Gli statuti degli enti locali nel sistema delle fonti
Sent. TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 19.11. 2012, n. 2369
Il TAR Sicilia ribadisce (cfr. T.A.R. Sicilia-Palermo, sez. I, 18 maggio 2007, n. 1374) che gli statuti comunali, nonostante la riforma del titolo V della Costituzione, non hanno acquistato forza normativa pari a quella della legge. Ricorda, poi, che il C.G.A. con sentenza 2 marzo 2006 n. 69 ha avuto modo di precisare che, sebbene secondo l'art. 114 della Costituzione, come sostituto dalla legge cost. n. 3/2001, i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni siano enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione, da ciò non deve trarsi l'erroneo (ed eccessivo) corollario che lo statuto comunale sia ormai divenuto legibus solutus, potendo il suo contenuto prescindere dalle norme e dai limiti che gli siano imposti dalla legge statale ovvero dalla legge regionale nelle regioni dotate di competenza normativa nella materia degli enti locali, come è in Sicilia ex art. 14, lett. o), dello statuto.
Gli statuti, dopo la predetta riforma costituzionale, costituiscono invero una peculiare fonte di livello subprimario (o supersecondario), poiché - contrariamente ai vecchi regolamenti comunali, previsti dalla legge ordinaria - sono espressamente contemplati dalla Costituzione. Ne deriva che essi restano comunque soggetti alla legge ordinaria, talché non possono porsi in contrasto con regole poste da norme primarie. Da ciò discende che eventuali modifiche legislative inerenti a materie disciplinate anche in sede statutaria trovano immediata applicazione, indipendentemente da un sollecito adeguamento statutario.