Nel periodo di riferimento, il Garante è intervenuto con due provvedimenti in materia di telefonia.
Con il primo, adottato l’ 8 aprile 2010 e pubblicato in G.U. n. 99 del 29 aprile 2010, il Garante è intervenuto a modificare in parte le regole relative alle modalità di inserimento e utilizzo dei dati negli elenchi telefonici. La competenza in materia proviene espressamente dall’art. 129 del Codice in materia di protezione dei dati personali, secondo cui il Garante ha il compito di individuare, con proprio provvedimento, in cooperazione con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e in conformità alla normativa comunitaria, le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi agli abbonati negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico. Tale funzione è stata eseguita con l’adozione del provvedimento del 15 luglio 2004 in materia di elenchi telefonici “alfabetici” del servizio universale. Il provvedimento in questione modifica quest’ultima deliberazione, rendendo di nuovo possibile risalire al nominativo dei “vecchi” abbonati sulla base del numero telefonico, a meno che l’interessato non abbia espresso una volontà contraria. Tale modifica si è resa necessaria in seguito alle numerose segnalazioni degli operatori del settore circa quello che, secondo costoro, costituiva un disservizio. Delle segnalazioni si dà conto in premessa al provvedimento.
Con il secondo provvedimento, adottato il primo aprile 2010 e pubblicato in G.U. n. 99 del 29 aprile 2010, il Garante ha stabilito che, in caso di number portability del telefono cellulare, il nuovo operatore telefonico possa mantenere invariate le opzioni scelte in passato, in assenza di volontà contraria espressa. Il provvedimento si è reso necessario in base all’obbligo di correttezza del trattamento dei dati personali in caso di number portability, richiesto espressamente dalle delibere, ivi richiamate, dell’Autorità garante per le comunicazioni, che è stata udita previamente all’adozione del provvedimento.
Con provvedimento del 11 febbraio 2010, pubblicato in G.U. n. 43 del 22 febbraio 2010, il Garante ha previsto per le elezioni regionali, provinciali e comunali del 2010 l’esonero dell’informativa in occasione della propaganda elettorale. L’atto, come avvenuto anche in precedenza (cfr. il provvedimento del 2 aprile 2009) è stato adottato senza una specifica previsione normativa, ma su iniziativa del Garante, che ha così inteso bilanciare il diritto al corretto trattamento dei dati personali di cui all’art. 2 del Codice con il diritto di partecipazione politica ricavabile dall’art. 49 della Costituzione, che viene espressamente richiamato in motivazione. Il Garante ha richiamato anche in questo caso il cd. “decalogo” in materia di propaganda elettorale del 7 settembre 2005, con cui sono stati indicati i presupposti e le garanzie per l’uso lecito dei dati personali ai fini di comunicazione politica e propaganda elettorale da parte di partiti, movimenti politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati, estendendo l’esonero dall’obbligo di informativa alle elezioni del marzo 2010.
Il provvedimento del 8 aprile 2010 in materia di videosorveglianza, pubblicato in G.U. n. 99 del 29 aprile 2010, riguarda invece un settore che, come dichiarato in premessa dell’atto, non forma oggetto di legislazione specifica. Oltre, dunque, all’assenza di principi e regole legislativi sul punto, il provvedimento è adottato anche in assenza di una specifica attribuzione di competenza, ma soltanto in quanto il Garante ritiene necessario intervenire sul punto. In realtà, il Garante ha dettato le regole in materia di videosorveglianza ben prima dell’entrata in vigore del Codice in materia di protezione dei dati, con il provvedimento del 29 novembre 2000, che per primo, proprio in attesa di una specifica normativa, forniva un decalogo di regole per l’uso di sistemi di videosorveglianza, sotto la pressione di numerose richieste in merito. Tale provvedimento è stato poi sostituito da un più dettagliato provvedimento del 29 aprile 2004, reso necessario per conformare al Codice i trattamenti di dati personali mediante videosorveglianza. Il provvedimento in esame sostituisce a sua volta quest’ultimo, dopo essere stato trasmesso al Ministero dell’interno, all’Unione delle province d’Italia ed all’Associazione nazionale comuni italiani, al fine di acquisirne preventivamente le valutazioni specifiche per i profili di competenza. La richiesta dei pareri in questione si deve alla circostanza che nuove disposizioni normative statali e regionali hanno attribuito a varie amministrazioni pubbliche specifiche competenze in materia di sicurezza urbana e incolumità pubblica, e hanno dunque previsto la videosorveglianza come modalità di difesa passiva, controllo e deterrenza di fenomeni criminosi e vandalici. Il Ministero dell’interno, in quanto responsabile dell’amministrazione statale, UPI e ANCI in quanto rappresentative rispettivamente delle amministrazioni provinciali e comunali, sono stati dunque sentiti in relazione alle rispettive competenze in materia di sicurezza e incolumità pubblica. L’aggiornamento delle regole fornite dal Garante, pur non richiesto dalla legge, si è reso opportuno proprio per adeguarle alla normativa intercorsa, che ha interessato molteplici livelli di governo. Allegati al provvedimento figurano i modelli semplificati di informativa.
Infine, con provvedimento del 27 aprile 2010, in G.U. n. 108 del 11 maggio 2010, il Garante ha ulteriormente differito l’efficacia dell’autorizzazione al trattamento dei dati genetici, rilasciata il 27 febbraio 2007. Si tratta del terzo differimento, dopo quelli disposti dalle delibere n. 75 del 19 dicembre 2009 e n. 52 del 22 dicembre 2009. L’autorizzazione generale, come noto, è un tipo di atto normativo creato dal Garante e successivamente accolto all’art. 40 del Codice, al fine di ovviare alla moltiplicazioni di singole ma identiche autorizzazioni che il Codice medesimo prescrive siano rilasciate annualmente per alcune categorie di trattamenti. Le autorizzazioni per il trattamento dei dati genetici sono previste all’art. 90 del Codice, laddove si stabilisce che esse debbano essere emanate dopo aver udito il Ministro della salute, il quale a sua volta acquisisce il parere del Consiglio superiore della sanità. La proroga si è resa necessaria ancora una volta per il ritardo intervenuto nello svolgimento della procedura consultiva appena esposta, necessaria al rinnovo dell’autorizzazione.