Archivio rubriche 2014

Fascicolo 2/2014

SCHEDA N. 1

Gli statuti degli enti locali nel sistema delle fonti

Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 28.2.2014, n. 4832; Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 28.2.2014, n. 4833

La sezione tributaria ribadisce il rango paraprimario o subprimario dello statuto comunale.

 

 


SCHEDA N. 2

Statuto e rappresentanza processuale dell'ente locale

Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. I, 28.3.2014, n. 7402

Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto - ed anche il regolamento, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero a esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa dell'ente, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, resta ferma l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale dell'ente medesimo prevista dalla legge, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50.

Nel caso in esame, l'ente non indica la norma statutaria - né quella regolamentare autorizzata dallo statuto - che attribuirebbe al dirigente, che rilasciò la procura, la rappresentanza legale esterna della provincia. La mera affermazione contenuta nel ricorso, che il dirigente "astrattamente ben può essere abilitato dallo statuto o dal regolamento alla rappresentanza legale giudiziale", in sé condivisibile (quanto al regolamento, con il limite sopra indicato), non giustifica la deduzione o la presunzione dell'esistenza in punto di fatto della necessaria previsione statutaria ed eventualmente regolamentare, e comportava, per l'ente, l'onere di indicare la disposizione statutaria (ed eventualmente anche quella regolamentare) richiesta dalle norme di legge invocate. Ora, l'articolo 44 dallo Statuto della Provincia di Benevento, che demanda ai regolamenti l'attribuzione ai dirigenti "di responsabilità gestionali connesse alla realizzazione degli obiettivi e degli indirizzi di politica organizzativa deliberati dagli organi politico amministrativi", non contiene alcun espresso rinvio, in materia di rappresentanza esterna dei dirigenti, alla normativa regolamentare. Né un qualsiasi accenno alla rappresentanza giudiziale dell'ente si rinviene nel richiamato art. 49 dello stesso statuto, dove si fa riferimento agli obiettivi determinati dagli organi politici dell'ente, al buon andamento degli uffici, all'economicità, efficacia, efficienza della gestione amministrativa, agli atti di gestione del personale, e all'irrogazione delle sanzioni per le contravvenzioni ai regolamenti provinciali. Del resto, e per quel che può valere in assenza di un espresso rinvio statutario, neppure l'ente indica il regolamento provinciale che al supposto e non specificato rinvio avrebbe dato attuazione, limitandosi ad affermare genericamente che un non meglio precisato regolamento "dell'ordinamento e degli uffici" avrebbe affidato la responsabilità "anche negoziale e processuale verso l'esterno" per tutti gli atti del contenzioso al dirigente del settore legale dell'avvocatura provinciale.

 


SCHEDA N. 3

Per gli statuti degli enti locali vale il principio iura novit curia

Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 9.4.2014, n. 8319

Dopo la riforma del titolo V gli statuti comunali sono atti normativi partecipi del principio iura novit curia, per cui gli stessi non devono essere prodotti in giudizio.

 


SCHEDA N. 4

Della sopravvenuta illegittimità dei regolamenti comunali

Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. trib. 23.4.2014, n. 9141

La Commissione tributaria aveva ritenuto applicabile un'agevolazione abrogata dalla legge, sul presupposto della non avvenuta esplicita abrogazione del regolamento comunale che la disciplinava in specifico. La sezione tributaria della Cassazione ritiene, invece, che il giudice avrebbe dovuto disapplicare – per contrasto con la disciplina primaria – la norma regolamentare che ancora prevedeva tale agevolazione.

 


SCHEDA N. 5

Dell'immediata precettività del principio di pari opportunità tra i generi sancito dal t.u. 267/2000

Sent. TAR Lombardia, Milano, 14.2.2014, n. 482

L'art. 6, comma 3 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nella parte in cui stabilisce che gli statuti comunali e provinciali devono contenere norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra i generi e per promuovere la presenza di entrambi nelle Giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, va considerato come norma immediatamente precettiva, atteso che il rinvio agli statuti da essa operato non può essere inteso come una riserva di fonte normativa che subordini l'attuazione del principio di pari opportunità negli organismi indicati dalla legge alla volontà di recepimento dei singoli comuni e delle singole province.

