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La Corte ribadisce la natura rigorosamente limitata dei poteri innovativi esercitabili dal Governo nell’attuare deleghe finalizzate alla razionalizzazione della normativa vigente (1/2017)

Sentenza n. 250/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 25/11/2016 – Pubblicazione in G. U. 30/11/2016, n. 48

Motivo della segnalazione
In questa decisione la Corte costituzionale prende in considerazione, su sollecitazione del Collegio arbitrale di Roma, nell’ambito di un procedimento di arbitrato rituale, una questione di costituzionalità vertente sulla compatibilità con l’art. 76 Cost. di una disposizione introdotta nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il codice dei contratti pubblici, ad opera dell’art. 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, il quale ha introdotto una specifica previsione di incompatibilità in riferimento alla designazione del presidente di collegi arbitrali chiamati a giudicare su controversie relative all’esecuzione di una determinata tipologia di contratti pubblici, controversie tra le quali ricadeva quella oggetto del giudizio a quo. La disposizione impugnata è collocata all’interno di un decreto legislativo finalizzato, ai sensi della legge n. 88 del 2009, «Legge comunitaria 2008», a dare attuazione di una direttiva dell’UE, introduttiva di norme finalizzate al miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici. E’ importante rilevare che nella legge di delegazione, contenente principi e criteri direttivi vincolanti per il legislatore delegato, i quali, come è noto, si saldano con quelli direttamente dettati dalla direttiva, era contenuto un richiamo alla finalità generale del legislatore delegato di «dettare disposizioni razionalizzatrici dell’arbitrato».
Dopo aver riepilogato quanto desumibile dalla giurisprudenza costituzionale pregressa in materia di rapporto tra legge di delegazione e decreti legislativi delegati, il giudice delle leggi rileva non essere riscontrabile all’interno della legge di delegazione, letta insieme alla direttiva dell’UE, un principio o criterio direttivo in grado di fare da base giuridica per la disposizione impugnata. I contenuti della direttiva e della legge di delegazione erano riferibili all’obiettivo generale di migliorare l’efficienza delle procedure di ricorso rispetto a controversie concernenti l’esecuzione di contratti pubblici. Manca, invece, tra le norme di delegazione, così come all’interno della direttiva dell’UE, qualsiasi indicazione in ordine ai requisiti degli arbitri, ad una diversificazione degli stessi con riguardo al presidente del collegio arbitrale, alle conseguenze del difetto dei requisiti stabiliti per quest’ultimo. La Corte rileva come tale mancanza fosse stata peraltro rilevata anche all’interno dei lavori preparatori del decreto legislativo, emergendo dati in tal senso dai pareri tanto delle Commissioni parlamentari quanto del Consiglio di Stato.
Il percorso seguito dal giudice delle leggi giunge alla conclusione della dichiarazione di incostituzionalità della norma impugnata, per violazione dell’art. 76 Cost., attraverso un ultimo passaggio argomentativo, particolarmente interessante, sebbene non innovativo. Rileva infatti la Consulta che «l’unico criterio che avrebbe permesso al legislatore delegato di introdurre la norma censurata […] è dunque quello secondo cui avrebbe potuto “dettare disposizioni razionalizzatrici dell’arbitrato” (art. 44, comma 3, lettera m), della legge n. 88 del 2009)». A fronte di ciò, un esame complessivo della normativa su cui la norma impugnata è andata ad incidere rivela l’estraneità di quest’ultima rispetto a quel contesto, emergendo che essa «eccede l’ambito della mera razionalizzazione e riorganizzazione della disciplina», entro cui il legislatore delegato è autorizzato a muoversi. Si ricorda, a tal proposito, che «la giurisprudenza costituzionale, nel caso di delega volta appunto alla «razionalizzazione», «ha sempre inquadrato in limiti rigorosi l’esercizio, da parte del legislatore delegato, di poteri innovativi della normazione vigente, non strettamente necessari in rapporto alla finalità di ricomposizione sistematica perseguita con l’operazione di riordino o riassetto» (sentenza n. 162 del 2012; analogamente, sentenze n. 94 e n. 50 del 2014)».

Osservatorio sulle fonti

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