Durante il primo trimestre del 2017, la Consulta ha emesso tre pronunce riguardanti la Regione Siciliana. Segnatamente, ci si riferisce alla sentenza n. 37 e alle ordinanze nn. 49 e 58. Due di queste sono state adottate per giudizi di legittimità costituzionale in via incidentale, una per censure in via principale.
Con la sentenza n. 37, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge della Regione siciliana 6 marzo 1976, n. 24 (Addestramento professionale dei lavoratori), sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione e all’art. 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.
Segnatamente, con ordinanza del 12 aprile 2016 il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezioni riunite, sollevava questione di legittimità costituzionale delle citate norme, nella parte in cui prevedono quale requisito per l’iscrizione all’albo regionale del personale docente dei corsi di formazione professionale l’assenza di qualsivoglia condanna penale e, quale presupposto automatico per la cancellazione dal detto albo, l’esistenza di qualsivoglia condanna penale, anziché prevedere un procedimento in contraddittorio con l’interessato volto a valutare l’effettiva incidenza della condanna sull’attività lavorativa e/o individuare puntuali tipologie di reati.
Riferiva, in punto di rilevanza, che era stato proposto ricorso straordinario al Presidente siciliano per l’annullamento, previa sospensione, del decreto direttoriale con cui, in esito all’aggiornamento dell’albo regionale del personale docente e non docente nel settore dei corsi di formazione professionale, il ricorrente era stato escluso per mancanza dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 14 della legge regionale n. 24 del 1976, avendo riportato una condanna penale a seguito di patteggiamento, per il reato di truffa, a mesi sei di reclusione ed euro 400 di multa, con sospensione condizionale della pena. In punto di non manifesta infondatezza, sosteneva che l’effetto preclusivo ed espulsivo automatico, previsto dall’art. 14 della legge reg. Sicilia n. 24 del 1976, sarebbe stato incompatibile con i parametri costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza, che impongono un bilanciamento tra il diritto del singolo a svolgere un’attività lavorativa e l’interesse generale dell’ordinamento a consentire l’accesso (o la permanenza, come nella specie) al lavoro a soggetti immuni da condanne penali ostative.
A conferma di ciò, il rimettente sottolineava come l’interpretazione, offerta dalla Corte costituzionale, delle norme in tema di accesso al lavoro, sia pubblico che privato, e di quelle sull’iscrizione agli albi professionali è nel senso di vietare gli automatismi espulsivi, salvo che per determinate categorie di impiegati pubblici, in considerazione della peculiarità dei compiti ad essi affidati e sempre sulla base di un giudizio di pericolosità sociale insito nell’applicazione di una misura di sicurezza personale, ovvero quando l’automatismo espulsivo sia un ragionevole effetto indiretto della pena accessoria di carattere interdittivo.
La Corte costituzionale ha rilevato: "Orbene, in disparte ogni considerazione in ordine alle prospettazioni del giudice rimettente, questa Corte rileva che ai fini del decidere assume prevalente rilevanza la considerazione che le condotte delittuose che costituiscono indici rilevatori di non meritevolezza sono molteplici. Ciò comporta una variegata gamma di soluzioni possibili, pertanto la selezione delle condotte non può che essere riservata alla discrezionalità del legislatore, a cui questa Corte non può sostituirsi. Analoghe considerazioni valgono con riferimento alla richiesta di integrare il precetto prevedendo un procedimento, in contraddittorio con l’interessato, per valutare l’effettiva incidenza della condanna sull’attività lavorativa del formatore. Il riconoscimento alla pubblica amministrazione di un potere di accertare se la condanna riportata possa interferire con le funzioni di formatore, rientra pur sempre nella discrezionalità del legislatore, trattandosi di uno strumento, alternativo alla selezione di specifiche fattispecie di reato, per mitigare l’assolutezza della presunzione normativa che viene in discussione. Pertanto, la prospettazione su cui si basa l’ordinanza di rimessione non è ammissibile, consistendo nella richiesta alla Corte dell’impossibile istituzione di una procedura valutativa e di un correlato potere discrezionale, in ordine alla compatibilità della condanna penale con l’iscrizione all’albo dei formatori professionali".
Con l'ordinanza n. 49 del 2017, la Consulta ha dichiarato estinto il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 418 e 419, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», promosso dalla Regione Siciliana con ricorso notificato il 27 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 6 marzo 2015 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2015.
La questione veniva sollevata in riferimento agli artt. 14, lettera o), 15 e 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) e all’art. 119, primo e quarto comma, della Costituzione.
La Regione, però, rinunciava al ricorso e la rinuncia veniva accettata dal Presidente del Consiglio.
Con ordinanza n. 58 del 2017, i giudici delle leggi hanno dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 24, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana.
Il giudice a quo, sul presupposto che la Direzione provinciale del Tesoro (e successivamente l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), subentrato nel rapporto sostanziale e processuale) avrebbe fornito in corso di giudizio motivazioni integrative della impugnata comunicazione, dubitava della legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, secondo comma, primo periodo, della legge n. 241 del 1990, nella misura in cui tale disposizione consente l’integrazione in sede processuale della motivazione del provvedimento amministrativo anche dopo un rilevante periodo di tempo.
La Consulta è giunta alla conclusione già anticipata sostenendo: "questa Corte si è già pronunciata nel senso della manifesta inammissibilità su un’ordinanza di rimessione della Corte dei conti di tenore testuale analogo e concernente una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame" ed il riferimento è alla ordinanza n. 92 del 2015.
Tabella riepilogativa
Provvedimento |
Giudizio |
Oggetto |
Norma/e impugnata/e |
Parametri invocati |
Decisione |
Sentenza n. 37 del 2017 |
Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale |
Addestramento professionale dei lavoratori |
14 della legge della Regione siciliana 6 marzo 1976, n. 24 |
artt. 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 |
Questione inammissibile |
Ordinanza n. 49 del 2017 |
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale |
Legge di stabilità 2015 |
art. 1, commi 418 e 419, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 |
artt. 14, lettera o), 15 e 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 |
Estinzione per rinuncia |
Ordinanza n. 58 del 2017 |
Questione di legittimità costituzionale in via incidentale |
Integrazione motivazioni provvedimenti amministrativi |
art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 |
artt. 3, 97, 24, 113 e 117, primo comma, della Costituzione |
Questione inammissibile |