 


SCHEDA N. 6

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-elettriche

Sent. CONSIGLIO DI STATO, sez. III, 19.5.2014, n. 2521

È da ritenere intervento di nuova costruzione ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e), punto 4 del d.lg. n. 380/2001, l'installazione di torri e tralicci per impianti radiotrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione. Sono pertanto legittime le disposizioni del regolamento comunale che prevedono l'applicazione delle regole sulla distanza delle costruzioni dal confine e da altri fabbricati e non possono essere intese come un indebito limite all'espansione della rete di telecomunicazione. Nella specie non viene infatti impedita la localizzazione dell'impianto nella zona prescelta, ma viene richiesta unicamente l'osservanza dei limiti di distanza comuni ad ogni altra nuova costruzione.

 


SCHEDA N. 7

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-elettriche

Sent. CONSIGLIO DI STATO, sez. III, 25.2.2014, n. 905

Il Consiglio di Stato ribadisce che il potere a contenuto pianificatorio dei comuni di fissare, a norma dell'art. 8, u.c., della legge n. 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non si può mai tradurre nel potere di sospendere la formazione dei titoli abilitativi formati o in corso di formazione ai sensi degli artt. 86 e 87 Codice delle comunicazioni elettroniche. Detta potestà dei comuni deve invece esplicarsi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, senza comportare un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. La previsione contenuta nel P.R.G. di consentire l'installazione degli impianti ricetrasmittenti a distanza di almeno 50 m dalle abitazioni e dagli edifici pubblici verrebbe infatti a costituire un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'art. 4, l. n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei lavori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato (cfr. cit. Cons. St.., Sez. VI, n. 3646 del 2011 e 27 dicembre 2010 n. 9414, ivi richiamata).

 


SCHEDA N. 8

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-elettriche

Sent. CONSIGLIO DI STATO, sez. III, 19.3.2014, n. 1361

Il regolamento comunale di Cerveteri, ad avviso del Consiglio di Stato, aveva imposto agli operatori un ingiustificato aggravio procedimentale, richiedendo la "conferma" dei titoli autorizzatori già rilasciati per l'installazione delle apparecchiature tecnologiche, addirittura a pena di decadenza dei titoli stessi, con una previsione contraria alla ratio di semplificazione e di speditezza, che informa l'intera disciplina dettata dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche in questa materia; aggravio tanto più irragionevole e penalizzante, nel caso di specie, quanto più si consideri che la società ricorrente, già dotata di regolare autorizzazione, aveva richiesto solo l'ammodernamento tecnologico del proprio impianto ai sensi dell'art. 87bis del d. lgs. n. 259/2003.

Esula infatti dai poteri riconosciuti dall'art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 ai Comuni, la potestà di aggravare, senza che ve ne siano le specifiche ragioni da tale legge previste, il procedimento finalizzato al rilascio dei titoli abilitativi contemplati dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche, onerando gli operatori, come nel caso di specie, di nuove e/o periodiche procedure di "conferma" di titoli già validi ed efficaci, ai sensi della normativa nazionale, sotto comminatoria di decadenza, dato che tale potestà non si può mai tradurre nel potere di sospendere la efficacia e validità dei titoli abilitativi formati e di incidere, come appunto accade nel caso di specie, sul procedimento di formazione della d.i.a. presentata per l'ammodernamento tecnologico dell'impianto, così introducendo un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile (v., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 15.6.2011, n. 3646).

Vero è che la Sezione non ha mancato di ribadire, nella sua costante giurisprudenza e ancor di recente, che il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 ss. del d. lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione), come quello naturalisticoambientale.

Ma questa stessa Sezione ha anche chiaramente precisato, nel solco della giurisprudenza costituzionale (cfr. tra le altre, Corte cost. n. 331/2003, n. 307/2003 e n. 336/2005), che la potestà assegnata ai Comuni dall'art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001 (che prevede la possibilità che i Comuni adottino un regolamento c.d. di minimizzazione finalizzato a garantire "il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e a minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici") deve tradursi nell'introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storicoartistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell'individuazione di siti che per destinazione d'uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche), senza trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 4.4.2013, n. 1873).

