Motivo della segnalazione
Il 19 luglio 2023, la XIV Commissione della Camera ha approvato, entro i termini previsti per l’early warning mechanism, un parere motivato (doc. XVIII-bis, n. 10) sulla proposta di direttiva sulla lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio e la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio (com(2023) 234 final).
La Commissione Politiche dell’Unione europea ha ritenuto la proposta legislativa più che apprezzabile per le finalità perseguite. Anzitutto, promuovere l'armonizzazione minima di serie di fattispecie di reato riconducibili al fenomeno corruttivo; introdurre misure transnazionali di prevenzione contro la corruzione, anche alla luce della Convenzione dell'ONU contro la corruzione (UNCAC); e rafforzare la cooperazione tra le autorità nazionali e tra queste e quella europea nelle relative attività di contrasto.
Il documento approvato dalla XIV Commissione, tuttavia, rileva subito che la proposta legislativa europea non risulta accompagnata da una vera e propria analisi di impatto, come invece avrebbe dovuto, e la relazione illustrativa di accompagnamento risulta carente sotto il profilo della motivazione circa la necessità dell’azione europea di armonizzazione minima delle discipline nazionali e sul suo valore aggiunto.
Nel merito, si contesta che la proposta esorbita nei contenuti rispetto alle basi giuridiche scelte – gli artt. 83, parr. 1 e 2, e 82, par. 1, lett. d) TFUE) – imponendo agli Stati membri il riconoscimento di fattispecie criminose ulteriori rispetto alla corruzione, anche con riferimento all’UNCAC. A ciò si aggiunga che, per la XIV Commissione, “le norme di armonizzazione non si limitano alla definizione dei reati e delle relative sanzioni, ma investono in modo ultroneo anche la disciplina dei termini di prescrizione nonché le circostanze aggravanti ed attenuanti”. Inoltre, si critica, sempre sotto il profilo della sussidiarietà, tanto l’introduzione di pene accessorie, come quella dell’incandidabilità per coloro che siano stati condannati per reati collegati alla corruzione così incidendo sullo “svolgimento del processo democratico nelle elezioni nazionali”; quanto l’ampliamento delle circostanze in cui l’immunità dovrebbe essere revocata per coloro che sono perseguiti a causa di fattispecie criminose collegate alla corruzione. Infine, si sottolinea che la proposta non tiene debitamente conto delle specificità nazionali sotto il profilo dell’organizzazione del sistema penale nonché dei codici di procedura penale. Se il Senato non si è pronunciato sulla proposta, occorre precisare, però, che i rilievi critici della XIV Commissione della Camera sono perfettamente allineati con quanto riportato nella Relazione preventivamente trasmessa dal Governo al Parlamento in base all’art. 6, comma 4 della l. n. 234/2012.
Secondo quanto stabilito dalla Giunta per il regolamento nel parere del 14 luglio 2010, il documento motivato della XIV Commissione “può essere sottoposto all'Assemblea su richiesta del Governo, di un quinto dei componenti della medesima Commissione (ovvero di rappresentanti dei Gruppi in Commissione di pari consistenza numerica) o di un decimo dei componenti dell'Assemblea (ovvero di presidenti di Gruppi di pari consistenza numerica)” entro 5 giorni dalla data della deliberazione sul documento e comunque entro 40 giorni dall’assegnazione del progetto di atto legislativo.
Alla luce della procedura sperimentale, all’indomani dell’adozione del parere motivato, il gruppo del M5S, per il tramite del Capogruppo alla Camera, ha presentato una richiesta di riesame in Aula della proposta di direttiva e del parere motivato collegato, adducendo quali motivi il rischio di indebolire la lotta ai fenomeni corruttivi oltre a collocare il nostro Paese in una posizione isolata nel contesto europeo (tra tutte le Camere nazionali, soltanto il Parlamento svedese, infatti, ha approvato un parere motivato,). I termini per la conclusione dell’esame della proposta venivano comunque rispettati e così, come previsto nel parere della Giunta per il regolamento, si è proceduto con discussione limitata (art. 50 r. C.) e poi con votazione nominale, mediante scrutinio elettronico: con 187 voti favorevoli, 100 contrari e 3 astensioni, il 26 luglio si è infine (ri-)approvato il parere motivato della XIV Commissione, che è stato quindi trasmesso alle istituzioni europee nei tempi consentiti, in modo da essere considerato nell’ambito del controllo di sussidiarietà.
Come è stato sottolineato in dottrina (v. L. Bartolucci), il parere motivato mostra “una certa ‘commistione’ tra il principio di sussidiarietà, quello di proporzionalità e il merito della proposta” nella sua valutazione della proposta di direttiva. Inoltre, il caso in esame riguarda un parere della XIV Commissione che eccepisce la violazione del principio di sussidiarietà e che una minoranza in Assemblea cerca di “riformare” ritenendo, invece, la proposta in linea con tale principio, mentre l’ipotesi a cui fa riferimento il parere della Giunta per il regolamento che ha disciplinato la procedura sperimentale in Assemblea (par. 4) riguarda un parere della Commissione XIV che ritenga la proposta conforme al principio di sussidiarietà, ma che si vuole “ribaltare” in Aula.