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La Corte ritorna (per la quarta volta!) sulle leggi regionali approvate dal Consiglio regionale in regime di prorogatio (2/2015)

Sentenza n. 81/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 15/05/2015 – Pubblicazione in G. U. 20/05/2015 n. 20

Motivo della segnalazione

La sentenza in oggetto s'inserisce nel "filone" dovuto all'attività del Consiglio regionale abruzzese in regime di prorogatio (sent. nn. 44, 55 e 64 del 2015). In questo caso, in particolare, viene dichiarata incostituzionale (per violazione dell'art. 123 Cost., norma interposta l'art. 86, comma 3 dello Statuto regionale) la legge della Regione Abruzzo n. 25 del 28 aprile 2014, avente ad oggetto il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica nonché l'assegnazione e la gestione degli alloggi dei medesimi enti.

 

Tale norma statutaria prevede infatti che il Consiglio in prorogatio possa approvare leggi solo in adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, da disposizioni costituzionali o legislative ovvero atto caratterizzato da urgenza e necessità

Nel caso di specie ammette la Corte, la legge andava ad incidere su «situazioni già da tempo connotate da gravità» (come risulta anche «[d]all'esame dei lavori preparatori al disegno di legge») ma è pur vero che «il Consiglio regionale, allorché era nella pienezza dei suoi poteri, non aveva ravvisato quell'urgenza e quella necessità di intervenire, che ravvisa invece dopo la scadenza della legislatura, quando si trova in regime di prorogatio. Né è dato di rinvenire elementi o fatti sopravvenuti che possano giustificare un'emergenza nuova» (punto 4.4. del Cons. in dir.).

Di conseguenza, «proprio per i suoi contenuti, invece, l'intervento legislativo nel suo complesso si presta a essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla quale il Consiglio regionale, secondo la ricordata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto comunque astenersi al fine di assicurare una competizione libera e trasparente» (punto 4.4. del Cons. in dir., in fine).

La legge viene quindi dichiarata incostituzionale nella sua interezza, rimanendo assorbite le ulteriori censure.

Osservatorio sulle fonti

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