TAR MOLISE, Campobasso, 23 settembre 2016, n. 361
Il TAR richiama una recente sentenza dello stesso collegio, n. 396/2014, sulla legittimità del regolamento adottato dal Comune di Campobasso ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001 e della legge regionale n. 20/2006, in analogo contenzioso proposto da Telecom spa, in cui aveva concluso nel senso della sua conformità alla legge statale sulla scorta della seguente motivazione: "Secondo l'attuale disciplina in tema di installazione di strutture operanti quali cc.dd. stazioni 'radio - base per telefonia mobile', risultante dal combinato disposto delle norme contenute nella l. 22 febbraio 2001, n. 36, "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici" e nel d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (c.d. "codice delle comunicazioni"), le funzioni (legislative ed amministrative) relative alla determinazione dei limiti di esposizione alle onde elettromagnetiche sono attribuite allo Stato; rimangono, invece, di competenza delle Regioni le funzioni relative alla localizzazione dei siti di trasmissione ed alla regolamentazione delle modalità procedimentali per il rilascio delle autorizzazioni; dal che deriva che le fondamentali competenze in materia risultano suddivise fra lo Stato e le Regioni" (cfr. TAR Sicilia, Palermo sez. II, 27 marzo 2012, n. 622).
Secondo la giurisprudenza recente ai Comuni è riservata, in subjecta materia, una potestà sussidiaria, "potendo essi adottare regolamenti finalizzati esclusivamente ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, nonché a minimizzare, sempre in conformità ed in attuazione alle direttive ed ai criteri introdotti dallo Stato e dalle Regioni, l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (restando esclusa, cioè, ogni potestà normativa in capo agli Enti Locali in ordine alla determinazione di criteri, maggiormente limitativi o rigidi, di valutazione della soglia di inquinamento elettromagnetico o alla introduzione di divieti generali e/o di misure generali interdittive a contenuto igienico-sanitario)" (TAR Sicilia, Palermo sez. II, 1° aprile 2014, n. 951).
Tali prerogative degli enti locali e dei Comuni sono positivamente apprezzate nella stessa legge quadro (n. 36/2001) che all'articolo 8, comma 6 stabilisce che i "comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici", affidando agli enti locali un'autonoma competenza in materia.
Con riguardo a tale competenza, la giurisprudenza ha chiarito che "la potestà assegnata ai Comuni dall'art. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001, deve tradursi nell'introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici), nell'individuazione di siti che per destinazione d'uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche, ma non può trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa", di modo che "il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 ss. del d. lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione)" (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2014 n. 723).
In tale prospettiva, la medesima giurisprudenza afferma la necessità di distinguere tra limiti o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di localizzazione, legittimi, in quanto non impediscano di reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalità del servizio; nel solco dell'orientamento richiamato, a cui il collegio intende aderire, può dunque ritenersi che la disciplina introdotta dai comuni sia da ritenere illegittima soltanto allorché determini "(...) una generale limitazione alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, con la esclusione (...) di pressoché tutte le zone a destinazione residenziale e, comunque, con la esclusione di intere zone di P.R.G. e, soprattutto, senza la previsione di siti davvero idonei alla realizzazione di una rete UMTS efficientemente funzionante sull'intero territorio comunale." (Cons. Stato, Sez. III, n. 723 del 2014, cit. Id.; 10 luglio 2013, n. 3690).
Sulla base di tale ricostruzione viene quindi respinta l'affermazione secondo la quale sarebbe precluso al Comune di regolamentare la localizzazione delle infrastrutture di comunicazione in ragione della potenza di emissione. Tale attività deve ritenersi, al contrario, legittimamente esercitabile, in quanto non diretta a stabilire ulteriori limiti di emissione, ma a modulare la potenza dei campi elettromagnetici nel Comune, tenendo conto della tipologia di insediamenti umani presenti, al fine di preservare interessi di rilievo costituzionale primario, quale, tra gli altri, la tutela della salute, mediante la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, senza introdurre divieti generalizzati o relativi a porzioni territoriali eccessivamente estese e senza impedire l'individuazione di soluzioni alternative tali da assicurare la piena efficienza della rete (cfr. da ultimo TAR Lombardia, Milano sez. II, 3 aprile 2014, n. 880).
In altri termini fatti salvi i limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità fissati in via generale dal legislatore statale, agli enti locali spetta, in base al comma 6 dell'art. 8 della legge quadro, il compito di identificare i criteri di localizzazione degli impianti all'interno del territorio, tenendo conto della concentrazione della popolazione, della tipologia di edifici presenti e della loro destinazione, senza che ovviamente ciò comporti la surrettizia introduzione di alcuna soglia aggiuntiva a quelle fissate dallo Stato o una qualche contraddizione con l'esigenza di garantire uniformi livelli di tutela per i cittadini, trattandosi invece di preservare la giusta flessibilità applicativa che solo le Amministrazione territoriali possono esercitare per limitare ulteriormente, anche in fase di concreta identificazione dei siti per gli impianti, i rischi per la salute dei cittadini.
È questo il caso del regolamento del Comune di Campobasso adottato con delibera n. 48/2008 che, all'art. 7, lungi dall'introdurre surrettiziamente limiti di esposizione aggiuntivi o più restrittivi rispetto a quelli statali, si limita a prescrivere criteri di localizzazione che privilegiano la collocazione di impianti di minor potenza in prossimità di "asili, edifici scolastici nonché di strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parco giochi, orfanotrofi e strutture similari e relative pertinenze" (c.d. zone ad installazione condizionata), realizzando un ragionevole bilanciamento tra esigenze di protezione delle fasce di popolazione più esposte e finalità di garanzia della qualità del servizio di telefonia mobile sul territorio.
I criteri di localizzazione dettati dal Regolamento comunale, non realizzano eccessive restrizioni dovendosi ragionevolmente ritenere reperibili zone comunali diverse in cui installare gli impianti; tale disciplina, inoltre, non contraddice la devoluzione allo Stato della competenza in materia di determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, di cui all'art. 4 della l. n. 36/2001, atteso che il Regolamento impugnato si è limitato a fissare alcune 'fasce di rispetto' nel territorio comunale, volte a 'minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici' secondo quanto espressamente previsto dall'art. 8, co. 6, della medesima legge quadro per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti ed in linea con il fondamentale principio di sussidiarietà sotteso anche alla disciplina in esame.
Del resto, solo in questo modo è possibile conservare uno spazio precettivo autonomo alla disciplina comunale prefigurata dal ripetuto art. 8, co. 6, della l. n. 36/2001 che altrimenti identificherebbe una competenza priva di contenuti in quanto sostanzialmente assorbita dalle prerogative statali".