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Della necessaria intermediazione dello statuto per far valere il principio delle pari opportunità tra donne e uomini nella composizione della giunta comunale (2/2013)

Sent. TAR PUGLIA, Lecce, sez. I, 7.2.2013, n. 289

L'art. 48 dello Statuto del comune di Salice Salentino, rubricato "Pari Opportunità", dispone che: "per promuovere la presenza di entrambi i sessi nella Giunta, di essa deve far parte almeno un assessore di sesso femminile, salvo espressa rinuncia da parte delle interessate o l'assenza nella maggioranza di Consiglieri di sesso femminile".

Dispone poi il secondo comma del medesimo articolo che: "il verificarsi delle circostanze del comma precedente non obbliga il Sindaco a nominare assessori di sesso femminile persone estranee al Consiglio".

Tale essendo il tenore dell'art. 48 dello Statuto, reputa il Collegio che – diversamente dalla fattispecie decisa con sentenza di questo stesso TAR n. 2025/12 (nella specie, il relativo statuto aveva una portata assolutamente generica, enunciando un mero obiettivo, valevole in chiave soltanto programmatica, sicché esso non era idoneo a veicolare in concreto la discrezionalità politica del Sindaco, imponendogli la nomina di assessori di sesso femminile) – detta previsione statutaria ha un sufficiente contenuto precettivo. Invero, essa prevede, nel primo comma, una regola specifica, rappresentata dalla necessità che della giunta municipale faccia parte "almeno un assessore di sesso femminile".

La sentenza prosegue offrendo un coordinamento interpretativo della regola generale dettata dal primo comma dell'art. 48, con quella, di tipo eccettuativo, espressa nel secondo comma del medesimo articolo. E sul punto, ribadisce il Collegio, confermando il proprio, precedente orientamento (TAR Lecce, n. 1162/12), che al fine di contemperare gli opposti interessi, in caso di assenza di donne all'interno della maggioranza consiliare il Sindaco non può ritenersi obbligato ad individuare assessori di sesso femminile al di fuori della maggioranza consiliare oppure al di fuori della compagine consiliare, ma neppure può ritenersi tout court esonerato dall'obbligo di nomina di assessori di sesso femminile, occorrendo invece che egli svolga un minimum di indagini conoscitive, tese ad individuare, all'interno della società civile (e beninteso nel solo bacino territoriale di riferimento del Comune, non potendo dirsi obbligato a spingersi oltre), personalità femminili in possesso di quelle qualità – doti professionali, nonché condivisione dei valori etico-politici propri della maggioranza uscita vittoriosa alle elezioni – necessarie per ricoprire l'incarico di componente la giunta municipale.

E' ovvio che tali indagini e, con esse la nomina di assessori di sesso femminile al di fuori della maggioranza consiliare, avranno ragion d'essere solo se compatibili con l'esigenza primaria della "governabilità", cioè se non pregiudicano l'esistenza del "governo locale" espresso dalle urne.

Di tali indagini, e del loro esito, dovrà darsi conto, anche in sintesi, nel decreto sindacale con il quale vengano eventualmente nominati unicamente assessori di sesso maschile.

Solo entro tali termini, pertanto, può dirsi che non vi è obbligo del sindaco "a nominare assessori di sesso femminile persone estranee al Consiglio", secondo il dettato dell'art. 48, 2° comma, Statuto comunale. E solo se interpretata in tali termini, tale ultima norma può dirsi in linea con le suddette coordinate comunitarie e nazionali in punto di tutela della parità dei sessi nell'accesso alle cariche elettive.

In tal modo, trovano un sincronico punto di convergenza sia le legittime esigenze connesse al rispetto delle scelte politiche e degli equilibri di coalizione, e sia quelle – altrettanto meritevoli di tutela – di rispetto della parità di sessi nell'accesso ai pubblici uffici. Esigenze, queste ultime, che – onde evitare il formarsi di "zone franche", sottratte come tali al controllo giurisdizionale garantito dall'art. 113 Cost. – esigono la sussistenza di decreti sindacali adeguatamente motivati in caso di mancata nomina in giunta di assessori donna, sì da rendere possibile uno scrutinio giurisdizionale che non sia soltanto formale ed estrinseco (la provenienza dell'atto dal sindaco, il rispetto dei tempi normativamente previsti, ecc.), ma pieno ed effettivo, in linea con le coordinate costituzionali e comunitarie (art. 111 Cost; 6 CEDU) in punto di effettività della tutela giurisdizionale.

Lo Statuto comunale oggetto della citata sentenza n. 2025/2012 prevede solo tra i "Principi fondamentali", all'art. 3, comma 2, lett. l), che "il Comune ispira la propria azione alle seguenti finalità: l) promuovere e favorire iniziative che assicurino condizioni sostanziali di pari opportunità per il superamento di ogni discriminazione tra i sessi".

Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 5.12.2012, n. 6228 (in questa Rivista, n. 1.2013); di diverso avviso cfr. TAR Campania sez. I, 7.11. 2011, n. 5167 (in questa Rivista, n. 1.2012), TAR Calabria, 27.9.2012, n. 589 (in questa Rivista, n. 3.2012) e TAR Piemonte sez. I, 10.1.2013, n. 24 in questa Rivista, n. 1.2013) che asseriscono l'immediata applicabilità del principio costituzionale delle pari opportunità indipendentemente dalla sua mancata previsione nel testo statutario comunale

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