La legge in parola mira ad adeguare la disciplina regionale a quella nazionale dettata dal Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 163 del 2006). In particolare, le disposizioni censurate sono contenute negli artt. 3 e 4 della legge ed i parametri di illegittimità invocati sono l’art. 14, lett. g) dello Statuto e l’art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione (e, in via indiretta, alcuni articoli del Codice stesso e della direttiva comunitaria 2004/18/CE).
Il Commissario dello Stato, prendendo le mosse dalla constatazione della appartenenza della materia “lavori pubblici” agli ambiti di competenza esclusiva regionale ai sensi dell’art. 14, lett. g) dello Statuto, rammenta che questi devono comunque esercitarsi «nei limiti delle leggi costituzionali e senza pregiudizio delle riforme economico-sociali». All’interno di tali limiti vi sarebbe quello derivante dl rispetto del principio della tutela della concorrenza, riconducibile anche ad un principio generale del diritto dell’Unione europea e dunque destinato a vincolare la Regione siciliana pure in forza dell’art. 117, primo comma della Costituzione. Tutela della concorrenze che è, inoltre, una materia di competenza statale esclusiva.
Le disposizioni impugnate, incidendo sulle procedure di selezione dei concorrenti e di affidamento in materia di appalti, sarebbero dunque illegittime, in parte perché contrastano con la disciplina nazionale, ed in parte perché, pur riproducendo detta disciplina, non garantirebbero «l’indispensabile rinvio dinamico alla eventuale legislazione nazionale successivamente introdotta», sì da evitare un ritardato adeguamento alla stessa.
Come da prassi, la legge è stata promulgata parzialmente, omettendo le parti oggetto di impugnazione e pubblicata nella GURS n. 35 del 6 agosto 2010.