Sentenza n. 251/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale
Deposito del 25/11/2016 – Pubblicazione in G. U. 30/11/2016, n. 48
Motivo della segnalazione
In questa sentenza la Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi in merito a censure mosse dalla Regione Veneto in ordine alla legge n. 124/2015, contenente deleghe in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (la “legge Madia”). Il ricorrente, oltre a lamentare una lesione della propria sfera di competenza legislativa ed una violazione, quindi, dei commi 3 e 4 dell’art. 117, lamenta che «nonostante le molteplici interferenze con le competenze regionali, non risolvibili mediante il criterio della prevalenza del legislatore statale, esse prescriverebbero, per l’adozione dei decreti legislativi delegati, una insufficiente forma di raccordo con le Regioni – il parere in Conferenza unificata – ritenuto lesivo del principio di leale collaborazione. Il mancato raggiungimento dell’accordo, entro il breve termine di quarantacinque giorni, legittimerebbe, infatti, l’assunzione unilaterale di un provvedimento da parte del Governo».
E’ proprio su questa censura che la Corte si sofferma, una volta accertata la concorrenza tra competenze statali e competenze regionali nella materia oggetto di disciplina da parte delle norme impugnate. Il giudice delle leggi approda a dichiarare illegittime le norme impugnate, per violazione del principio di leale collaborazione, nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi debbano essere adottati previo parere in Conferenza unificata anziché previa intesa in Conferenza Stato-Regioni.
Senza entrare nello specifico delle singole censure e delle risposte ad esse fornita dalla Corte, risulta molto interessante un passaggio reperibile tra le considerazioni generali svolte preliminarmente dal giudice delle leggi. La Corte ricorda, in primo luogo, che, in caso di concorrenza di competenze (così come di chiamata in sussidiarietà), risulta costituzionalmente necessaria, in adesione al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, la previsione, all’interno di atti legislativi statali, di apposite procedure di consultazione e coinvolgimento degli enti territoriali, in vista dell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative. In secondo luogo, la Corte aggiunge come, in tali casi, «le procedure di consultazione devono “prevedere meccanismi per il superamento delle divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione”», in grado di consentire il perseguimento di un accordo (l’intesa) tra Stato e Regioni, dal momento che «non si prefigura una “drastica previsione, in caso di mancata intesa, della decisività della volontà di una sola delle parti, la quale riduce all’espressione di un parere il ruolo dell’altra» e fermo restando, comunque, che «la reiterazione delle trattative, al fine di raggiungere un esito consensuale […] non comporta in alcun modo che lo Stato abdichi al suo ruolo di decisore, nell’ipotesi in cui le strategie concertative abbiano esito negativo e non conducano a un accordo».
A risultare particolarmente interessante, oltre che innovativa, è che siano state dichiarate incostituzionali, per violazione del principio di leale cooperazione, previsioni legislative (le norme di delegazione) le quali disciplinano l’adozione non di atti amministrativi (o comunque sub-legislativi), finalizzati all’esercizio delle corrispondenti funzioni, bensì di atti aventi forza di legge (i decreti legislativi). A tal proposito la Corte afferma quanto segue: «È pur vero che questa Corte ha più volte affermato che il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo. Là dove, tuttavia, il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessità del ricorso all’intesa.
Quest’ultima si impone, dunque, quale cardine della leale collaborazione anche quando l’attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale è rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell’art. 76 Cost.
Tali decreti, sottoposti a limiti temporali e qualitativi, condizionati quanto alla validità a tutte le indicazioni contenute non solo nella Costituzione, ma anche, per volontà di quest’ultima, nella legge di delegazione, finiscono, infatti, con l’essere attratti nelle procedure di leale collaborazione, in vista del pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze”)».