 


SCHEDA N. 9

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-elettriche

Sent. CONSIGLIO DI STATO, sez. III, 13.5.2014, n. 2455

La scelta del Comune di Veroli di localizzare, nell'ambito dell'intero territorio comunale, l'installazione degli impianti di telefonia mobile in soli tre siti, si pone in evidente contrasto con la natura di opere di urbanizzazione primaria delle anzidette strutture, che devono essere poste al servizio degli insediamenti abitativi e seguire il loro sviluppo, garantendo una capillare distribuzione sul territorio della rete di telecomunicazione. Inoltre, come reso evidente dalla stessa intestazione del regolamento approvato con delibera n. 23 del 2003, la disposizione censurata si configura indirizzata a scopi di radioprotezione che esulano dalla sfera dei poteri assegnati al Comune dall'art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 sull'insediamento degli impianti di telecomunicazione nel proprio territorio e rientrano, invece, nelle attribuzioni degli organi dello Stato individuati dall'art. 4 della legge citata (cfr. ex multis Cons. St. Sez. VI, n. 1567 del 6 aprile 2007; n. 3332 del 5 giugno 2006).

 


SCHEDA N. 10

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-elettriche

Sent. TAR FRIULI VENEZIA-GIULIA, Trieste, 21.1.2014, n. 17

Il regolamento del comune di Gorizia di tema di localizzazione, installazione e monitoraggio degli impianti di telefonia mobile non pone alcun divieto assoluto di installazione degli impianti, in quanto mira solo a intervenire in modo positivo sul paesaggio del comune, mitigando gli impatti visivi e ambientali dei nuovi impianti. Il comune, poi, ha indicato espressamente i siti preferenziali e quelli controindicati; a tale proposito il collegio fa presente come nel regolamento non vi sia mai alcun divieto assoluto o generalizzato di installazione di antenne per la telefonia mobile, anche perché le incompatibilità indicate non hanno mai valore assoluto, ma possono essere superate dal gestore quando dimostri che non vi sono siti alternativi. Invero, non vi è nessun posto del territorio comunale in cui sia in assoluto vietata l'installazione, anche se per alcuni siti risulta prevista una serie di accertamenti e condizioni.

 


SCHEDA N. 11

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-elettriche

Sent. TAR LOMBARDIA, Milano, sez. II, 3.4.2014, n. 880

L'articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici", stabilisce che "I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".

Il Tar Lombardia ricorda quindi che "il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 ss. del d.lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione), (...)" e che "la potestà assegnata ai Comuni dall'art. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001, deve tradursi nell'introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell'individuazione di siti che per destinazione d'uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche), ma non può trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4.4.2013, n. 1873, così Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.).

In tale prospettiva, la medesima giurisprudenza afferma la necessità di distinguere tra "limiti o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di localizzazione, legittimi (in quanto non impediscano di reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalità del servizio)" (Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.; Id., 10 luglio 2013, n. 3690).

Nel solco del consolidato orientamento richiamato, la disciplina introdotta dai comuni è, pertanto, da ritenere illegittima soltanto allorché determini " (...) una generale limitazione alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, con la esclusione (...) di pressoché tutte le zone a destinazione residenziale e, comunque, con la esclusione di intere zone di P.R.G. e, soprattutto, senza la previsione di siti davvero idonei alla realizzazione di una rete UMTS efficientemente funzionante sull'intero territorio comunale." (ancora Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit.).

