TAR TOSCANA, Firenze, 8 febbraio 2018, n. 243
Oggetto del contendere era la legittimità della deliberazione consiliare del Comune di Firenze n. 4/2016, cosiddetto "Regolamento Unesco", che impone una serie di limitazioni e divieti a determinate attività commerciali esistenti nel centro storico della città, con obbligo di adeguamento entro tre anni.
Il Tar premette che l'attività dell'amministrazione pubblica diretta a formulare norme generali ed astratte, atte a regolamentare una determinata attività, costituisce esercizio di ampia discrezionalità sfociante nel merito e può essere sindacata solo per manifesta irragionevolezza o travisamento.
I ricorrenti lamentano l'irragionevolezza di alcune previsioni che sarebbero dirette non a fini di interesse generale bensì a colpire la loro stessa attività, con sviamento quindi del pubblico potere dallo scopo precostituito. Il Regolamento è finalizzato a contrastare l'abuso di sostanze alcoliche nel centro storico fiorentino ma prevede il divieto di vendita e vendita e trasporto di bevande alcoliche dalle ore 21 alle ore 6, e tuttavia negli stessi orari la vendita di alcolici è consentita se effettuata mediante servizio al tavolo. Inoltre la somministrazione di alcolici è ammessa fino alle ore 24 su spazi e aree pubbliche e fino alle ore 2 all'interno di locali.
Tale disparità di trattamento, che secondo i ricorrenti costituirebbe discriminazione vietata dall'articolo 11 del d.lgs. 59/2010, appare invece giustificata dallo scopo di prevenire sia l'abuso delle sostanze alcoliche sia fenomeni di schiamazzo notturno che disturbano il riposo. Gli esercizi di cui si tratta si caratterizzano per il fatto che vendono bevande alcoliche a chiunque intenda acquistarle (fatti salvi naturalmente i divieti di legge specifici, come per le persone minorenni) e gli acquirenti, effettuato l'acquisto, sono soliti consumarle per strada. Tale modalità da un lato, indubbiamente favorisce il consumo di alcolici al contrario di quanto avviene nei locali, ove l'esercente può, e anzi deve, esercitare un controllo affinché il consumo avvenga con modalità ragionevoli e non dannose sia per il consumatore che per i terzi. Appare quindi giustificata una disparità di trattamento nella previsione degli orari in cui è proibito vendere bevande alcoliche tra gli esercizi dei ricorrenti e quelli ove la somministrazione avviene all'interno di locali dedicati. Altrettanto dicasi per la differenza di orario laddove la somministrazione avvenga su spazi e aree pubbliche, ove non si pone un problema di disturbo della quiete pubblica.
Quanto all'asserito difetto di istruttoria, è nozione di comune esperienza il fatto che la restrizione degli orari in cui è consentita la vendita di alcolici può porre un freno al consumo degli stessi ed ai fenomeni di degrado, come schiamazzi e danneggiamenti, che ne derivano.
Il secondo motivo di ricorso deve essere a sua volta respinto, poiché non si comprende quale danno possa derivare all'attività dei ricorrenti dall'obbligo di porre in vendita prodotti appartenenti ad almeno cinque differenti tipologie merceologiche. La previsione, comunque, ben può essere spiegata con l'intento di porre un freno ai fenomeni di abbandono del centro storico da parte dei residenti. Costituisce finalità di interesse generale, che ben può limitare l'esercizio delle attività private, quella di garantire ai residenti l'accesso ai generi alimentari quotidianamente necessari ed è indimostrata l'asserzione dei ricorrenti, secondo i quali dette esigenze sarebbero già soddisfatte da supermercati.
Per quanto riguarda il terzo motivo, l'imposizione di una superficie minima dell'esercizio e di un servizio igienico accessibile anche alle persone diversamente abili sembra più che ragionevole nell'ottica da un lato, di evitare l'assembramento all'esterno dei locali con i conseguenti disturbi al riposo delle persone e, dall'altro, di assicurare servizi adeguati per i bisogni essenziali delle persone, altrimenti inevitabilmente destinati ad essere soddisfatti nella pubblica via con il conseguente aumento del degrado. Il fatto che gli esercizi definiti "storici" siano esonerati dall'obbligo ben può essere giustificato, quale motivo imperativo di interesse generale, dallo scopo di mantenere una determinata immagine del centro storico fiorentino della città a fini di tutela e si promozione della stessa che, va ricordato, è considerata patrimonio dell'umanità, fermo restando che l'esercizio storico, sensi dell'art. 5 del Regolamento, è qualità acquisibile con un determinato procedimento e comporta, oltre all'esenzione dagli obblighi di cui sopra, anche ed in particolare il divieto di trasformazione dell'esercizio stesso (salva approvazione dell'Amministrazione), come stabilito dal comma 3 del medesimo articolo.