Giurisprudenza costituzionale

Payback sanitario e riserva relativa di legge di cui all’art. 23 della Costituzione (3/2024)

Sentenza n. 140/2024 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 22/07/2024 – Pubblicazione in G.U. 24/07/2024 n. 30

Motivo della segnalazione

Con la sentenza n. 140/2024 la Corte costituzionale ha rigettato varie questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9-ter del d.l. n. 78/2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 125/2015. La disposizione impugnata è stata introdotta nel 2015 per innovare la disciplina del c.d. payback sanitario, ponendo a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici una parte del ripiano del superamento del tetto di spesa regionale al quale soggiacciono gli acquisti compiuti dal Servizio sanitario nazionale. Il meccanismo di payback è rimasto a lungo inattuato, finché un d.m. datato 6 luglio 2022 ha certificato il superamento di spesa limitatamente agli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. Poco dopo, il d.l. n. 115/2022 ha aggiunto all’art. 9-ter del d.l. n. 78/2015 un nuovo comma 9-ter, con cui le Regioni e le Province autonome sono state incaricate di definire l’elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano per ciascun anno. Il TAR del Lazio ha lamentato un contrasto con gli artt. 3, 23, 41 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

 

Secondo la ricostruzione della Corte, la disciplina contestata dà luogo a una limitazione dell’iniziativa economica privata, giustificata da finalità di utilità sociale. Dalla giurisprudenza costituzionale è possibile desumere che contributi di solidarietà che limitano la libertà d’impresa sono ammissibili se non condizionano oltremisura le scelte imprenditoriali, finendo col provocare una sostanziale funzionalizzazione dell’attività economica. Si tratta, ad ogni modo, di una compressione non irragionevole né sproporzionata.

Per i fini di questa segnalazione, riveste un qualche interesse il par. 8.2 della motivazione in diritto, in cui la Corte, dopo aver qualificato il meccanismo di payback come contributo di solidarietà ex art. 23 Cost., ha esaminato le censure relative a tale parametro e ha escluso ch’esso sia stato violato. L’art. 23 Cost. dà luogo a una riserva di legge relativa, che risulta rispettata se il legislatore indica compiutamente il soggetto e l’oggetto della prestazione imposta, laddove “l’intervento complementare ed integrativo da parte della pubblica amministrazione deve rimanere circoscritto alla specificazione quantitativa (e qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima” (sentenza n. 269/2017). Inoltre, la riserva di legge relativa non risulta violata se gli organi amministrativi si vedono assegnare non soltanto compiti meramente esecutivi, ma anche la determinazione di elementi, presupposti o limiti della prestazione stessa, sulla base di dati e valutazioni di ordine tecnico (sentenze nn. 27/1979 e 129/1969). Il principio della riserva relativa non è violato neppure in assenza di un’espressa indicazione dei criteri che delimitano l’ambito di discrezionalità della pubblica amministrazione, se gli stessi sono desumibili dalla composizione e dal funzionamento degli organi competenti e determinare la misura della prestazione oppure se l’emanazione dei provvedimenti amministrativi concernenti la prestazione sia il passaggio conclusivo di uno schema procedimentale con cui si realizza la collaborazione di una pluralità di organi, così escludendo arbìtri unilaterali. Per quanto riguarda l’entità della prestazione imposta, la riserva di legge può ritenersi rispettata se essa costituisce il corrispettivo di un’attività in cui il valore economico sia determinabile sulla base di criteri tecnici, e il corrispettivo per legge dev’essere determinato in riferimento a tale valore (sentenza n. 435/2001).

Alla luce di queste coordinate, la disciplina dettata dall’art. 9-ter del d.l. n. 78/2015 non si pone in contrasto con la riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. Essa, infatti, indica i soggetti su cui grava l’obbligo (le imprese che hanno venduto agli enti del Servizio sanitario nazionale dispositivi medici nelle Regioni che hanno sforato il tetto) e l’oggetto della prestazione imposta (il ripianamento dello sforamento, nella misura percentuale prevista dalla legge). I commi 8, 9 e 9-bis dell’art. 9-ter danno indicazioni generali sulla procedura da seguire per determinare il quantum dovuto dalle aziende interessate. L’amministrazione, dunque, deve limitarsi a compiere l’attività tecnica necessaria per quantificare l’importo del ripianamento. La circostanza che il payback colpisca indistintamente la fornitura di qualsiasi dispositivo medico non incide sulla costituzionalità della disposizione impugnata, poiché si tratta di una legittima scelta del legislatore, confortata dalla presenza di una definizione di dispositivo medico chiaramente ricavabile dal diritto vigente.

La Corte ha ritenuto infondate anche le altre censure formulate dal giudice a quo.

Osservatorio sulle fonti

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