Archivio rubriche 2013

Segnalazioni (3/2013)

Scheda n. 1

Gli statuti degli enti locali nel sistema delle fonti. 

Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. I., 20.6.2013, n. 15493 

La I sezione della Corte di Cassazione ribadisce, sia pur incidentalmente, la natura paraprimaria o sub primaria dello statuto comunale.

 


Scheda n. 2

Per gli statuti degli enti locali vale il principio iura novit curia.

Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. I., 20.6.2013, n. 15493

La conoscenza dello statuto del Comune, atto a contenuto normativo di rango paraprimario o subprimario, appartiene, in considerazione anche della forma di pubblicità cui tale fonte è soggetta, alla scienza ufficiale del giudice, il quale è pertanto tenuto - in applicazione del principio iura novit curia, discendente dall'art. 113 c.p.c. - a disporne l'acquisizione, anche d’ufficio, ed a farne applicazione ai fatti sottoposti al suo esame, pur prescindendo dalle prospettazioni delle parti (Cass. sez. un., n. 12868/2005).


Scheda n. 3

Statuto e rappresentanza processuale dell’ente locale.

Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. un., 23.3.2013, n. 17859

Il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 6, comma 2, primo periodo dispone tra l'altro: "Lo statuto, nell'ambito dei principi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica ... i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio. ...". A sua volta, lo stesso d.lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 2, stabilisce, tra l'altro, che "Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente ...".

Le sezioni unite ribadiscono l’orientamento della Corte, in base al quale nel nuovo ordinamento delle autonomie locali compete esclusivamente al sindaco il potere di conferire al difensore del comune la procura alle liti, senza necessità di autorizzazione della giunta municipale, salvo che una disposizione statutaria la richieda espressamente, essendo attribuita al sindaco l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del comune (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 10099 del 2007), e ribadiscono l’orientamento per il quale nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, la rappresentanza processuale del comune spetta istituzionalmente al sindaco, cui compete, in via esclusiva, il potere di conferire al difensore la procura alle liti, senza necessità di autorizzazione della giunta municipale, salvo che una disposizione statutaria la richieda espressamente, spettando in tal caso alla parte interessata provare la carenza di tale autorizzazione mediante la produzione di idonea documentazione (cfr., ex plurimis, l'ordinanza n. 13968 del 2010).


Scheda n. 4

Statuto e rappresentanza processuale dell’ente locale.

Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. trib., 7.6.2013, n. 14389

Nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l'autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all'azione.

Nel caso in cui l'ente agisca in giudizio, proponendo appello avverso una sentenza totalmente o parzialmente sfavorevole della commissione tributaria provinciale, possono configurarsi due diverse situazioni con riferimento alla mancanza del potere rappresentativo da parte del sindaco allorché non sia previamente autorizzato ad agire in giudizio da parte della Giunta.

Occorre, infatti, verificare se lo statuto comunale - competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio ("ex" art. 6, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) - preveda l'autorizzazione della giunta, ovvero una preventiva determinazione del competente dirigente.

Ove l'autonomia statutaria si sia così indirizzata, l'autorizzazione giuntale o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell'organo titolare della rappresentanza (Cass., sez. un., sentenza n. 12868 del 16/06/2005).

Invece, in mancanza di una disposizione statutaria che la richieda espressamente l'autorizzazione alla lite da parte della giunta municipale non costituisce atto necessario ai fini del promuovimento di azioni o della resistenza in giudizio da parte del sindaco.

Quest'ultimo, infatti, trae la propria investitura direttamente dal corpo elettorale e costituisce, esso stesso, fonte di legittimazione dei componenti della giunta municipale, nel quadro di un sistema costituzionale e normativo di riferimento profondamente influenzato dalle modifiche apportate al Titolo V della Parte II della Costituzione dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, nonché di quelle introdotte dalla l. n. 131 del 2003 con ripercussioni anche sull'impianto del d.lgs. n. 267 del 2000, il cui art. 50 indica il sindaco quale organo responsabile dell'amministrazione comunale e gli attribuisce la rappresentanza dell'ente (ex multis Cass. 21330/06).

Nel caso di specie, l'art. 34 dello statuto del Comune di Giarre prevede che "la giunta comunale... autorizza il sindaco a stare in giudizio come attore o come convenuto, dinanzi alla magistratura ordinaria, amministrativa, agli organi amministrativi o tributari, approva transazioni o rinuncia alle liti".

