Aggiornato al Marzo 2018 - Periodo di riferimento: dicembre 2017-febbraio 2018
Rubrica a cura di Giovanna De Minico
Scheda di Marana Avvisati
Nel periodo di riferimento considerato l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha adottato una rilevante delibera di carattere regolamentare, la n. 1/18/CONS, rubricata «Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica fissate per il 4 marzo 2018».
Come recita l’art. 1, che stabilisce finalità e ambito di applicazione del Regolamento, le relative disposizioni sono finalizzate a dare concreta attuazione ai principi del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, dell’obiettività e della completezza della comunicazione attraverso i mezzi di informazione, nonché ai diritti riconosciuti ai soggetti politici dagli artt. 4 e 5 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, in materia di disciplina dell’accesso ai mezzi di informazione.
1. Profilo oggettivo (parti politiche)
Il Regolamento indica prima di tutto i soggetti politici che intende tutelare.
Sono:
1) nella prima fase della campagna elettorale, le forze che vantano una rappresentanza parlamentare nelle assemblee da rinnovare (o al Parlamento europeo);
2) nella seconda fase, le liste (e coalizioni di liste) che si presentano "in tante circoscrizioni da interessare almeno un quarto degli elettori su base nazionale".
Ogni settimana l’Autorità monitorerà il tempo riservato da ogni notiziario di rete ai singoli partiti, e in caso di squilibri inviterà le testate a rimediare nell’arco dei sette giorni successivi.
2. Soggetti destinatari degli obblighi. Principali novità
Ai sensi dell’art. 1, co. 2, il provvedimento si applica su tutto il territorio nazionale nei confronti dell’emittenza privata – ovverosia i fornitori di servizi media audiovisivi, le emittenti analogiche nonché le emittenti radiofoniche – e della stampa quotidiana e periodica.
In realtà, la platea dei soggetti chiamati ad applicare le regole è stata ampliata. Difatti, oltre ai tradizionali spazi di comunicazione politica e spazi autogestiti trasmessi dalle emittenti private, il Regolamento si riferisce, rispettivamente a:
1. Programmi di informazione. È noto che anche i programmi di informazione sono investiti delle norme in materia di par condicio. In particolare, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento, i programmi rientranti in tale categoria (ovverosia i telegiornali, i giornali radio, i notiziari, le rassegne stampa e ogni altro programma di contenuto informativo, a rilevante presentazione giornalistica caratterizzato dalla correlazione ai temi dell’attualità e della cronaca, nonché riconducibili alla responsabilità di una specifica testata registrata) in ragione della propria mission di servizio di interesse generale si conformano con particolare rigore ai principi di tutela del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, dell’obiettività, dell’equilibrata rappresentanza di genere e dell’apertura alle diverse forze politiche assicurando all’elettorato la più ampia informazione sui temi e sulle modalità di svolgimento della campagna elettorale, evitando di determinare, anche indirettamente, situazioni di vantaggio o svantaggio per determinate forze politiche.
2. Giornalisti. Si segnala che I programmi di informazione sono stati investiti di nuovi obblighi: difatti, l’articolo 7, co. 4 del Regolamento introduce una novità in capo alle emittenti private.
L’articolo recita che «È indispensabile garantire, laddove il format della trasmissione preveda l'intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi, uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali in ossequio al principio non solo del pluralismo, ma anche del contraddittorio, della completezza e dell'oggettività dell’informazione stessa, garantendo in ogni caso la verifica di dati e informazioni emersi dal confronto».
In altri termini, viene richiesta la presenza di più giornalisti che possano esprimere le diverse posizioni politiche durante una stessa trasmissione, ampliando la platea dei destinatari della norma, non più coincidenti esclusivamente con i soggetti politici e con i conduttori dei programmi di informazione, ma estesa anche alla categoria dei giornalisti.
La disposizione ha suscitato opinioni contrastanti.
Secondo alcuni, la disposizione impatterebbe sulla libertà di espressione e di stampa; inoltre, si tratterebbe di norma quanto meno difficile attuazione, visto che occorrerebbe invitare giornalisti di tutti i diversi orientamenti politici nell’arco di una stessa trasmissione; infine, la misura violerebbe l’articolo 48 della Costituzione sulla segretezza del voto.
