CONS. STATO, sez. V, 14 novembre 2017, n. 5239
In riferimento alla violazione dell'art. 7 l. legge 7 agosto 1990, n. 241, la sentenza impugnata si limita ad affermare che la situazione di emergenza sarebbe stata tale da giustificare la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, "generalmente ritenuta non necessaria per le ordinanze di siffatta natura (in relazione appunto all'urgenza della prevenzione di pericoli per la pubblica incolumità che caratterizza l'esercizio del relativo potere sindacale), salvo ipotesi particolari che nella specie non ricorrono (Cons. Stato, V, n. 5308/14)".
Per il Consiglio di Stato l'affermazione non è corretta in diritto ed è smentita in punto di fatto.
In diritto, l'unica deroga consentita dall'art. 7 l. n. 241/1990 è quella dell'inciso iniziale che presuppone la sussistenza di "ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento".
La portata generale del principio partecipativo non consente di desumere dalla norma, da intendersi riferita a peculiari esigenze di speditezza sussistenti in concreto, che l'amministrazione possa omettere la comunicazione di avvio per categorie astratte di provvedimenti (cfr. Cons. Stato, V, 22 maggio 2001, n. 2823). A proposito delle ordinanze contingibili e urgenti peraltro, nella considerazione che l'urgenza risulti intrinsecamente connessa alla natura dell'atto, se adottato in presenza effettiva dei relativi presupposti, la giurisprudenza afferma che non sussiste l'obbligo della comunicazione di avvio del procedimento (cfr. già Cons. Stato, V, 14 aprile 1997 n. 354 e id., 29 settembre 2000, n. 4906) e del preventivo contraddittorio con l'interessato, a pena di svuotamento di effettività e particolare rapidità cui la legge preordina l'istituto (cfr. Cons. Stato, V, 27 ottobre 2014, n. 5308 e precedenti ivi richiamati).
In senso parzialmente contrario, va tuttavia dato seguito all'orientamento (di cui a Cons. Stato, V, 9 febbraio 2001, n. 580) che esclude che le esigenze di celerità del procedimento siano presupposte dalla mera adozione dell'ordinanza da parte del Sindaco, mediante il richiamo dell'art. 54, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, e dei relativi presupposti, in termini generali ed astratti. Queste ordinanze vanno assistite da tutte le garanzie compatibili in concreto con i presupposti e gli effetti dell'atto, compresa la partecipazione al procedimento; dunque vanno precedute dalla comunicazione di avvio prevista dall'art. 7 l. n. 241 del 1990 quando costituiscono l'atto conclusivo di un procedimento con questa compatibile.
L'art. 7 va dunque interpretato nel senso che le ragioni di impedimento derivanti dalla particolare celerità del procedimento devono sussistere in concreto e devono essere rappresentate nel provvedimento o comunque desumibili dalle motivazioni e dalla tipologia di intervento specificamente ordinato (come in Cons. Stato, V, n. 5308/2014, cit.).
Pertanto, si è negato che fosse caratterizzata da urgenza qualificata, atta a consentire la deroga alle garanzie partecipative, l'ordinanza adottata all'esito di una procedura in concreto articolata in più fasi o in più atti istruttori (cfr. Cons. Stato; V, n. 580/2001 cit.).
Le situazioni legittimanti la deroga in concreto vanno esternate in motivazione dell'ordinanza per dimostrare che, nel caso concreto, la comunicazione potrebbe compromettere il soddisfacimento dell'interesse pubblico cui il provvedimento è rivolto, senza arrestarsi a generiche affermazioni di urgenza di provvedere, non supportare da elementi concreti che dimostrino l'esigenza di celerità.
A quanto sopra consegue che la sussistenza di gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana da prevenire o da eliminare mediante ordinanza ai sensi dell'art. 54, comma 4, T.U.E.L. (risultante a seguito della modifica introdotta dall'art. 6 del d.-l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125) è un presupposto per l'emanazione del provvedimento: ma non è sufficiente, da sola, ad esentare il Sindaco dall'osservanza delle garanzie partecipative, qualora i pericoli non siano in atto o non siano tali da non tollerare il preventivo contraddittorio con gli interessati.
Resta così confutata l'affermazione della sentenza appellata che la deroga sia implicitamente riconosciuta mediante richiamo del carattere di urgenza dell'ordinanza del Sindaco e la mera affermazione formale della necessità di fronteggiare una situazione di pericolo.
Inoltre, nel caso di specie, a detta insufficienza della motivazione corrisponde una situazione di fatto che avrebbe - come è reso evidente dai tempi complessivi della vicenda -, non solo consentito, ma addirittura imposto la partecipazione dei destinatari del provvedimento.