Viene, quindi demandata alla giunta comunale, mediante apposita autorizzazione la valutazione dell'ente in ordine all'opportunità di agire in giudizio e quindi, di impugnare la sentenza della commissione tributaria provinciale.

In tal caso l'autorizzazione della giunta comunale costituisce atto necessario, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell'organo titolare della rappresentanza.

La sezione tributaria accoglie, quindi, il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata con la declaratoria di improcedibilità dell'appello, (art. 382 c.p.c., comma 3) del comune di Giarre perché l'azione non poteva essere proseguita.

 


 

Scheda n. 5

Statuto e rappresentanza processuale dell’ente locale.

Sent. CASSAZIONE CIVILE sez. I., 20.6.2013, n. 15493

L'art. 37 dello Statuto comunale di Benevento affida ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, il potere di promuovere e resistere alle liti, cioè la rappresentanza a stare in giudizio, con la conseguenza che il dirigente dell'ufficio legale può costituirsi senza bisogno di procura ovvero attribuire l'incarico ad un professionista legale interno o del libero foro.

La sezione della Corte ricorda l’orientamento della Cassazione in base al quale nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto del Comune - ed anche il regolamento del Comune, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria non sussista, il sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50.

In particolare, qualora lo statuto (o, nei limiti già indicati, il regolamento) affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all'intero contenzioso al dirigente dell'ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l'incarico ad un professionista legale interno o del libero foro (salve le ipotesi, legalmente tipizzate, nelle quali l'ente locale può stare in giudizio senza il ministero di un legale) e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione (Cass. n. 4556/2012).

 


Scheda n. 6

Del rispetto del principio di pari opportunità tra uomini e donne da parte dello statuto comunale.

Sent. TAR UMBRIA, sez. I, 20.6.2013, n. 338

L'art. 30 dello statuto del comune di Assisi prevede, con specifico riguardo alla composizione della Giunta, che "il Sindaco nomina il Vice Sindaco e gli Assessori prima dell'insediamento del Consiglio Comunale, assicurando di norma la presenza di ambo i sessi", così ponendo un limite conformativo, seppure elastico, alla composizione della Giunta. Detta disposizione, in conformità ai limiti della normativa allora vigente (art. 6, terzo comma t.u.e.l. che stabiliva - prima della data di entrata in vigore della legge n. 215 del 2012 che ha sostituito il verbo promuovere col verbo garantire - che “Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti”), imponeva una "azione positiva per obiettivo legale", intesa come misura volta al perseguimento di uno specifico risultato (il riequilibrio tra i generi) sia pur in modo elastico (“di norma”).

Si tratta dunque, ad avviso del Collegio, che pur non ignora l'esistenza di qualche pronuncia informata ad un diverso criterio ermeneutico (a titolo esemplificativo, T.A.R. Lazio, sez. II bis, 21 gennaio 2013, n. 633), di una disposizione statutaria legittima, e non contrastante con le norme di rango sovraordinato vigenti al momento dell'emanazione del provvedimento di nomina della giunta oggetto del giudizio, anche sulla scorta del prevalente indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. V, 27 luglio 2011, n. 4502; Sez. V, 21 giugno 2012, n. 3670, concernenti peraltro statuti regionali, alle quali può aggiungersi anche Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6228), in quanto idonea a veicolare in concreto la discrezionalità politica in questo settore (in proposito, anche Corte cost., 5 aprile 2012, n. 81).

Non si pone quindi un problema di contrasto dell’art. 30 dello statuto del comune di Assisi né con l’art. 51 della Costituzione che ad avviso del Collegio contiene una previsione priva di cogenza piena, ma neppure solamente programmatica: si tratterebbe di una previsione ‘promozionale’, che cioè impone una ‘positive action’ di tipo promozionale, ma che richiede pur sempre l’intermediazione legislativa. Né un problema di contrasto con l’art. 6 del t.u.e.l. nella formulazione vigente prima dell’entrata in vigore della l. n. 215/2012.

 


Scheda n. 7

L’approvazione del regolamento comunale di accesso ai posti in pianta organica non costituisce lesione attuale degli interessi dei dipendenti.

Sent. TAR SICILIA, Catania sez. II, 14.6.2013, n. 1783.

Non è ammissibile il ricorso contro il regolamento comunale di “accesso ai posti in pianta organica”, che è qualificabile quale atto di macro-organizzazione (atto cioè che definisce le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, nonché la determinazione delle dotazioni organiche complessive). Non è atto, infatti, idoneo a concretizzare una lesione attuale dell’interesse del ricorrente che solo nel momento in cui tali previsioni riceveranno concreta attuazione, mediante l’emanazione di appositi provvedimenti amministrativi, potrà ricorrere per le vie giudiziarie. 

