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Ammissibili i referendum sulla responsabilità solidale di committente e appaltatore per i debiti verso i lavoratori e sui voucher (1/2017)

Sentenze nn. 27 e 28/2017 – giudizio sull’ammissibilità del referendum abrogativo

Deposito del 27/01/2017; Pubblicazione in G. U. 01/02/2017 n. 5

Motivo della segnalazione

Sentenza n. 27/2017
Con questa sentenza, la Corte ha dichiarato ammissibile il referendum concernente l’abrogazione parziale dell’art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), con il fine di espungere dall’ordinamento la previsione dell’attribuzione alla contrattazione collettiva del potere di deroga al regime di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore, con riferimento ai crediti retributivi, previdenziali e assicurativi dei lavoratori impiegati in appalti di opere o di servizi, e di modificare la connessa disciplina processuale. Il risultato raggiunto mediante l’abrogazione sarebbe dunque quello di ripristinare la disciplina sostanziale sulla responsabilità solidale di committente (imprenditore o datore di lavoro) e appaltatore e eventuali subappaltatori, ristabilendo, sostanzialmente, il testo della norma come scritto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296.
Il quesito non mira dunque a perseguire finalità impropriamente propositive, mirando all’abrogazione di frammenti normativi, con il fine di far tornare diritto vigente un’opzione normativa già presente in nuce nell’ordinamento.
Il quesito inoltre risponde ai requisiti di chiarezza, univocità e omogeneità, anche se formulato con la cosiddetta tecnica del ritaglio (sentenze n. 26 e n. 28 del 2011), palesando una matrice razionalmente unitaria. Afferma la Corte, infatti, che «l’elettore è chiaramente posto nell’alternativa di mantenere ferma l’attuale disciplina del comma 2 dell’art. 29, ovvero depurarla, “seccamente”, dei profili anzidetti, per lasciare intatta soltanto la disciplina sostanziale sulla responsabilità solidale di committente (imprenditore o datore di lavoro) e appaltatore e eventuali subappaltatori, ristabilendo, sostanzialmente, il testo della norma come scritto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», poi rimodulato dai successivi interventi novellatori».
Dunque, il quesito – che incide su profili accessori e non connaturati o essenziali rispetto alla disciplina della solidarietà per le obbligazioni relative a crediti maturati dal prestatore impiegato nell’appalto (che risponde alle regole generali di cui agli artt. 1292 e seguenti cod. civ.) – palesa una matrice razionalmente unitaria ed evidenzia i caratteri della chiarezza ed omogeneità.

Sentenza n. 28/2017
Con questa sentenza, la Corte ha dichiarato ammissibile il referendum relativo all’abrogazione della disciplina dei c.d. voucher, contenuta negli artt. 48, 49 (come modificato, al comma 3, dal d.lgs. n. 185/2016) e 50, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’art. 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (voucher)».
Dopo aver ripercorso il cammino evolutivo della disciplina dei voucher, a partire dalla loro introduzione ad opera del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), evidenziando le rilevanti trasformazioni subite dall’istituto, che ha visto eliminare lungo il tempo una serie di limiti oggettivi e soggettivi al suo utilizzo, la Corte espone gli argomenti a sostegno dell’ammissibilità.
Sgombrato agevolmente il campo dall’ipotesi di una riconducibilità del quesito a tutti gli altri limiti espliciti e impliciti all’ammissibilità del referendum abrogativo, la Corte si confronta, respingendolo, con quanto prospettato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo la quale le disposizioni oggetto del quesito referendario sarebbero da definire come norme costituzionalmente necessarie, in quanto relative alla materia del lavoro occasionale, che dovrebbe trovare obbligatoriamente una disciplina normativa.
A tal proposito la Corte rileva che «l’evoluzione dell’istituto, nel trascendere i caratteri di occasionalità dell’esigenza lavorativa cui era originariamente chiamato ad assolvere, lo ha reso alternativo a tipologie regolate da altri istituti giuslavoristici e quindi non necessario», eliminando limiti oggettivi e soggettivi originariamente previsti. Ne ha fatto cioè un istituto lavoristico ampiamente utilizzabile dai datori di lavoro, rispetto alla cui permanenza nell’ordinamento giuridico è ammissibile che il corpo elettorale possa essere chiamato ad esprimersi, non potendosi affermare che la disciplina oggetto di abrogazione abbia carattere costituzionalmente necessario.
Non ci sono dubbi – afferma infine la Corte – circa la matrice razionalmente unitaria del quesito, che rispetta dunque anche i requisiti relativi alla chiarezza, all’omogeneità e all’univocità.
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