È quindi da respingere, ad avviso del TAR, l'affermazione di parte ricorrente secondo la quale sarebbe precluso al Comune di regolamentare la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione in ragione della potenza di emissione. Tale attività è, al contrario, legittimamente esercitabile, purché attraverso l'adozione di criteri di localizzazione, che - senza introdurre divieti generalizzati o relativi a porzioni territoriali eccessivamente estese e senza impedire l'individuazione di soluzioni alternative tali da assicurare la piena efficienza della rete - siano volti tuttavia a preservare interessi di rilievo costituzionale primario, quale, tra gli altri, la tutela della salute, mediante la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Pertanto nel caso di specie, il regolamento del Comune di Magenta appare effettivamente non censurabile sotto il profilo in esame. L'atto prevede infatti un divieto di installazione degli impianti solo ed esclusivamente "nel perimetro di pertinenza di asili, scuole, ospedali, case di cura e residenze per anziani, oratori, aree a verde attrezzato con parco giochi" (articolo 3, secondo comma, lettera a).

Il territorio comunale è poi regolamentato secondo una articolata suddivisione in: "aree di particolare tutela", comprese entro il limite di 100 metri dal perimetro di pertinenza dei luoghi sopra indicati (articolo 2, primo comma, n. 3), ove è prevista l'installazione di impianti di potenza fino a 300 W (articolo 3, secondo comma, lett. b); "aree 1", ove è prevista la localizzazione di impianti fino a 1000 W (articolo 3, secondo comma, lett. c); "aree 2", ove è consentita la localizzazione di ogni tipologia di impianti (articolo 3, secondo comma, lett. d).

Come argomentato dalla difesa comunale e comprovato dall'estratto del Piano delle aree depositato in prossimità dell'udienza, le aree di particolare tutela non appaiono di estensione manifestamente eccessiva o tale da compromettere la possibilità di individuare localizzazioni alternative al fine di assicurare la piena funzionalità delle infrastrutture di comunicazione. In queste aree, inoltre, non è preclusa la localizzazione di infrastrutture di telecomunicazione, ma sono stabiliti unicamente limiti alla potenza di emissione.

In definitiva, le determinazioni comunali, assunte nell'esercizio della discrezionalità amministrativa spettante all'Ente locale in materia, stabiliscono criteri di localizzazione degli impianti che non appaiono eccessivi né irragionevoli e non sono quindi censurabili sotto i profili dedotti dalla ricorrente.

 


SCHEDA N. 12

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Trentino Alto-Adige, Trento, sez. I, 29.1.2014, n. 19

Il Tar ribadisce che il Sindaco può ricorrere motivatamente allo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente al fine di fronteggiare con immediatezza sia una situazione di natura eccezionale ed imprevedibile (in attesa dell'adozione delle misure ordinarie), sia una condizione di pericolo imminente al momento dell'adozione dell'ordinanza, indipendentemente dalla circostanza che la situazione di emergenza fosse sorta in epoca antecedente. Indispensabile, comunque, è sempre la sussistenza, l'attualità e la gravità del pericolo, cioè il rischio concreto di un danno grave e imminente (cfr., in termini, Cass. Civ., Sez. Un., 17.1.2002, n. 490; Consiglio di Stato, sez. V, 16.2.2010, n. 868; 18.10.2012, n. 5361; T.R.G.A. Trento, 22.3.2013, n. 110; 27.5.2010, n. 144; 26.1.2011, n. 9).

Più precisamente: urgenza di provvedere significa indilazionabilità; la contingibilità presuppone una situazione di provvisorietà e di temporaneità che caratterizza anche l'intervento da porre in essere, il quale non può assolutamente tramutarsi in una misura ordinaria.

Al fine poi di tutelare la quiete e la salute pubblica, posto che l'inquinamento acustico e le attività rumorose in genere sono ritenute pericolose per la salute umana dalla stessa l. n. 447 del 1995, l'uso dell'eccezionale strumento dell'ordinanza contingibile e urgente è previsto quale unico strumento idoneo ad ottenere, nel breve termine, un abbattimento (o la cessazione) delle emissioni sonore che, per l'appunto, nella vicenda di causa, erano univocamente la principale causa delle lamentele e dei disagi denunciati.