 

 


Scheda n. 8

Regolamento comunale ed iniziativa economica privata in materia di impianti pubblicitari.

Sent. TAR Basilicata, sez. I, 21.6.2013, n. 362

Il Tar Basilicata  (cfr. sent. n. 92 del 28.2.2013 ed ordinanza n. 40 del 7.2.2008 e n. 413 del 2.12.2009) aderisce all'orientamento giurisprudenziale (cfr. TAR Lazio sez. II sent. n. 12951 dell'11.12.2007; TAR Latina sent. n. 7 del 4.1.2007; TAR Piemonte sez. I sent. 431 del 9.3.2005; TAR Bari sez. III sent. n. 582 del 16.2.2005; TAR Catania sez. II sent. n. 10 del 5.1.2005), secondo cui la mancanza del Regolamento comunale ex art. 3, comma 3, d.lg.vo n. 507/1993 e/o del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari ex art. 36, comma 8, d.lg.vo n. 507/1993, per essere compatibile con l'art. 41 Cost. e con l'art. 2, l. n. 241/1990 (che impone alle Pubbliche Amministrazioni l'onere di determinare per ciascun procedimento il termine entro cui esso deve essere concluso), non può inibire sine die le installazioni pubblicitarie e non può impedire l'esercizio dell'attività economica nel settore della pubblicità. Infatti l'esercizio dell'attività economica non può essere subordinato alla condizione meramente potestativa di quando il Comune decida di adottare i suddetti strumenti programmatori, per cui in tale situazione i Comuni devono verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi alla stregua dei criteri e dei principi, fissati dalle norme a tutela della sicurezza, della viabilità, dell'ambiente e del paesaggio. Come ricorda il Tar Basilicata tale orientamento giurisprudenziale specifica anche che, nel caso di diniego al rilascio dell'autorizzazione per l'installazione di impianti pubblicitari, motivato con la mancata adozione del Regolamento Comunale del PRIP, il Comune può essere condannato al risarcimento in forma specifica, mediante il rilascio in via provvisoria di autorizzazioni temporanee (sia pure nel rispetto di tutti i valori ambientali e di tutte le esigenze di sicurezza della circolazione implicati), le quali perderanno automaticamente efficacia nel momento dell'adozione del Regolamento e del PRIP, con conseguente obbligo di immediata rimozione, da parte dei soggetti privati, degli impianti pubblicitari, autorizzati provvisoriamente.

D.lg. 15 novembre 1993, n. 507

“Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”

Art. 3, comma terzo: Il regolamento deve in ogni caso determinare la tipologia  e  la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per  ottenere  il provvedimento  per  l'installazione,  nonché  i   criteri   per   la realizzazione  del  piano  generale  degli  impianti.  Deve  altresì stabilire la ripartizione della superficie degli impianti pubblici da destinare alle affissioni di natura istituzionale, sociale o comunque prive di rilevanza economica e quella da destinare alle affissioni di natura  commerciale,  nonché  la  superficie   degli   impianti   da attribuire a soggetti  privati,  per  l'effettuazione  di  affissioni dirette.

Art. 36, comma ottavo: Il comune non dà corso alle istanze per l'installazione di impianti pubblicitari, ove i relativi provvedimenti non siano già stati adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto, né può autorizzare l'installazione di nuovi impianti fino all'approvazione  del  regolamento  comunale  e  del  piano  generale previsti dall'art. 3.

 

 


Scheda n. 9

Il regolamento comunale sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea può disciplinare le sanzioni conseguenti a violazioni delle modalità di svolgimento del servizio.

Sent. TAR LOMBARDIA, Milano, sez. I, 10.9.2013, n. 2112

La disciplina legislativa in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea è dettata dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21. L'art. 4 ("competenze regionali") prescrive che: "1. Le Regioni esercitano le loro competenze in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea ai sensi del decreto dei Presidente della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616, e nel quadro dei principi fissati dalla presente legge.  2. "Le regioni, stabiliti i criteri cui devono attenersi i comuni nel redigere i regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, delegano agli enti locali l'esercizio delle funzioni amministrative attuative di cui ai comma 1, al fine di realizzare una versione integrata del trasporto pubblico non di linea con gli altri modi di trasporto, nel quadro della programmazione economica e territoriale. 3. Nel rispetto delle norme regionali, gli enti locali delegati, disciplinano l'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea a mezzo di specifici regolamenti".

