Giurisprudenza costituzionale

La Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 131 bis, comma 5, c.p. nella parte in cui prevede che, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (3/2024)

Titolo completo "La Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Firenze in riferimento all’art. 76 Cost., dell’art. 131 bis, comma 5, c.p., inserito con d.lgs. n. 28 del 2015, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle ad effetto speciale o di quelle alle quali la legge connette l’applicazione di una pena di specie diversa".

Sent. n. 149/2024 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 25 luglio 2024 – Pubblicazione in G.U. del 31/07/2024, n. 31

Con la sentenza n. 149 del 2024 la Corte costituzionale ribadisce alcuni consolidati orientamenti in tema di riscontro del vizio di eccesso di delega e dei limiti alla discrezionalità del legislatore delegato in sede di adozione della disciplina delegata. L’occasione è fornita dalla questione sollevata dal Tribunale di Firenze, il quale dubita della legittimità costituzionale dell’art. 131 bis, comma 5, c.p., così come introdotto con d.lgs. n. 28 del 2015, in via principale, nella parte in cui prevede che, ai fini della determinazione della pena detentiva in vista dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità, previsto dal primo comma del medesimo articolo, non si tiene conto delle circostanze «ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale»; e, in via subordinata, con riferimento all’art. 3 Cost., limitatamente al secondo periodo della citata disposizione, la quale sancisce che «[i]n quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69».

 

Per quanto più strettamente interessa il profilo delle fonti del diritto, il giudice rimettente ritiene che la disposizione impugnata violerebbe l’art. 76 Cost., sotto il profilo dell’eccesso di delega, in ragione del fatto che il criterio direttivo della delega, contenuto nell’art. 1, comma 1, lettera m), della legge n. 67 del 2014 (di cui il d.lgs. n. 28 del 2015 costituisce attuazione), nulla stabiliva in ordine al criterio di calcolo della pena detentiva, per cui, ai fini della determinazione della stessa, si sarebbe dovuto prendere in considerazione soltanto la pena edittale prevista per il reato base.

La Corte ritiene che la questione sia infondata, richiamando a supporto il proprio consolidato orientamento in tema di accertamento dell’eccesso di delega. L’art. 76 Cost., infatti, «non osta all’emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante», facoltà di integrazione del tutto fisiologica, per cui il vizio di eccesso di delega va circoscritto ai casi in cui la dilatazione dell’oggetto indicato dalla legge di delega sia tale da ricomprendere in esso materie che ne erano escluse (sentenze n. 133 del 2021, n. 212 del 2018, n. 194 del 2015). Ciò che rileva, ai fini dell’accertamento del vizio, è che l’attività del legislatore delegato, nell’esercizio del margine di discrezionalità che gli compete nell’attuazione della legge di delega, si sia inserita in modo coerente nel complessivo quadro normativo, rispettando la ratio della norma delegante (sentenza n. 96 del 2024).

La discrezionalità del legislatore delegato, inoltre, non può essere predeterminata a priori, ma dipende dalla maggiore o minore ampiezza dell’ambito oggetto di intervento e dalla complessità dei rapporti regolati o dal carattere tecnico delle regole che in essi operano. Per tale ragione, conclude la Corte, «la questione della conformità alla delega di una specifica disposizione prevista dal provvedimento delegato in assenza di puntuali e dettagliate direttive […] de[ve] necessariamente plasmarsi in funzione delle soluzioni attuative che il legislatore delegato è chiamato ad effettuare in relazione alle discipline di diritto sostanziale cui la stessa delega si sia, invece, espressamente riferita», riconoscendosi, in tal modo, al legislatore delegato un insopprimibile potere di “riempimento”, pur sempre in coerenza con le linee di fondo delle scelte del legislatore delegante.

Le consolidate argomentazioni della Corte hanno trovato applicazione al caso deciso con la sentenza in esame, giacché il criterio di delega volto all’introduzione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ben potrebbe richiedere una ulteriore specificazione per la sua concreta operatività, con la fissazione della soglia edittale di pena detentiva che tenga conto di tutte le circostanze in grado di dare luogo a figure sostanzialmente autonome di reato. Pertanto, «è del tutto coerente con il riferito criterio direttivo della delega che il legislatore delegato […] abbia ritenuto che la tenuità è in re ipsa da escludere allorché un determinato reato […] integri, per la ricorrenza di una o più circostanze aggravanti a effetto speciale o autonome, un’ipotesi assimilabile ad una fattispecie autonoma di reato, connotata da particolare gravità proprio per il concorso di quelle aggravanti».

Inoltre, la Corte non ritiene significativo il richiamo ad altri istituti (nella specie quello della messa alla prova di cui all’art. 168 bis c.p.) per i quali, invece, l’accesso al beneficio sia determinato unicamente sulla fattispecie base, senza prendere in considerazione le circostanze aggravanti, comprese quelle autonome o a effetto speciale. Infatti, oltre ad essere istituti ontologicamente molto diversi, il secondo non è il frutto di alcuna delega legislativa, avendo proceduto alla sua adozione direttamente il legislatore con la stessa legge con cui ha conferito la delega di cui si discute (legge n. 67 del 2014).

Infine, la Corte rigetta anche la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. Il divieto di bilanciamento delle circostanze aggravanti a effetto speciale con eventuali circostanze attenuanti a effetto comune, previsto dalla disposizione censurata ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è frutto di una scelta legislativa non manifestamente irragionevole. Il divieto del bilanciamento di circostanze detta una regola riguardante l’esercizio dei poteri del giudice in vista dell’applicazione della predetta causa di non punibilità, ma torna ad operare pienamente nel momento di applicazione della sanzione in concreto. Esso ha soltanto lo scopo di evitare che possano beneficiare della esimente in esame fatti che presentano un disvalore notevolmente più elevato rispetto alla fattispecie non aggravata, tale da “meritare” una pena distinta da quella prevista per la fattispecie base.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

L’Osservatorio sulle fonti è stato riconosciuto dall’ANVUR come rivista scientifica e collocato in Classe A.

Contatti

Per qualunque domanda o informazione, puoi utilizzare il nostro form di contatto, oppure scrivici a uno di questi indirizzi email:

Direzione scientifica: direzione@osservatoriosullefonti.it
Redazione: redazione@osservatoriosullefonti.it

Il nostro staff ti risponderà quanto prima.

© 2017 Osservatoriosullefonti.it. Registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5626 del 24 dicembre 2007 - ISSN 2038-5633