Su questo punto il TAR ribadisce che un'ordinanza contingibile e urgente si giustifichi anche qualora l'inquinamento da rumore non coinvolga l'intera collettività, poiché chiunque si trovi esposto a situazioni pericolose per la salute deve essere tutelato da parte dello Stato e delle istituzioni che lo rappresentano. Conseguentemente, a questi fini, per "salute pubblica" si intende "non la salute di tutti i cittadini ma la salute di qualunque cittadino" (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 5.4.2013, n. 422) e anche "laddove sia in discussione la salute di una singola famiglia o di una sola persona" (cfr., T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 15.11.2012, n. 1794; T.A.R. Umbria, sez. I, 26.8.2011, n. 271; T.A.R. Toscana, sez. II, 17.4.2009, n. 670).

Nello specifico si trattava di "musica assordante" proveniente da un bar situato nel centro del paese

e non vi erano dubbi, ad avviso del TAR, che nella specie ricorressero condizioni di disturbo della quiete e della salute pubblica.

 


SCHEDA N. 13

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Puglia, Lecce, 6.2.2014, n. 337

Sebbene vi fosse una situazione di pericolo da fronteggiare (presenza di materiale contenente amianto sul tetto di una chiesa) tale da giustificare l'adozione di un'ordinanza contingibile e urgente, l'autorità amministrativa doveva procedere previamente ad un'adeguata istruttoria per valutare quali prescrizioni adottare al fine di risolvere la situazione pregiudizievole. Prima, infatti, di ingiungere di rimuovere la copertura in eternit e il trasporto della stessa presso una discarica autorizzata, doveva essere appurato il metodo più adatto di bonifica (rimozione, incapsulamento o confinamento).

 


SCHEDA N. 14

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR PIEMONTE, Torino, sez. II, 13.2.2014, n. 269

Sotto un primo profilo viene ribadito che, con riferimento al problema dell'inquinamento acustico derivante dai rumori provenienti da un locale aperto al pubblico, gli schiamazzi notturni possono senz'altro costituire un elemento fondante per le ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco quale ufficiale del Governo ai sensi dell'art. 54, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, purché il disagio della popolazione, e quindi l'interesse pubblico al riposo delle persone, vengano violati da rumori che assurgano a forma di vero e proprio inquinamento acustico con danno alla salute delle persone. Tale necessario presupposto richiede un rigoroso accertamento istruttorio da parte dell'amministrazione la quale può avvalersi, nel corso del procedimento, dei qualificati accertamenti condotti dall'ARPA che è l'autorità preposta alla tutela ed alla salvaguardia ambientale; accertamenti che, se compiuti, devono essere - beninteso - trasfusi nella motivazione del provvedimento finale. Nel caso di specie, proprio questa è la mancanza da addebitare all'atto impugnato: in esso non si dà conto di specifici accertamenti istruttori condotti dall'ARPA, ma solo dei sopralluoghi effettuati dalle Forze dell'ordine i quali, tuttavia, possono al più fornire un iniziale indizio circa la sussistenza del requisito, richiesto dalla legge, consistente nei "gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana" (art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000): indizio che, poi, va adeguatamente verificato dall'amministrazione procedente.

È pur vero che, nelle proprie difese in giudizio, il Comune ha riferito di avere in realtà compiuto siffatti accertamenti con l'ARPA. Ma è altrettanto vero che ciò determina un inammissibile tentativo di integrazione postuma della motivazione dell'atto amministrativo, in quanto così facendo l'amministrazione resistente aggiunge un elemento (quello, appunto, dei controlli ARPA) che non ha formato oggetto del confronto procedimentale tra le parti - vieppiù a fronte di un atto a contenuto discrezionale, quale quello oggetto del presente giudizio - e rispetto al quale è, pertanto, prematura la trattazione nella presente sede giurisdizionale. Deve infatti ribadirsi, sul solco della giurisprudenza amministrativa, anche di questo TAR, che la motivazione deve sempre precedere e non seguire l'atto amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell'esigenza di delimitazione del controllo giudiziario (cfr., recente, TAR Piemonte, sez. I, n. 430 del 2013, e sez. II, nn. 276, 453, 664 e 1324 del 2013).