Ai sensi poi dell'art. 5 ("competenze comunali"): "1. I comuni, nel predisporre i regolamenti sull'esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, stabiliscono: a) il numero ed il tipo dei veicoli e dei natanti da adibire ad ogni singolo servizio; b) le modalità per lo svolgimento del servizio; c) i criteri per la determinazione delle tariffe del servizio taxi; d) i requisiti e le condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio dei servizio taxi e della autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente".

Nell'ambito di tale cornice regolativa, l'Amministrazione comunale di Milano ha approvato il Regolamento per il servizio pubblico delle autovetture da piazza (taxi), non solo definendo i requisiti e le condizioni per rilasciare la licenza, le modalità di esercizio del servizio, la disciplina e l'organizzazione dello stesso, le caratteristiche dei tassametri e le norme di comportamento che i conducenti di autopubbliche devono osservare, ma anche individuando le ipotesi di violazione delle modalità di svolgimento del servizio pubblico e le relative conseguenze sul piano sanzionatorio.

Sulla questione della latitudine dei poteri regolamentari del Comune, il Collegio non può che prendere atto dell'orientamento oramai più volte espresso dal Consiglio di Stato (sia pure in sede cautelare sospendendo l'esecutività delle sentenze di questo Tribunale nn. 431/2012 e n. 803/2012) secondo cui l'attribuzione in capo al Comune, ex art. 5 della legge 15 gennaio 1992, n. 21, della competenza, da esercitare in via regolamentare, a stabilire le modalità per lo svolgimento del servizio, nonché dei requisiti e delle condizioni per il rilascio dei relativi provvedimenti autorizzativi, implica in via necessaria, anche alla luce dei principi di materia di contrarius actus, la legittimazione a stabilire le conseguenze derivanti, sul piano dell'efficacia del titolo, dal mancato rispetto delle regole che disciplinano lo svolgimento dell'attività autorizzata (cfr. Tar Lazio 26 aprile 2010, n. 8440 e 15 luglio 2010, n. 2994, Tar Lombardia Milano, sez. IV, 7 ottobre 2010, n. 6901 e 5 luglio 2011, n. 1776). A questa stregua, la competenza comunale a regolamentare il servizio e a rilasciare la licenza contiene "implicitamente" anche il potere di vigilanza e sanzione delle ipotesi in cui il servizio non venga svolto secondo le modalità prescritte. Pur avendo la Regione (l.r. n. 6/12) disposto la sanzione amministrativa della sospensione della licenza soltanto in caso di inosservanza, da parte del tassista, dell'obbligo di prestare il servizio, ciò non è di ostacolo a che ulteriori inosservanze e violazioni vengano fissate dal regolamento comunale, comportando, se del caso, parimenti il ritiro o la sospensione della licenza.

 


Scheda n. 10

Ambiti di normazione comunale relativi all’installazione di stazioni radio base per telefonia mobile.

Sent. TAR PIEMONTE, Torino sez. I, 23.7.2013, n. 901

L'art. 16 del regolamento comunale di Romano Canavese, nel disciplinare i "Criteri per l'installazione di impianti radioelettrici per telefonia mobile e telecomunicazioni in ‘Zone neutre’", dispone: "All'interno delle zone neutre individuate, una volta dimostrata l'impossibilità effettiva a localizzarsi all'interno delle aree di attrazione, fatte salve le eventuali prescrizioni imposte dal presente regolamento, non sono poste particolari limitazioni all'installazione di impianti radio-elettrici per telefonia mobile e telecomunicazione e le istanze di autorizzazione seguono gli iter previsti dalla legislazione nazionale e regionale vigente. Rimane comunque vietata dal presente regolamento l'installazione in zona neutra di un impianto localizzato a meno di 100 m da qualsiasi abitazione. Per ciò che concerne inoltre l'installazione di impianti radiotelevisivi, la distanza minima dalle abitazioni deve essere di 1000 m".

Il Collegio rileva che la predetta norma regolamentare, limitatamente alla parte in cui vieta "comunque" l'installazione in zone neutre di impianti di telefonia mobile "a meno di 100 m da qualsiasi abitazione", è illegittima e va annullata.

