Sentenza n. 96/2024 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale
Deposito del 03/06/2024 – Pubblicazione in G. U. 05/06/2024
Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 96 del 2024 la Corte costituzionale si è pronunciata su varie questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 171-bis cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022 (riforma Cartabia), che prevede, nell’ambito della nuova disciplina del processo ordinario di cognizione, l’emanazione di un decreto di fissazione dell’udienza da parte del giudice, prima del deposito delle memorie illustrative delle parti e della comparizione delle stesse: decreto con cui il giudice, prima dell’udienza stessa e senza sentire le parti, decide in ordine alle “verifiche preliminari”, riguardanti, tra l’altro, la sussistenza del potere rappresentativo, la ritualità delle notifiche, l’integralità del contraddittorio, la chiamata in causa di terzi.
Per quel che qui interessa, la decisione ha escluso che la norma impugnata fosse viziata per eccesso di delega. Secondo la prospettazione del giudice rimettente, tale vizio sarebbe derivato dalla circostanza che nessuno, tra i pur dettagliati criteri di delega indicati dall’art. 1, comma 5, della legge n. 206 del 2021 per la riforma del rito ordinario di cognizione di primo grado, faceva riferimento al decreto di fissazione dell’udienza, che pure è uno degli aspetti fondamentali nei quali si sostanzia la nuova struttura di tale rito, senza che, a parere dello stesso giudice, si potesse, peraltro, ricondurre la previsione al criterio generale di delega volto a realizzare la concentrazione processuale di cui alla lettera a) della predetta disposizione, stante che la disposizione censurata sarebbe stata connotata da elementi contraddittori in tale direzione.
I giudici della Consulta sono giunti a diversa conclusione, considerando che «se effettivamente l’art. 1, comma 5, della legge n. 206 del 2021 non fa specifico riferimento all’emanazione da parte del giudice, prima dell’udienza di comparizione e trattazione, di alcun provvedimento, non di meno la disposizione censurata si colloca coerentemente nell’ambito degli altri criteri di delega enucleati per la fase introduttiva e di trattazione del giudizio ordinario di cognizione di primo grado», e in particolare dell’indicata finalità di realizzare la concentrazione processuale nell’ottica della ragionevole durata del processo. Più dettagliatamente, nella motivazione della decisione si osserva che «infatti, la previsione ad opera della legge delega di uno scambio di memorie tra le parti prima della celebrazione dell’udienza sarebbe stata inutile o addirittura dannosa per l’auspicata concentrazione processuale senza un previo intervento del giudice»: poiché «sarebbe potuto accadere, come nell’esperienza dell’abrogato processo cosiddetto societario, disciplinato dal d.lgs. n. 5 del 2003, che dopo lo scambio delle memorie, il giudice dovesse rinviare l’udienza per l’esigenza di “sanare” o completare attività processuali di carattere preliminare, con conseguente necessità per le parti di depositare prima della nuova udienza altre memorie” (considerato n. 6.1). Sicché, «in definitiva, una norma come quella espressa dall’art. 171-lbis cod. proc. civ. è riconducibile al criterio di delega di cui all’art. 1, comma 5, lettera ), della legge n. 206 del 2021, che demanda al Governo l’introduzione di norme funzionali ad “adeguare le disposizioni sulla trattazione della causa ai principi di cui alle lettere da c) a g)”, costituendone un naturale sviluppo in quanto coessenziale alla realizzazione del meccanismo del deposito delle memorie prima dell’udienza»; oltre a ciò, «la disposizione censurata è, al contempo, volta a realizzare il generale canone della concentrazione processuale sancito dalla lettera a) del medesimo art. 1, comma 5, della legge delega, perché orientata a ridurre le ipotesi di regressione del giudizio dopo il deposito delle memorie integrative» (considerato n. 6.2).
Tali argomentazioni, su cui viene basata la dichiarazione di infondatezza della questione riferita all’art. 76 Cost., sono nel loro insieme presentate come una coerente applicazione dei consolidati orientamenti della giurisprudenza costituzionale in materia di rapporti fra decreto legislativo delegato e legge di delega, esplicitamente richiamati e sintetizzati (considerato n. 6.1). In particolare, viene valorizzato l’orientamento secondo cui «la discrezionalità conferita dalla legge è particolarmente ampia quando la delega riguarda, come nella fattispecie in esame, un intervento normativo molto esteso su settori dell’ordinamento che, per la complessità dei rapporti e la tecnicità e interconnessione delle regole, mal si prestano ad esame ed approvazione diretta delle Camere» (è richiamato il precedente della sentenza n. 84 del 2024); per poi rimarcare che «in questi casi, infatti, i principi e criteri direttivi della legge di delega tracciano gli obiettivi ed esprimono le linee di fondo delle scelte del legislatore delegante, con conseguente ampiezza del potere e dell’“attività di ‘riempimento’ normativo” conferiti al legislatore delegato» (sono richiamate le sentenze n. 22 del 2024 e n. 166 del 2023).