Né, analogamente, è stata dovutamente documentata, nell'atto impugnato, alcuna situazione di "emergenza" connessa con l'inquinamento acustico, tale da giustificare - in tesi - l'attivazione del potere sindacale (pur sempre straordinario) di modifica degli orari degli esercizi commerciali, ai sensi del comma 6 dell'art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000. Una simile carenza, peraltro, nel certificare la fuoriuscita dell'azione amministrativa dai rigidi confini segnati dalla legge per l'adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti, ha al contempo determinato un'evidente discriminazione commessa ai danni del locale oggetto dell'ordinanza impugnata, la cui situazione in punto di immissioni rumorose - in assenza di specifiche risultanze istruttorie atte a dimostrare il superamento dei valori limite delle emissioni sonore - non appare in nulla differenziarsi, con riferimento all'interesse pubblico alla salubrità acustica, da quella di tutti gli altri locali notturni dislocati sul territorio comunale.

 


SCHEDA N. 15

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR CAMPANIA, Napoli, sez. V, 3.2.2014, n. 760

I provvedimenti contingibili ed urgenti emessi dal Sindaco, quando mirano alla tutela della salute pubblica possono essere adottati non solo per porre rimedi a danni già verificatisi, ma anche e soprattutto per evitare che tale danno si intensifichi (cfr. Cons. St., Sez. V, 19 febbraio 1996 n. 220); in altri casi si è pure ammesso che le ordinanze di necessità ed urgenza possano produrre effetti non provvisori, atteso che non è la provvisorietà a connotare tali provvedimenti, ma la necessaria idoneità delle misure imposte ad eliminare la situazione di pericolo che ne giustifica l'adozione, con la conseguenza che tali misure possono essere tanto definitive quanto provvisorie, a seconda del tipo di rischio che si intende fronteggiare (cfr. Cons. St., Sez. V, 29 luglio 1998 n. 1128).

È pertanto legittima l'ordinanza sindacale ex art. 54 t.u.e.l. che ha disposto la demolizione di un edificio in accertate precarie condizioni statiche.

Inoltre a fronte della comprovata situazione di ulteriore pericolo di aggravamento di danni, che, ai sensi dell'art. 54 del d.lg. n. 267/2000, impone di provvedere con estrema urgenza, soccorre il principio giurisprudenziale per il quale l'esistenza di un'apposita disciplina che regoli, in via ordinaria, determinate situazioni, non preclude l'esercizio del potere di ordinanza contingibile ed urgente, quando la necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza a tutela del bene pubblico dalla legge indicato sia tanto urgente da non consentire il tempestivo utilizzo dei rimedi ordinari offerti dall'ordinamento (Cfr. Cons. St., Sez. V, 15 aprile 2004 n. 2144).

Ne deriva, nel caso di specie, la sussistenza di tutti i presupposti per l'adozione di un provvedimento sindacale extra ordinem, a tutela della pubblica e privata incolumità, in deroga ed in alternativa agli ordinari rimedi previsti dall'ordinamento, senza che sia ravvisabile alcun difetto di motivazione e violazione del principio di proporzionalità.

 


SCHEDA N. 16

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR MOLISE, 17.2.2014, n. 104

L'ordinanza sindacale che dispone il divieto di accesso ai cani nei parchi e nei giardini comunali anche condotti al guinzaglio e con museruola è ritenuta illegittima dal TAR Molise per una pluralità di profili.

Innanzitutto con l'adozione dello strumento extra ordinem si è inteso far fronte ad una problematica che può essere affrontata e risolta con gli strumenti ordinari a disposizione dell'amministrazione. L'abbandono degli escrementi può, infatti, essere risolto, garantendo un'attenta e severa vigilanza degli obblighi di legge, imponendo ai proprietari di cani di raccogliere con strumenti idonei, di cui gli stessi devono essere muniti, le eventuali deiezioni degli animali, da conferire negli appositi cassonetti per la raccolta dei rifiuti, posizionati nel centro cittadino. Idoneo strumento per affrontare la problematica è costituito, altresì, dalla previsione di una congrua sanzione da comminare ai trasgressori dei divieti. Stessa cosa dicasi per il pericolo di morsicature, facilmente ovviabile con la prescrizione del guinzaglio e della museruola, di guisa che non ha senso vietare - come fa l'ordinanza impugnata - l'accesso ai giardini e parchi a tutti i cani, compresi quelli dotati di museruola e guinzaglio.