Infatti, secondo consolidati e condivisi principi giurisprudenziali, "l'individuazione di una distanza minima delle stazioni radio base di telefonia mobile da particolari tipologie di insediamenti abitativi, in quanto essenzialmente preordinata a garantire la tutela della pubblica salute da ipotizzabili fonti di inquinamento, non costituisce attribuzione che l'amministrazione comunale può autonomamente esercitare, spettando tale competenza alla amministrazione statale, e tale conclusione vale anche per il generalizzato divieto di installazione delle stazioni radio base per la telefonia cellulare in tutte le zone territoriali omogenee a destinazione residenziale ovvero per l'introduzione di misure che, pur essendo astrattamente e tipicamente urbanistiche, quali le distanza, le altezze o altro, non sono in realtà funzionali al governo del territorio, ma alla tutela dei rischi dell'elettromagnetismo" (TAR Piemonte, sez. I, 19 dicembre 2008, n. 3150; TAR Catanzaro, sez. I, 3 ottobre 2012, n. 981; Consiglio di Stato, sez, VI, 6 settembre 2010, n. 6473).

Il Collegio osserva, inoltre che a rigore, il profilo di illegittimità sopra evidenziato si estenderebbe anche all'ultima parte della norma regolamentare in questione, in cui è previsto un analogo divieto (esteso questa volta a 1.000 metri) in relazione all'installazione di impianti radiotelevisi. Tuttavia, non concernendo tale prescrizione controversia in corso, e quindi non essendo stata oggetto di censura da parte della ricorrente, il collegio non può pronunciarsi su questa parte della norma regolamentare, restando peraltro in facoltà dell'amministrazione comunale di provvedere eventualmente in autotutela all'annullamento o alla modifica della stessa sulla scorta dei richiamati principi giurisprudenziali.

 


Scheda n. 11

Ambiti di normazione comunale relativi all’installazione di stazioni radio base per telefonia mobile.

Sent. TAR Abruzzo Pescara, sez. I, 3.9.2013, n. 451

Il fatto che gli impianti di telefonia mobile siano da considerare come opere di urbanizzazione primaria non rimette all'assoluto arbitrio del privato la loro localizzazione all'interno del territorio comunale, atteso che proprio l'articolo 8, comma 6 della legge n. 36 del 2001 riserva ai Comune un potere pianificatorio degli insediamenti sia in funzione del corretto e armonico sviluppo urbanistico (così come avviene, del resto, anche per le stesse opere di urbanizzazione primaria) sia per minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, senza per ciò stesso modificare in modo generale ed astratto i limiti nazionali di esposizione ai campi medesimi.

A tal fine, il Comune, come noto, non può dettare prescrizioni limitative generiche (ad esempio in materia di distanze da strade, nuclei abitati, ecc...), cioè non può imporre limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo (cfr. in tal senso Tar Napoli sentenza n. 2461 del 2013 e la giurisprudenza ivi richiamata); e difatti, nel caso di specie, l'Amministrazione resistente non ha operato in tal senso, ma ha individuato delle zone specifiche sulla cartografia del PRG, nell'ambito del suo potere di pianificazione, al fine di minimizzare l'esposizione della popolazione e di salvaguardare interessi urbanistici ed edilizi (come specificato nell'articolo 3 del regolamento in questione).

Ad avviso del TAR la disposizione va valutata nella sua concretezza ed oggettività, al di là di meri proclami di carattere non precettivo, come l'articolo 2 del regolamento comunale per gli insediamenti, citato nel ricorso, secondo cui "con il presente regolamento il Comune intende assicurare il corretto insediamento urbanistico degli impianti per telefonia mobile, perseguendo in via prioritaria la salvaguardia dell'ambiente dall'inquinamento elettromagnetico, la prevenzione e la tutela sanitaria".

In sostanza, come precisato ripetutamente in giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sentenze n. 4631 del 2009, n. 9414 del 2010, n. 3783 del 2011), in base alla legge 22 febbraio 2001 n. 36, i Comuni possono, in un'ottica di ottimale disciplina d'uso del territorio, adottare misure per la localizzazione delle stazioni radio base, anche integrative rispetto alla disciplina vigente, in modo tale da minimizzare l'esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, senza tuttavia per questo potersi spingere fino ad impedire - o a rendere eccessivamente onerosa - la possibilità di installare impianti di telefonia sul territorio comunale.

 

 


Scheda n. 12 

Ambiti di normazione comunale relativi all’installazione di stazioni radio base per telefonia mobile.

