Sentenza n. 98/2024 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 04/06/2024 – Pubblicazione in G. U. 05/06/2024
Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 98 del 2024 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime, per violazione dell'art. 76 Cost. alcune norme del decreto legislativo n. 39/2013, nelle quali sono specificate le cause di inconferibilità dell’incarico di amministratore di enti privati sottoposti a controllo pubblico, da parte degli enti locali (Province o Comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti o forme associativa tra comuni aventi la medesima popolazione), limitatamente alla parte in cui le stesse norme non consentivano di conferire tale incarico a coloro i quali nell’anno precedente avessero svolto analoghi incarichi presso altri enti della stessa natura.
Nella motivazione sono illustrare le ragioni per cui la normativa impugnata dal TAR lazio è stata ritenuta viziata da eccesso di delega. Posto che, nell’individuare gli incarichi di provenienza ostativi, la legge delega (l. n. 190/2012, c.d. legge Severino) «si è limitata ad indicare solo quelli di natura “politica” (comma 50, lettera c), con esclusione di quelli di natura amministrativo-gestionale» (considerato n. 5.2), deve concludersi che «nel caso di specie, il legislatore delegato è andato oltre i limiti che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, caratterizzano la previsione dell’art. 76 Cost.» (considerato n. 5.4). Infatti, «le disposizioni del d.lgs. n. 39 del 2013 avrebbero dovuto prediligere una interpretazione restrittiva delle cause di inconferibilità che si mantenesse entro i binari indicati dalla legge di delega», ma ciò non è avvenuto: «al contrario, esse hanno incluso, tra le ragioni di inconferibilità di nuovi incarichi, l’esercizio di pregresse esperienze di natura non politica, anche mediante l’introduzione della definizione di “componenti di organi di indirizzo politico” (di cui all’art. 1, comma 2, lettera f, del d.lgs. n. 39 del 2013), la quale, in modo improprio, si riferisce anche alle persone che abbiano preso parte a organi privi di rilevanza politica, quali, per quanto in questa sede interessa, quelli di indirizzo “di enti di diritto privato in controllo pubblico”»; e «in tal modo, si è operata una commistione tra incarichi politici e incarichi di mera gestione amministrativo-aziendale, che devono invece essere tenuti distinti» (ancora considerato n. 5.4).
La decisione di accoglimento si fonda altresì sulla considerazione per cui le richiamate previsioni della legge di delega costituivano il frutto di un «bilanciamento operato dal legislatore delegante» tra l’accesso al lavoro dei professionisti, parzialmente sacrificato mediante la previsione della non conferibilità degli incarichi per provenienza politica, e l’imparzialità dell’azione amministrativa, che va assicurata anche nelle forme della mera “apparenza” di imparzialità. Poiché l’estensione di questa garanzia preventiva anche ad ipotesi prive di qualsiasi percepibile collegamento con lo svolgimento di incarichi “politici” è da considerarsi «estranea all’obiettivo perseguito dal legislatore delegante e finisce, anzi, per pregiudicarlo»: in ciò viene ravvisato «l’aspetto di maggiore frizione della legge delegata rispetto alle previsioni della legge n. 190 del 2012, in quanto l’enucleazione delle ipotesi di inconferibilità è stata estesa lungo un versante – per l’appunto, quello degli incarichi privi di connotazione politica – che non era stato voluto dal legislatore delegante» (considerato n. 5.3).