Inoltre il provvedimento impugnato è censurabile sotto il connesso profilo della carenza di un limite temporale di efficacia. Con l'istituto dell'ordinanza contingibile e urgente, è consentito fronteggiare situazioni di emergenza, al prezzo del sacrificio temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente tutelate, talché esso non può essere impiegato per conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi coinvolti.

Infine l'ordinanza impugnata richiama il quinto comma dell'art. 50 del t.u., che consente il ricorso allo strumento dell'ordinanza contingibile e urgente in caso "di emergenze sanitarie o di igiene pubblica" a carattere locale, situazioni che, evidentemente, devono essere accertate tramite apposita attività istruttoria e devono essere rappresentate nel provvedimento medesimo attraverso un'idonea e puntuale motivazione che non si riscontrano nel provvedimento impugnato.

 


SCHEDA N. 17

Dei limiti all'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Puglia, Lecce, sez. I, 21.2.2014, n. 540

Se il sindaco è autorizzato a ricorrere a forme di gestione dei rifiuti anche derogatorie a quelle ordinarie (imponendo la prosecuzione del servizio oltre la scadenza contrattuale), non può però imporre attraverso il ricorso a poteri extra ordinem corrispettivi ancorati a valori risalenti nel tempo e non preceduti dalla verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio reso.

Secondo un condivisibile e consolidato orientamento giurisprudenziale, il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall'Amministrazione al privato, dovendo all'obbligo di proseguire nell'espletamento del servizio essere connessa la corresponsione di un giusto compenso per il destinatario del provvedimento. L'imposizione di una prestazione ad un prezzo non più corrispondente ai prezzi di mercato determinerebbe, infatti, un ingiustificato sacrificio dell'iniziativa economica privata a beneficio della p.a, con violazione dei principi desumibili dall'art. 41 Cost. (cfr, in tal senso, C.d.S, V, 2.12.2002 n. 6624).

 

 


SCHEDA N. 18

Del potere di ordinanza ex art. 9, l. n. 447/1995 "legge quadro sull'inquinamento acustico"

Sent. TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, sez. I, 26.2.2014, n. 58

Il rimedio di cui all'art. 9, l. n. 447/1995 non è invocabile dal singolo, essendo preordinato unicamente a tutelare la salute della collettività (TAR Piemonte, Sez. II, 15 marzo 2010, n. 1931).

Tale misura, infatti, non è espressione, nella presente materia, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente spettante al Sindaco quale Ufficiale di Governo, ma è concepita dal legislatore quale misura di contrasto al fenomeno dell'inquinamento acustico, da intendersi nei sensi delineati nello stesso art. 2, 1° comma, lett. a) della stessa legge, come "l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane" a livelli tali da concretare "un pericolo per la salute umana".

Ne deriva che il ricorso al potere invocato dai ricorrenti, come la giurisprudenza ha avuto modo di precisare, "deve ritenersi ("normalmente") consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico" (TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 15 novembre 2012, n. 1792).

Si tratta, pertanto, di una misura consentita in presenza di livelli di rumore oggetto di un preventivo accertamento tecnico.

Art. 9, l. 26.10.1995, n. 447

Ordinanze contingibili ed urgenti

Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco ..., con provvedimento motivato, [può]... ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività.

Cfr. sent. TAR Umbria, sez. I, 22.10.2010, n. 492 in questa Rivista n. 1.2011, sent. TAR Puglia Lecce, 29.9.2011, n. 1663 in questa Rivista n. 1.2012 e sent. TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 15.11.2012 in questa Rivista n. 1.2013 e sent. TAR Puglia, Lecce, 11 aprile 2013, n. 837in questa Rivista n. 2.2013

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