Sent. TAR Sicilia, Catania, sez. I, 26.9.2013, n. 2286

In materia di localizzazione degli impianti di telecomunicazione, ai comuni spetta, alla luce delle competenze urbanistiche e edilizie inerenti il governo del territorio e tenuto conto della competenza aggiuntiva e diversa relativa alla minimizzazione del rischio per la salute della popolazione, disciplinare con regolamento la localizzazione ottimale degli impianti di telecomunicazione, potendo dettare regole diverse, rispetto a quelle prescritte per la generalità degli altri impianti, nella misura in cui esse siano volte a contemperare ragionevolmente gli opposti interessi coinvolti, senza violare i valori di campo stabiliti dallo Stato e gli obiettivi di qualità definiti dalle Regioni. Poiché i regolamenti comunali di minimizzazione di cui all'art. 8, comma 6, legge quadro n. 36 del 2001 debbono limitarsi a dettare prescrizioni urbanistico-edilizie di mero carattere integrativo, volte ad imporre ubicazioni specifiche o caratteristiche tecniche determinate, risultano compatibili con i limiti delle competenze comunali: l'indicazione d'accorgimenti tecnici particolari da adottare nella realizzazione degli impianti, quali ad esempio schermature idonee a neutralizzare o ridurre l'emissione di onde elettromagnetiche all'esterno; l'indicazione di siti idonei, nel rispetto della zonizzazione prevista dal piano regolatore generale, tenuto conto dell'esigenza di evitare l'esposizione alle onde elettromagnetiche di soggetti fragili (bambini, anziani, ammalati) e di ridurre l'impatto sul territorio dal punto di vista urbanistico-edilizio.

 

 


Scheda n. 13

Del potere di ordinanza ex art. 9, l. n. 447/1995 “legge quadro sull'inquinamento acustico”.

Sent. TAR PIEMONTE, Torino sez. I 12.6.2013, n. 708

L’art. 9 della legge 447/1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico) attribuisce espressamente al Sindaco il potere di adottare ordinanze per il contenimento o l'abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Si tratta di un potere sostanzialmente analogo a quello attribuito al Sindaco dal d.lgs. 267/2000 agli articoli 50 e 54, e che, pertanto, deve essere esercitato dal Sindaco stesso, con esclusione della competenza dei dirigenti, cui spetta invece l'adozione di tutti gli atti di gestione del Comune, ai sensi dell'art. 107 del medesimo d.lgs. 267/2000 (cfr. in termini T.A.R. Milano sez. IV, 23 gennaio 2012 n. 256).

Il TAR ricorda, inoltre, che in altra fattispecie in cui si contestava la competenza del sindaco in subiecta materia in ragione dell'asserita insussistenza dei presupposti necessari per l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti, la Sezione I ha respinto l'eccezione di incompetenza, rilevando che la legge non prevede un potere amministrativo "ordinario" - come tale di competenza dirigenziale - che consenta di ottenere il risultato dell'immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti. Pertanto, l'accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, pur se non coinvolgente l'intera collettività, appare sufficiente a concretare l'eccezionale e urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica, con l'efficace strumento previsto dall'art. 9, primo comma della citata l. n. 447 del 1995, azionabile dal Sindaco (T.A.R. Piemonte sez. I, 21 dicembre 2012, n. 1382).

Per le ragioni esposte, il TAR conclude che il provvedimento qui impugnato avrebbe dovuto essere adottato, ex art. 9 della legge 447/1995, dal Sindaco del Comune di Leinì, e non dal Dirigente. Da qui, la fondatezza del vizio di incompetenza, con conseguente annullamento dell'atto impugnato.

 


Scheda n. 14

Dei presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR CALABRIA, Catanzaro sez. II 6.6.2013, n. 643

Il potere esercitato in base all'art. 54, del d.lg. 18.8.2000 n. 267 presuppone una situazione di pericolo effettivo - da indicare espressamente - avente i caratteri della temporaneità, che non può essere affrontata con nessun altro tipo di provvedimento.

In altri termini, tale provvedimento atipico, di natura eccezionale, previsto per fronteggiare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini, non può essere utilizzato ai fini della cura di esigenze prevedibili e ordinarie e va giustificato dalla sussistenza di situazioni eccezionali ed impreviste, incompatibili con i tempi occorrenti per l'espletamento degli ordinari procedimenti e con l'utilizzo dei provvedimenti tipizzati previsti dall'ordinamento giuridico.

