt. 2 d.lgs. 50/2016 e 4 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163

[3] Nello specifico, acquisizione di informazioni, predisposizione di rapporti di sintesi e di report annuali, elaborazione di atti di indirizzo da sottoporre all’approvazione della Giunta.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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