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La qualificazione delle norme tributarie prescinde dal "nomen iuris" e si applicano anche dopo l'abrogazione (2/2015)

Sentenza n. 58/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 10/04/2015 – Pubblicazione in G. U. 15/04/2015 n. 15

Motivo della segnalazione

La Commissione tributaria provinciale di Cuneo promuove – per la terza volta - q.l.c. dell'art. 16, c. 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti) perché ritenuta invasiva delle competenze statali, ponendosi in contrasto con alcuni parametri costituzionali:

a) l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in correlazione con l'art. 119 Cost., poiché il «contributo» regionale, oltre ad avere presupposti «non diversi» da quelli del tributo speciale statale per il deposito in discarica dei rifiuti e per il loro smaltimento tal quali in impianti di incenerimento senza recupero d'energia, previsto dall'art. 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), contraddice le finalità perseguite dalla citata legge statale, recante i principi fondamentali della materia;

b) l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in quanto la disposizione regionale incide sulla materia ambientale, attribuita all'esclusiva potestà legislativa statale.

Sotto un primo profilo, la Corte rileva come non esista una preclusione alla riproponibilità della questione incidentale di legittimità da parte dello stesso giudice e nello stesso giudizio, quando sia intervenuta ad opera di questa Corte una pronuncia meramente processuale ed il giudice a quo abbia rimosso gli elementi ostativi ad una pronuncia sulla fondatezza o meno della questione.

In primo luogo, si rileva che l'art. 16, c. 4, della legge reg. Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 è stato abrogato ad opera dell'art. 21. legge reg. Piemonte n. 28 del 2008, ciò non comporta il venir meno del requisito della rilevanza, atteso che la norma resta applicabile ratione temporis nel giudizio principale, il cui oggetto è incentrato sull'accertamento dell'obbligo di pagare il contributo regionale in relazione ad anni di imposta antecedenti alla sua abrogazione (2006 e 2007).

In secondo luogo, la Corte accerta la natura tributaria del «contributo» posto al suo esame. Una sua diversa qualificazione, infatti, prima ancora di ripercuotersi sulla incongruità delle norme parametro invocate, escluderebbe finanche la giurisdizione dell'autorità rimettente, circoscritta, dall'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), alla cognizione «di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere o specie», con esclusione quindi delle entrate patrimoniali pubbliche extratributarie.

A tal fine, viene richiamata la giurisprudenza costituzionale sul tema che valuta:

a) l'irrilevanza del nomen iuris usato dal legislatore, «occorrendo riscontrare in concreto e caso per caso se si sia o no in presenza di un tributo» (sentenze n. 141 del 2009, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005);

b) la matrice legislativa della prestazione imposta, in quanto il tributo nasce «direttamente in forza della legge» (sentenza n. 141 del 2009), risultando irrilevante l'autonomia contrattuale (sentenza n. 73 del 2005). Nel caso, l'obbligo del pagamento del contributo trova la sua fonte esclusiva nella legge regionale e non in un rapporto sinallagmatico tra le parti;

c) la doverosità della prestazione (sentenze n. 141 del 2009, n. 335 e n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta una ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26 del 1982); il nesso con la spesa pubblica, dovendo sussistere un collegamento della prestazione alla pubblica spesa «in relazione a un presupposto economicamente rilevante» (sentenza n. 141 del 2009), nel senso che la prestazione stessa è destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982). Nel caso sub iudice, La prestazione imposta non costituisce remunerazione dell'uso in generale di beni collettivi comunali, come il territorio e l'ambiente, potendo il Comune disporre solo dei singoli beni che fanno parte del suo demanio o patrimonio (sentenza n. 141 del 2009), né è correlata alla fruizione dei servizi necessari per la gestione o la funzionalità dell'impianto forniti dal Comune. Tantomeno, si pone come corrispettivo dell'atto amministrativo di localizzazione del sito, in quanto, a tacer d'altro, tale atto costituisce l'esito di un procedimento amministrativo autonomo, in nessun modo condizionato alla corresponsione del contributo in questione.

In definitiva, la prestazione "contributiva" costituisce un tributo, avente: a) quali soggetti passivi, i «soggetti che gestiscono impianti di pre-trattamento e di trattamento di scarti animali tali quali ad alto rischio e a rischio specifico di encefalopatia spongiforme bovina BSE»; b) quali soggetti attivi, i «comuni sede degli impianti»; c) quale presupposto economicamente rilevante, la gestione di detti impianti; d) quale base imponibile, una entità monetaria commisurata a «ogni 100 chilogrammi di materiale riutilizzato nell'anno», potendo consentire alla Corte di entrare nel merito della vicenda.

In particolare, la Corte rileva che, nell'ipotesi all'esame, la riserva di legge statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., deve essere applicata nell'accezione che consenta di preservare il bene giuridico «ambiente» dai possibili effetti distorsivi derivanti da vincoli imposti in modo differenziato in ciascuna Regione. E, in questo caso, una disciplina unitaria rimessa in via esclusiva allo Stato è all'evidenza diretta allo scopo di prefigurare un quadro regolativo uniforme degli incentivi e disincentivi inevitabilmente collegati alla imposizione fiscale, tenuto conto dell'influenza dispiegata dal tributo (i cosiddetti «effetti allocativi») sulle scelte economiche di investimento e finanziamento delle imprese operanti nel settore dei rifiuti e della loro attitudine a ripercuotersi, per l'oggetto stesso dell'attività esercitata da tali imprese, sugli equilibri ambientali.

Viene pertanto dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 16, c. 4, della legge della Regione Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (Norme per la gestione dei rifiuti).

Osservatorio sulle fonti

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