Nel caso di specie, l'impugnata ordinanza avente ad oggetto "divieto di organizzazione  e  svolgimento  a qualsiasi titolo di competizioni automobilistiche  e  motociclistiche in  loc.  Scorciapecore del comune di Tarsia" risulta giustificata, sostanzialmente, dal rischio di incolumità, anche in relazioni a fenomeni sismici che potrebbero aver causato situazioni di pericolo per il circuito non visibili e che potrebbero ripetersi, a sbancamenti e riporti di terreno che sarebbero stati effettuati, alla strada di accesso sprovvista dei prescritti requisiti, con implicazioni di ordine pubblico, anche in correlazione alle condizioni di sicurezza per i partecipanti.

Trattasi, a ben vedere, di situazioni suscettibili di poter essere fronteggiate con l'esercizio dei poteri attribuiti in via ordinaria in materia di regolamentazione dell'uso del territorio agli enti locali.

Ad avviso del Collegio non risultano essere state esaustivamente indicate quelle ragioni di imprevedibilità ed eccezionalità del pericolo (T.A.R. Piemonte, Sez. II, 16 gennaio 2006, n. 88; TAR Toscana, Sez. II, 2.12.2009 n. 2584), tali da giustificare il ricorso allo strumento ex art. 54 t.u.e.l., tenuto presente il lasso di tempo intercorrente fra l'emanazione dell'ordinanza e le due gare - Ord. n. 31/2012, pubblicata all'Albo del Comune di Tarsia il 12.6.2011 con cui è stato inibito al ricorrente lo svolgimento delle gare di go-kart, programmate per le date del 24.06.2012 e del 14.10.2012 - essendosi, invero, il Sindaco limitato ad enunciare, genericamente, la sussistenza di rischi di carattere sismico e di gravi disagi, connessi alla presenza nel territorio del circuito delle gare di che trattasi.

Invero, sul piano del periculum in mora, il Comune non fa esaustivo riferimento agli elementi da cui avrebbe dedotto il rischio sismico ed alle ragioni per le quali non avrebbe potuto attivarsi con i mezzi ordinari nel lasso di tempo sufficiente per predisporre congrua istruttoria.

È, pertanto, evidente che la mancata indicazione dei predetti requisiti di eccezionalità ed imprevedibilità del pericolo, e, per l'effetto, dell'urgenza dell'intervento e dell'impossibilità di utilizzare gli altri strumenti previsti dal sistema, vizia irreparabilmente l'ordinanza impugnata, rendendone inevitabile il suo annullamento, anche in considerazione del fatto che i problemi evidenziati non risultano supportati dalle risultanze di un'adeguata istruttoria.

In definitiva, non sembra al Collegio che, nel caso di specie, la potestà di emanare ordinanze contingibili ed urgenti sia stata esercitata secondo modalità ragionevoli, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, che non consentono di trasmodare in un uso generalizzato per la disciplina delle più svariate situazioni.

 


Scheda n. 15

Dei presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR CALABRIA, Catanzaro sez. I 26.6.2013, n. 709

È noto che la possibilità di ricorrere allo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente è legata alla sussistenza di un pericolo concreto e attuale, che impone di provvedere in via d'urgenza con strumenti "extra ordinem" per porre rimedio a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale ed imminente per l'incolumità pubblica, non fronteggiabili con gli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento (fra le altre, TAR Piemonte, sez. I, 21 dicembre 2012 n. 1382; TAR Puglia sez. II, 5 giugno 2012 n. 1099; Cons. St., sez. V, 25 maggio 2012 n. 3077; TAR Calabria, sez. I, 9 marzo 2012 n. 245).

Tra i requisiti di validità delle ordinanze contingibili ed urgenti vi è, inoltre, la fissazione di un termine di efficacia del provvedimento. Il carattere della contingibilità esprime l'urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in casi di pericolo attuale od imminente e a ciò è correlato necessariamente il carattere della provvisorietà, che implica che le misure previste devono avere efficacia temporalmente limitata (Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2001 n. 580).

Va, infine, rilevato che il potere di ordinanza presuppone che la sussistenza di situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo sia suffragata da istruttoria adeguata e da congrua motivazione (Cons. St., sez. V, 25 maggio 2012 n. 3077).

Dal testo dell'ordinanza si desume agevolmente che il provvedimento non è volto a far fronte ad un evento di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale ed imminente per l'incolumità pubblica, giacché si legge nella stessa che l'accesso in questione è utilizzato periodicamente e in maniera consuetudinaria fin dall'anno 1991.

Ne deriva che la necessità di utilizzare la strada privata non è frutto di un evento eccezionale e imprevedibile, ma di una situazione cui l'Ente avrebbe ben potuto fare fronte con i mezzi ordinari, vale a dire mediante provvedimenti ablativi ovvero mediante l'esecuzione di lavori pubblici sulla strada attraversata dal ponte ferroviario.

