Deposito del 15/12/2010 - Pubblicazione in G. U. 22/12/2010
Motivi della segnalazione
Le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti delle regioni Umbria, Calabria, Campania, Sicilia, Lombardia e Toscana, nonché la prima giurisdizionale centrale d’appello sollevavano, sotto molteplici profili, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17, comma 30-ter, periodi secondo, terzo e quarto, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103 (Disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009), convertito con modificazioni dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141.
Tra i molteplici profili di incostituzionalità rilevati, la Corte attribuisce carattere prioritario alla censura relativa all’art. 77 Cost., in particolare con riferimento alla lamentata mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza, ai fini dell’emanazione della norma contestata, che, secondo uno dei remittenti, dovrebbero sussistere anche in relazione alle norme introdotte soltanto in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2009 e conseguentemente impugnate.
Richiamando il recente orientamento espresso con sentenza n. 171 del 2007, nella quale si ritiene non solo che la legge di conversione non ha efficacia sanante di eventuali vizi del decreto-legge ma anche che «le disposizioni della legge di conversione in quanto tali non possono essere valutate, sotto il profilo della legittimità costituzionale, autonomamente da quelle del decreto stesso» (cfr. C. cost., sent. n. 171/2007), la Corte precisa che «la valutazione in termini di necessità e di urgenza deve essere indirettamente effettuata per quelle norme, aggiunte dalla legge di conversione del decreto-legge, che non siano del tutto estranee rispetto al contenuto della decretazione d’urgenza; mentre tale valutazione non è richiesta quando la norma aggiunta sia eterogenea rispetto a tale contenuto».
Nel caso in rassegna, tuttavia, a fronte della mancata rilevazione della condizione di eterogeneità rispetto al contenuto con la conseguente indispensabile sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza prospettato dai remittenti, la Corte osserva che la valutazione in ordine alla sussistenza, in concreto, dei predetti requisiti è rimessa al Parlamento all’atto della approvazione dell’emendamento oggetto di censure.
Tale valutazione non deve tradursi in una motivazione espressa, ma è rimessa alla discrezionalità delle Camere che potrà essere sindacata soltanto se affetta da manifesta irragionevolezza o arbitrarietà, ovvero per mancanza evidente dei presupposti.
Sotto plurimi profili, infatti, viene ad essere esclusa il difetto dei requisiti predetti tanto dal punto di vista procedurale, quanto del merito. Ed invero, la norma impugnata appare dissonante rispetto al contenuto della decretazione di urgenza emessa nel quadro generale di «provvedimenti anticrisi, nonché proroga dei termini» con specifico riguardo all’esigenza di limitare ambiti, ritenuti dal legislatore troppo ampi di responsabilità dei pubblici dipendenti cui sia imputabile la lesione del diritto all’immagine delle amministrazioni di rispettiva appartenenza con la conseguenza che l’ampliamento dei casi di responsabilità di tali soggetti, se non ragionevolmente limitata in senso oggettivo, è suscettibile di determinare un rallentamento nell’efficacia e tempestività dell’azione amministrativa dei pubblici poteri, per effetto dello stato diffuso di preoccupazione che potrebbe ingenerare in coloro ai quali, in definitiva, è demandato l’esercizio dell’attività amministrativa.
Sotto altro profilo, si osserva che il legislatore ha introdotto, in sede di conversione, nuove norme che perseguono lo scopo di attenuare il regime dei controlli della Corte dei conti, nonché di limitare «l’area della gravità della colpa del dipendente incorso in responsabilità, proprio all’evidente scopo di consentire un esercizio dell’attività di amministrazione della cosa pubblica, oltre che più efficace ed efficiente, il più possibile scevro da appesantimenti, ritenuti dal legislatore eccessivamente onerosi, per chi è chiamato, appunto, a porla in essere».
Di conseguenza, la Corte riconduce la norma in questione «all’alveo dei meccanismi, previsti con il citato decreto-legge, aventi lo scopo di introdurre nell’ordinamento misure dirette al superamento della attuale crisi in cui versa il Paese», proprio alla luce dell’ampiezza della disposizione della rubrica del decreto legge e del quadro normativo risultante tanto dalle disposizioni “originarie” quanto da quelle “aggiuntive” introdotte in sede di conversione.
Riferimenti principali: Ordinanza n. 125/2010; Sentenze nn. 391/1995, 171/2007 e 116/2006