Interna corporis degli organi costituzionali

Membri laici del CSM e iscrizione all’Albo: solo un’antinomia tra le fonti? (3/2024)

In data 10 aprile 2024, la seduta plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura ha deliberato in merito alla sovrapposizione tra l’articolo 20 della legge 247 del 2012, rubricata “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense” e l’articolo 33 comma 2 della legge 195 del 1958, recante “Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura”. Questo è avvenuto si iniziativa di consiglieri laici, nella specie quelli la cui appartenenza politica può essere ricondotta alle scelte espresse dalla coalizione di centro-destra. La controversia riguardava prettamente l’interpretazione del suddetto articolo 33 comma 2, il quale impone l’incompatibilità tra l’essere iscritti a un albo professionale e la carica di Consigliere del CSM, e l’articolo 20 del Codice deontologico forense, il quale impone invece la sospensione dall’esercizio della professione di avvocato in caso di assunzione da parte dell’iscritto all’albo di tutta una serie di cariche negli organi costituzionali, tra le quali rientra proprio la carica di consigliere del CSM. La norma della legge del 1958 appare pienamente in linea col dettato costituzionale: difatti, all’articolo 104 ultimo comma, la Carta stabilisce che i componenti del Consiglio non possono essere iscritti ad alcun albo professionale “finché sono in carica”. Le conseguenze dell’approvazione della delibera da parte del CSM sono duplici: da un lato, per i consiglieri del CSM delle precedenti composizioni si apre la strada della richiesta di risarcimento dei danni patiti per la mancata iscrizione all’Albo (nel caso, ovviamente, fossero iscritti ad esso), dall’altro gli attuali consiglieri del CSM iscritti all’albo avranno diritto ai benefici che deriveranno dall’aver versato i contributi previdenziali negli anni della Consiliatura, a cui non avrebbero avuto diritto se fossero stati costretti a cancellarsi dall’Albo, anziché semplicemente a sospendersi.

 

La Commissione incaricata dal Consiglio, dopo aver audito il Presidente della Cassa Forense, ha affermato l’impossibilità di trovare un compromesso interpretativo che non andasse a ledere l’ambito di applicazione di una delle due norme: pertanto, riferendo al Plenum, la Commissione incaricata non ha trovato altro rimedio che quello di applicare la legge successiva, in virtù sia del principio di legalità, sia del principio lex posterior derogat legi priori, di cui all’articolo 15 delle Preleggi.

È poi seguito l’intervento del Consigliere Romboli, che ha motivato il suo voto contrario ricordando come le due norme disciplinino ambiti differenti, l’una il CSM (e, a parere del Consigliere Romboli, sarebbe stata quella di cui si sarebbe dovuto tenere conto), l’altra l’esercizio della professione forense; il Consigliere Romboli si è inoltre richiamato a un parere del Consiglio Nazionale Forense del 2019 che ha stabilito come anche l’avvocato sospeso dall’Albo sia comunque soggetto al Codice deontologico, venendo così messa a rischio l’indipendenza e l’imparzialità dell’avvocato-Consigliere del CSM sospeso dall’Albo. Da ultimo, il Consigliere Romboli ha evidenziato una conseguenza possibile del l’approvazione della delibera: ossia, il fatto che si stabilirebbe che il CSM ha illegittimamente imposto, a partire dal 2012 (anno di approvazione della legge 247 sul Codice Deontologico Forense) la cancellazione dall’Albo per tutti i membri laici, con conseguente possibile richiesta di risarcimento del danno da parte di tali membri (o ex membri) laici.

La proposta del Consigliere Romboli è stata la più discussa, e la posizione è risultata minoritaria, visto anche il risultato della votazione finale (che, con 25 favorevoli, un contrario e 3 astenuti è stata nettamente favorevole all’applicazione della sospensione e non della cancellazione dall’albo). Tale discussione ha visto argomentazioni interessanti anche dalla parte favorevole come quella del Consigliere Eccher, che ha letto nella presenza della locuzione “finché sono in carica” di cui all’art. 104 ultimo comma Cost. un favor nei confronti della sospensione dall’Albo in luogo della Cancellazione.

L’approvazione della proposta, che, come hanno rilevato alcuni consiglieri favorevoli, è stata pendente per quasi un anno in commissione durante l’attuale Consiliatura, susciterà assai probabilmente richieste di risarcimenti da parte dei componenti laici, passati e attuali, che si sono dovuti cancellare dall’Albo degli avvocati.

Inoltre, la richiesta si basa indubbiamente su una questione interpretativa controversia, poiché inerisce al rapporto tra fonti gerarchicamente e cronologicamente in conflitto. Rimane indubbio che una soluzione meramente formale dell’antinomia qui discussa sarebbe risolvibile nella stessa maniera di cui alla delibera del Consiglio. Tuttavia, si sarebbe parimenti potuta risolvere mediante una prevalenza del criterio di specialità su quello cronologico. Resta, poi, la questione della possibilità che il Consigliere del CSM sospeso dall’Albo sia sottoposto alla potestà disciplinare dell’Ordine: un nodo che non appare affatto sciolto dal CSM e che potrebbe, in futuro, determinare serie minacce all’indipendenza dei membri laici dell’organo di autogoverno della giustizia.

Osservatorio sulle fonti

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