Anche in conseguenza di ciò, il provvedimento in questione non presenta quel carattere di provvisorietà che deve essere proprio dei provvedimenti extra ordinem, che costituiscono un'eccezionale deroga al principio di tipicità e nominatività dei provvedimenti amministrativi. Manca, infatti, la fissazione di un termine, che, come detto, costituisce una condizione di legittimità di provvedimenti del genere.

Consegue a ciò l'illegittimità dell'ordinanza impugnata, che deve essere, pertanto annullata.

 


 Scheda n. 16

Dei presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco.

Sent. TAR Lazio, Latina, sez. I, 17.7 2013. n. 627

Ai fini dell'emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Sindaco ex art. 54 t.u.e.l., volte a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini, stante l'indispensabile celerità che caratterizza l'intervento, si può prescindere dalla verifica della responsabilità di un determinato evento dannoso a carico del privato interessato (C.d.S., sez. V, 15 febbraio 2010, n. 820; id., sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525; nello stesso senso v., altresì, C.d.S., sez. II, 31 gennaio 2011, n. 387). Con riferimento all'ordinanza del Sindaco contingibile ed urgente, contenente ordine al proprietario di un'area di bonificarla dalla situazione di degrado e di pericolo per la salute, si precisa come l'ordinanza de qua non abbia carattere sanzionatorio, non dipendendo dall'individuazione di una responsabilità del proprietario per la situazione inquinante, ma solo ripristinatorio, per essere diretta solamente alla rimozione dello stato di pericolo ed a prevenire danni alla salute pubblica: pertanto, legittimamente l'ordinanza viene indirizzata al proprietario dell'area, cioè a chi si trova con questa in rapporto tale da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché detta situazione non possa essergli imputata (C.d.S., sez. V, 7 settembre 2007, n. 4718). 

 

 


 Scheda n. 17

Della notifica del ricorso avverso le ordinanze sindacali ex art. 54 t.u.

Sent. TAR Lazio, Latina, sez. I, 17.7 2013. n. 627

Il Tar è chiamato a stabilire se il ricorso contro un’ordinanza sindacale ex art. 54 t.u.  sia stato correttamente proposto mediante la notifica al Sindaco, quale Ufficiale di Governo, presso la sede comunale, ed al Comune, e non anche al Sindaco, presso la competente sede dell'Avvocatura dello Stato.Il Collegio ritiene corretta la notificazione del ricorso al Sindaco effettuata dagli odierni ricorrenti presso la sede del Comune, alla stregua della giurisprudenza prevalente, secondo cui, pur se il Sindaco agisca quale ufficiale di Governo, la notificazione dell'impugnazione di atti adottati dall'amministrazione comunale va, comunque, eseguita presso la sede del Comune, anziché presso l'Avvocatura dello Stato: infatti, si è osservato che neanche l'esercizio, da parte del Sindaco, delle funzioni di ufficiale di Governo, è sufficiente affinché risultino applicabili le norme del r.d. n. 1611/1933 sull'Avvocatura dello Stato, che attribuiscono a quest'ultima la rappresentanza in giudizio (e la domiciliazione ex lege) delle Amministrazioni statali e delle altre Amministrazioni specificamente indicate da disposizioni di legge, poiché tra queste non rientra la figura del Sindaco, neppure quale ufficiale di Governo (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 5 gennaio 2011, n. 22; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 11 luglio 2005, n. 5607).

Del resto, quando il Sindaco, nell'adempimento delle sue funzioni, agisce nella qualità di ufficiale di Governo, l'ordinamento disciplina un fenomeno di imputazione giuridica allo Stato degli effetti dell'atto dell'organo del Comune, cosicché il Sindaco non diventa un organo della P.A. statale, ma resta incardinato nel complesso organizzativo dell'Ente locale, senza modifiche del suo status (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 1° agosto 2011, n. 2064, con la giurisprudenza ivi richiamata). Inoltre, l'esigenza di notificare il ricorso giurisdizionale al Sindaco presso la sede municipale risulta coerente con le caratteristiche del procedimento amministrativo destinato a concludersi con il provvedimento sindacale, che viene istruito, redatto ed emesso dagli uffici dell'amministrazione comunale, alla quale compete anche di valutare, secondo le normali regole, il comportamento da tenere nel caso di impugnazione dell'atto in sede giurisdizionale (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2064/2011, cit.).

 

 

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