Giurisprudenza costituzionale

Rubriche

 Le misure sulla rigenerazione urbana sono contenute nel Testo che ha proceduto a unificare i disegni di legge A.S. n. 1131, 985, 970, 1302, 1943, 1981[1].

Il testo unificato sulla rigenerazione urbana inizialmente discusso dal Senato della Repubblica nel corso della XVIII legislatura è il frutto di un procedimento piuttosto articolato che è stato avviato con la presentazione, nel giugno 2019, del disegno di legge A.S. n. 1131 (misure per la rigenerazione urbana).

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 16 gennaio 2024, Intervyuirasht organ na DAB pri MS (Femmes victimes de violences domestiques), Causa C-621/21, ECLI:EU:C:2024:47         

La Corte di Giustizia, nella composizione della Grande Sezione, si è pronunciata sulla possibilità e le condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale a una donna vittima di violenza di genere. Essa ha, innanzitutto, chiarito che la Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica sono qualificabili come «trattati pertinenti» cui, ai sensi dell’art. 78, par. 1, TFUE, la politica comune dell’Unione in materia di protezione internazionale deve essere conforme e nel rispetto dei quali deve essere interpretata, in particolare, la direttiva qualifiche. Inoltre, la Corte ha specificato che, alla luce delle condizioni esistenti in un paese di origine, possono essere considerate appartenenti a un gruppo sociale determinato, quale motivo di persecuzione rilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, tanto le donne provenienti da tale paese considerate nella loro complessità, quanto gruppi più ristretti di esse che condividono una caratteristica comune quale, in particolare, l’aver posto in essere un comportamento particolarmente riprovato dalla società circostante, come l’aver rifiutato o l’essersi sottratte a un matrimonio forzato, al punto da essere socialmente escluse o soggette ad atti di violenza. La Corte ha altresì precisato che qualora la domanda di protezione si fondi sul timore di essere perseguitata da un soggetto non statale, non è necessario accertare un collegamento tra l’atto di persecuzione e uno dei motivi di persecuzione previsti dalla direttiva qualifiche (razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale), purché sussista un nesso tra uno dei suddetti motivi e la mancanza di protezione, da parte dello Stato, nei confronti dell’atto persecutorio. Da ultimo, la Grande sezione ha statuito che la minaccia effettiva, cui è esposta la richiedente nel paese di origine, di essere uccisa o subire atti di violenza, da parte di un membro della propria famiglia o della propria comunità di appartenenza, in ragione della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali, è qualificabile come «danno grave» che può condurre al riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con la sentenza n. 10 del 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 dell’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che il detenuto possa essere ammesso a svolgere i colloqui con il partner senza il controllo a vista del personale di custodia, laddove non vi ostino ragioni di sicurezza, esigenze di mantenimento dell’ordine o ragioni giudiziarie.

La decisione suddetta - inquadrabile nella categoria delle sentenze c.d. additive di principio - si innesta nella recente tendenza della Corte costituzionale alla “salvaguardia incondizionata ed effettiva” dei diritti fondamentali, la quale deve necessariamente fondarsi su un processo sinergico a cui sono chiamati a partecipare i singoli attori coinvolti al fine di garantire l’effettività del diritto in questione: ossia il legislatore, i giudici e, in questo caso, l’amministrazione penitenziaria.

1. Premesse

Con la sentenza n. 613 pubblicata in data 8 gennaio 2024, la Corte Suprema di Cassazione Sezione Unite Civili si è pronunciata sul tema, di particolare rilevanza nomofilattica, attinente alla portata applicativa della disciplina recata dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, ovvero del Regolamento UE n. 1215 del 2015 (Reg. Bruxelles I bis) in materia di azione di garanzia. In specie, le Sezioni Unite hanno risolto la questione inerente all’applicabilità (o meno) del criterio speciale di giurisdizione di cui all’art. 6, n. 2 della Convenzione di Bruxelles del 1968 ed all’art. 8, n. 2 del Regolamento n. 2012/1215/UE nel caso di azione di garanzia proposta non in via di chiamata in causa ma con domanda autonoma proposta in un separato giudizio.

Osservatorio sulle fonti

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