Con delibera del Consiglio dei Ministri dell'8 febbraio 2013 il Governo ha impugnato la legge della Regione Friuli Venezia Giulia n. 25 del 2012 intitolata "Riordino istituzionale ed organizzativo del Servizio sanitario regionale". Con tale legge, il Consiglio regionale ha provveduto a modificare la disciplina inerente l'assetto istituzionale ed organizzativo del servizio sanitario della Regione in conformità ai principi contenuti nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ("Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell' articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421").
La legge in parola ha previsto il riconoscimento della qualifica di "Enti del Servizio sanitario regionale" unicamente alle Aziende per i servizi sanitari elencate all'art. 4, nonché agli Enti di cui all'art. 3 lett. a), b) e c). Gli ulteriori enti che fino a questo momento avevano fatto parte del Servizio sanitario regionale vengono da tale legge soppressi con contestuale decadimento dall'incarico da parte dei "direttori generali, direttori amministrativi e sanitari, coordinatori sociosanitari, titolari degli ulteriori incarichi la cui durata è connessa all'incarico del direttore generale" (art. 8 comma 1).
Ad avviso del ricorrente la legge presenterebbe profili di illegittimità costituzionale in relazione all'art. 8 comma 2, nella parte in cui dispone che "ai direttori generali che decadono dall'incarico ai quali, a decorrere dall'1 gennaio 2014, non venga conferito altro incarico di direttore generale degli enti del Servizio sanitario regionale, viene corrisposto il compenso onnicomprensivo dovuto in caso di cessazione anticipata dell'incarico".
La corresponsione di un compenso onnicomprensivo per cessazione anticipata della carica si porrebbe, infatti, in contrasto con l'art. 1, comma 6, del dPCM n. 502 del 1995 (Regolamento recante norme sul contratto del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere) secondo il quale "nulla è dovuto, a titolo di indennità di recesso, al direttore generale nel caso di cessazione dell'incarico per decadenza, mancata conferma, revoca o risoluzione del contratto, nonché per dimissioni".
La norma introdurrebbe pertanto un trattamento economico di favore nei confronti del direttore generale decaduto dall'incarico privo peraltro di copertura finanziaria: il che si porrebbe palesemente in contrasto l'art. 81 comma 3 Cost., secondo cui "ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte".
La previsione di una spesa priva di copertura si porrebbe in conflitto con le recenti norme statali volte al contenimento della spesa pubblica nonché con i principi sanciti dalla legge n. 243 del 2012 di attuazione della riforma costituzionale sul pareggio di bilancio adottata ai sensi dell'art. 81, comma sesto, Cost. Per tali ragioni, ad avviso del ricorrente, emergerebbe l'ulteriore profilo di illegittimità costituzionale connesso alla violazione dell'art. 117 Cost. comma 3, stante il mancato rispetto dei principi fondamentali sul coordinamento della finanza pubblica dettati dal legislatore statale, che la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.