Altri, in posizione diametralmente opposta, hanno ritenuto che la nuova norma sia altamente auspicabile, poiché la libertà di espressione del giornalista non comporta, parimenti, l’incontrollata libertà di influenzare il pubblico imponendo le proprie opinioni; né, d’altro canto, la norma introdotta determina un obbligo di esplicita dichiarazione di voto da parte dei giornalisti.
Non può tacersi che la disposizione in commento si ricollega, altresì, alle indicazioni della Corte Costituzionale nella nota sentenza 155/2002, secondo la quale «Il diritto alla completa ed obiettiva informazione del cittadino appare dunque tutelato in via prioritaria soprattutto in riferimento a valori costituzionali primari, che non sono tanto quelli …alla "pari visibilità dei partiti", quanto piuttosto quelli connessi al corretto svolgimento del confronto politico su cui in permanenza si fonda, indipendentemente dai periodi di competizione elettorale, il sistema democratico». Talché la Corte concluse che l’art. 2, comma 2, della legge censurata, la n. 28/2000, stabilendo espressamente che le disposizioni che regolano la comunicazione politica radiotelevisiva "non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione", precludeva che in questi programmi potessero essere imposti limiti all’emittente che derivassero da motivi connessi alla comunicazione politica.
3. Piattaforme digitali
Le regole in materia di par condicio impattano, altresì, sulle nuove piattaforme digitali. L’Autorità ha difatti adottato le «Linee guida per la parità di accesso alle piattaforme online durante la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018» .
Circa la natura delle suddette Linee Guida, occorre partire dalla constatazione dell’assenza della norma attributiva del potere in capo all’Autorità amministrativa: la legge n. 28/2000, ormai obsoleta rispetto alle evoluzioni della tecnologia e della rete, non prevede una espressa competenza del regolatore volta a conformare la condotta delle piattaforme digitali. Trattasi, pertanto, di un atto di moral suasion adottato dall’Autorità, ma volto a promuovere forme di autoregolamentazione da parte delle piattaforme private. In particolare, le Linee guida costituiscono un intervento di autoregolamentazione promosso dall’Autorità nell’ambito del Tavolo Tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali (delibera n. 423/17/CONS), e volte a identificare i principi generali che, in quanto tali, secondo il regolatore sono applicabili a tutti i mezzi di informazione, comprese le piattaforme digitali.
Sicché, i Google, Facebook, i principali social network sono chiamati a:
- garantire la parità di accesso per tutti i soggetti politici, con imparzialità ed equità e alle medesime condizioni, agli strumenti di informazione e comunicazione politica forniti dalle piattaforme digitali.
- informare i soggetti politici "degli strumenti che possono mettere a loro disposizione per coadiuvare la comunicazione politica online";
- precisare sempre la natura di “messaggio elettorale” delle inserzioni e il soggetto politico committente;
- bloccare tempestivamente messaggi o videomessaggi con contenuti illeciti, oppure lesivi dell'onore di altri partiti o candidati o che, con montature artefatte di interventi o dichiarazioni di un soggetto, attribuiscano a questi false affermazioni o posizioni non rispondenti al vero (fake news);
- L’Autorità promuove altresì la predisposizione di un canale privilegiato volto a segnalare alle piattaforme digitali e ai siti la pubblicazione i sondaggi negli ultimi 15 giorni della campagna, fattispecie che trova disciplina nell’art. 8 della l. n. 28/2000 (norma che fissa un esplicito divieto);
- I ministeri e gli enti locali dovranno evitare forme anche surrettizie o subliminali di propaganda. Il Garante - se ne troverà di irregolari - potrà segnalarle ai motori di ricerca e ai social perché le oscurino;
- Silenzio elettorale “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale”. La normativa vigente vieta di fatto ogni forma di propaganda elettorale (in tv e attraverso comizi pubblici) nel giorno del voto e in quello precedente. L’Autorità auspica che anche sulle piattaforme in questi due giorni fosse evitata, da parte dei soggetti politici, ogni forma di propaganda, per evitare di influenzare con pressioni indebite l’elettorato ancora indeciso.